Il World Press Photo è l’organizzazione che assegna annualmente i più importanti premi fotogiornalistici del mondo. Il 10 marzo sono state scelte le foto finaliste e i vincitori saranno annunciati il 15 aprile, ma già da ora è possibile ammirare (cliccando qui) le fotografie che hanno il delicato compito di rappresentare la testimonianza visiva dell’anno passato.
Le categorie nelle quali sono presentate le fotografie sono otto, sette delle quali sono divise in due sottosezioni. Le due sottosezioni suddividono a loro volta ogni categoria in “foto singole” e “storie”. Quindi, per fare un esempio, la categoria Contemporary Issues ha sei finalisti, tre per la miglior fotografia singola e tre per la miglior serie fotografica. L’unica categoria che presenta solo tre candidati, invece di sei, è la Long-Term Projects, che non prevede nessuna fotografia singola ma solo serie. Tra queste otto categorie totali ne vengono aggiunte altre due, le più ambite, che premiano tra tutte quante la miglior foto singola e la miglior serie fotografica, tra quelle proposte nelle categorie precedenti.
La prima è il World Press Photo of the Year, che premia la foto visivamente più impattante e che riesce meglio di tutte a raccontare un evento in un’unica immagine; e il World Press Photo Story of the Year, che premia il fotografo «la cui creatività visiva e abilità hanno prodotto una storia con eccellenti editing e sequenza fotografici, su un grande evento o una questione di rilevanza giornalistica del 2020». Quest’ultimo va quindi al fotografo che ha lavorato a lungo nel tempo, analizzando e sviscerando una storia per poi proporla in maniera creativa e potente.
Quest’anno i fotografi candidati al World Press Photo of the Year sono sei, tra cui anche l’italiano Lorenzo Tugnoli. Già vincitore del Premio Pulitzer nel 2019 (nella categoria Feature Photography) e di due World Press Photo (nel 2020 nella categoria Contemporary Issues e nel 2019 nella categoria General News), l’immagine realizzata da Tugnoli per il Washington Postrappresenta un uomo ferito a causa dell’enorme esplosione avvenuta nel porto di Beirut, in Libano. Gli altri candidati sono Evelyn Hockstein, con una foto in cui un uomo e una donna discutono animatamente sul mantenimento o la rimozione della statua di Lincoln dell’Emancipation Memorial; Luis Tato, che presenta un’immagine sensazionale di un uomo avvolto dalle locuste, a causa dell’invasione di questi insetti in Kenya; Mads Nissen, la cui foto immortala un’anziana signora abbracciata per la prima volta dopo mesi a causa del Coronavirus; Oleg Ponomarev, con il ritratto di un uomo transgender russo e la sua fidanzata; e Valery Melnikov, la cui immagine ritrae una coppia in procinto di lasciare per sempre la propria casa nel caos della sanguinosa guerra del Nagorno-Karabakh.
Le tre serie fotografiche finaliste del World Press Photo Story of The Year sono: Habibi (dall’arabo “amore mio”), dell’italiano Antonio Faccilongo, che narra la storia dei detenuti palestinesi che cercano di far arrivare il loro sperma alle mogli fuori delle prigioni, per far nascere i loro figli tramite la procreazione assistita. Chris Donovan, con una storia sulla squadra di basket della scuola di Flint, in Michigan; e infine il progetto sul conflitto tra Armenia e Azerbaigian per la regione contesa del Nagorno-Karabakh, della fotografa Valery Melnikov.
Oltre a questi due premi più importanti, gli altri riguardano, come già detto, otto categorie diverse che sono: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-Term Projects, Nature, Portraits, Sports, Spot News. Tra gli altri candidati, c’è un altro italiano finalista, in questo caso nella sezione Portraits, Gabriele Galimberti. Con la serie The “Ameriguns”, il lavoro del fotografo, realizzato per National Geographic, si incentra sul binomio armi-Stati Uniti, e vede ritratti una serie di cittadini americani in posa con la loro schiera di armi.
Per ulteriori approfondimenti, in questo video i giudici della competizione spiegano i motivi che li hanno portati a scegliere le fotografie e le storie finaliste.
Nell’anno della pandemia non mancheranno di certo le testimonianze delle tragedie causate dalla Covid-19 ma è giusto dare spazio anche alle storie meno conosciute. Non resta che aspettare la premiazione del 15 aprile.