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I ricordi del fuoriuscito: memoria in esilio

Al Teatro di Villa Lazzaroni Nicola Acunzo è Gaetano Salvemini

Un uomo e la sua valigia, piena di scritti, di lettere, di ciò che gli ricorda una casa e una vita appartenenti al prima.

È così che Nicola Acunzo si è calato nei panni di Gaetano Salvemini sul palco del Teatro di Villa Lazzaroni con Il Fuoriuscito, in scena fino a domenica 25 maggio per la regia di Valdo Gamberutti, autore anche del testo. Non esilio ma fuoriscita, l’andar via dello storico italiano negli anni terribili della Dittatura, la consapevole scelta di allontanarsi dalla propria patria e di guardar da fuori quel che accadeva.

Da solo sul palco Acunzo ha portato gli spettatori nella mente e nella vita di uno dei tanti intellettuali che lasciarono il paese durante il ventennio fascista. Un uomo e la sua valigia, piena di scritti, di lettere, di ciò che gli ricorda una casa e una vita appartenenti al prima.

È così che Nicola Acunzo si è calato nei panni di Gaetano Salvemini sul palco del Teatro di Villa Lazzaroni con Il Fuoriuscito, in scena fino a domenica 25 maggio per la regia di Valdo Gamberutti, autore anche del testo.

Non esilio ma fuoriscita, l’andar via dello storico italiano negli anni terribili della Dittatura, la consapevole scelta di allontanarsi dalla propria patria e di guardar da fuori quel che accadeva. Da solo sul palco Acunzo ha portato gli spettatori nella mente e nella vita di uno dei tanti intellettuali che lasciarono il paese durante il ventennio fascista. 

Indossa la giacca, apre un giornale, legge quel che i quotidiani del regime scrivono su di lui.  Questo l’inizio scelto per raccontare la vita di Gaetano Salvemini all’indomani della marcia su Roma, durante il periodo fascista.

Un pericolo che per primo aveva sottovalutato, lo dice, e che ha visto diventare terrore con l’omicidio Matteotti, con il passare dei mesi e degli anni fino al dover lasciare l’insegnamento. Durante l’ora di spettacolo Acunzo ripercorre, rapido ma con dettaglio, la strada tortuosa che il regime mise davanti a Salvemini.

Il passaporto non rilasciato, l’arresto e la successiva amnistia, i fascisti all’inseguimento nelle stazioni, fino alla scelta di andarsene. E quindi Parigi, i fratelli Rosselli, Giustizia e Libertà e poi l’America, il racconto del fascismo a chi non l’avrebbe mai vissuto sulla propria pelle.  Tutto è condensato in poche frasi attente e ponderate, da sole sufficienti a dare allo spettatore l’idea dello stato d’animo, del dolore che ogni scelta, ogni passo, ogni decisione può comportare.

Nella grande valigia che Acunzo ha con sé sul palco non ci sono abiti od oggetti personali. Oltre al completo che indossa ve ne è un altro su di un appendiabiti, una giacca e un gilet che si cambia quando dall’Europa passa a raccontare la vita in America. 

La valigia contiene fogli. Ritagli di giornale, lettere, messaggi. Sono i secondi protagonisti, i contatti che Salvemini ha con l’Italia lasciata, le lettere degli studenti quando il Fascismo si prende anche le università e la cultura e gli insegnanti che non si oppongono sono pochi, troppi pochi.

Si sente forte l’impotenza, nelle parole di Acunzo. Quel che non si può fare per salvare l’Italia, l’obbligo di star lontani per cercare almeno di salvare se stessi, lo sguardo rivolto al domani, tra terrore e aspettativa. Sebbene la vita di Salvemini continuerà fin dopo la fine della dittatura, permettendogli di tornare in patria a fine anni ’40, lo spettacolo si ferma prima, concentrandosi proprio nel lasso di tempo in cui fu fuoriuscito ma mai esiliato. 

Dopo lo spettacolo sul sindaco Nicola Rago, Acunzo ha nuovamente portato sul palco di Villa Lazzaroni un pezzo di storia d’Italia, usando il teatro per raccontare chi non ha più voce. E sebbene Salvemini, a differenza di Rago e di molti, ha vissuto e ha potuto testimoniare da sé, a quasi settant’anni dalla sua scomparsa mettere in scena la sua storia e il suo pensiero permette di continuare a ricordare.

In un periodo in cui i nazionalismi si risvegliano e le migrazioni sono costanti Il Fuoriuscito ci parla di due cose diverse e connesse; da un lato il totalitarismo, la violenza bruta, dall’altro la necessità di andarsene, la vita di chi sceglie – ma non vorrebbe – di lasciar quel che ha sempre chiamato casa. Andarsene e lanciare sempre uno sguardo al di là del mare, carico di una speranza costantemente delusa.

Andarsene e raccontare a chi non può e non potrà capire. C’è da chiedersi, quando si esce, se la storia di Salvemini e di tanti come lui sia solo un ricordo di cui far memoria e non un oscuro presagio. La strada tracciata per i futuri fuoriusciti di un paese che sembra ricordar poco. 

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Il fuoriuscito – Testo e regia Valdo Gamberutti – Tratto da Memorie di un fuoriuscito di Gaetano Salvemini – Con Nicola Acunzo – Teatro Villa Lazzaroni dal 23 al 25 maggio 2025

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