Al Teatro Vittoria Michele La Ginestra ha riproposto il suo “Come Cristo comanda”, portando agli spettatori una riflessione che sa di umanità prima ancora che di religione
Un salto indietro nel tempo fino al 33 d.c., è questo che è possibile fare al Teatro Vittoria fino al 13 aprile con “Come Cristo comanda”, lo spettacolo di Michele La Ginestra, in scena per l’occasione con Massimo Wertmüller e con la regia di Roberto Marafante.

In teatro fino alla domenica delle Palme per raccontare di dopo la morte e resurrezione di Cristo, quando dopo tre giorni era stato scoperto un sepolcro vuoto. Sono Stefano (La Ginestra) e Cassio (Wertmüller), soldato e centurione, romani distaccati in Palestina nel tempo di Ponzio Pilato e di quella crocifissione così strana, richiesta dal popolo ebraico e non da Roma, una punizione per quell’uomo che osava definirsi figlio di Dio.
Con gli occhi e gli animi dei due militi mandati dall’impero, impersonificati con un accetto romano ben lontano dal I Secolo, percorriamo il deserto in fuga dalla legione che vuol punire chi ha fatto trafugare il corpo del morto. È un lungo entrare pian piano in discorsi sempre più seri, come a volte accade anche tra amici in situazioni più tranquille.
All’inizio si ride, i dialoghi si strutturano su battute moderne, anche troppo. Sembra quasi una parodia. Non si scherza sui Santi, non c’è presa in giro del Sacro, ma neanche si pretende una ricostruzione accurata del tempo e del luogo, un deserto ben reso sul palco dai colori sabbiosi dei teli e dei massi curati dalla scenografia di Teresa Caruso. Dando tempo al testo di andare avanti si capisce invece cosa si nasconda dietro alla loro voglia di scherzare, un’ironia che pian piano si dimostra come dissimulazione delle paure e dei pensieri che riempiono le loro menti.
La morte e resurrezione di Gesù Cristo, per noi tema di dibattiti di Fede e storia, è per i due protagonisti una sorta di 11 Settembre, lo sbarco sulla Luna, la caduta del muro di Berlino. È l’evento storico che vivono in diretta, che cambierà il futuro dell’uomo, il mondo come lo pensano fino a quel momento.
Un momento epocale che coincide col loro passaggio sulla terra, col cammino umano di chi si trova in mezzo alla storia ed è costretto a farci i conti direttamente, a veder il proprio vivere cambiare.
Si entra così nella parte più emotiva della narrazione, nella discussione su Cristo, su quest’uomo morto come un criminale ma senza che nessuno tra i romani ne abbia davvero capito qualcosa, quell’uomo il cui sangue ha guarito gli occhi malati di Cassio che ne ha trafitto il costato.
Una discussione che porta la consapevolezza dei protagonisti a un nuovo livello su più fronti; quello fisico di ciò che gli sta accadendo e quello morale di come la vicenda abbia modificato il loro vedere il mondo.
Guardano al Cielo e nelle stelle ritrovano chi hanno amato e perso, mentre dietro di loro una voce (Ilaria Nestovito) si fa sempre più forte, allenando la sensibilità del loro orecchio a rumori che appartengo a qualche altra dimensione, sovrumana, divina. Nasce il dubbio e con questo la spaccatura tra i due protagonisti, l’avvicinarsi del finale e della necessità di scegliere tra ciò che si deve fare e ciò che ci si sente di fare.
La vera difficoltà di un testo quale “Come Cristo comanda” è provare a mettersi nei panni di chi ha conosciuto le vicende del Cristianesimo prima che fossero sommerse da due millenni di teologia, Chiesa, guerre di religione. Andare a fondo, immaginare cosa possa esser stato veder Cristo morire in croce chiedendosi se fosse millantatore o figlio di Dio.

Non è un testo sulla religione cattolica, non è un testo che parla ai soli credenti, che cerca di far proseliti. Non è Catechismo, non è l’ora di IRC a scuola. È un lavoro di immedesimazione, e chiede al pubblico di accompagnare Cassio e Stefano dimenticando tutto quello che sanno e tutto quello in cui hanno imparato a credere. Per certi versi è un messaggio Cristiano più puro di tanti altri, basato sul vivere la Pasqua di Cristo e non sul sentirsela raccontare. All’uscita, poi, ogni spettatore tornerà alla sua idea di Fede o ateismo, di credo o di dubbio. Ma è inevitabile domandarsi se non stia qui, nel 33 d.c., il senso ultimo della religione che ha plasmato l’occidente in cui tutti viviamo a prescindere dalle nostre convinzioni.
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Come Cristo comanda di Michele La Ginestra – Regia di Roberto Marafante – Con Michele La Ginestra e Massimo Wertmüller – e con Ilaria Nestovito – Aiuto regia Ludovica Di Donato – Scene Teresa Caruso – Costumi Giusy Nicoletti – Musiche Andrea Perrozzi – Mixer audio e luci Diego Castorina – Organizzazione Alessandro Prugnola – Distribuzione Pigrecodelta – Produzione Fondazione Sipario Toscana Onlus – Teatro Vittoria dal 27 marzo al 13 aprile 2025