Se la fotografia è considerata oggi uno dei più importanti mezzi comunicativi è perché ha una potenza tale da poter raccontare in pochi frame, o addirittura in uno soltanto, una storia, delle emozioni, delle vite. Molte sono le mostre fotografiche a tema fotogiornalistico, genere che risulta essere un’espressione aulica della fotografia, per il grande valore sociale e narrativo che detiene tanto nei confronti dei soggetti raccontati quanto nei confronti del resto del mondo, che si informa e conosce i fatti attraverso la visione di quelle immagini. La fotografia però può essere usata in svariati modi e in differenti ambiti, uno su tutti, il ritratto. Tutti i giorni vediamo scorrere tra le pagine social, nelle pubblicità e nella moda i ritratti più disparati, che spesso risultano essere tutti uguali, senza una componente fondamentale: l’occhio, l’anima dell’artista. Questa componente è, invece, ciò che emerge dalla mostra The people I like del fotografo di quarantennale esperienza Giovanni Gastel.
L’esposizione (15 settembre – 22 novembre) è un insieme di 200 ritratti, quasi tutti in bianco e nero, che l’artista ha scattato nel corso della sua vita lavorativa a vip, cantanti, attori, artisti: tutte quelle persone che gli “hanno trasmesso qualcosa, insegnato, toccato l’anima”. La chiave di lettura del suo lavoro è proprio la resa soggettiva dell’immagine finale, il filtro è l’uomo dietro l’obiettivo e la macchina fotografica è solo un mezzo. Effettivamente può risultare difficile comprendere una mostra che seleziona volti di personaggi famosi, ma quel che traspare è l’impronta del fotografo milanese che riesce a trasmettere la loro essenza, ma anche di più: la loro essenza vista sempre con lo stesso occhio, quello di Gastel.
Tra i volti troviamo per esempio la splendida Miriam Leone, la cui bellezza potrebbe sembrare facile da incorniciare, ma che l’autore immortala quasi di sfuggita, con gli occhi leggermente sfocati e il viso di tre quarti, a sottolineare la grazia e la semplicità dell’attrice siciliana. Il ritratto di Marco Pannella prende vita in una nube di fumo che egli stesso emette, con uno sguardo beffardo e irriverente, ma che trasmette saggezza ed eleganza, la perfetta sintesi di un uomo che ha fatto la storia della politica italiana grazie alle sue battaglie per i diritti civili.
Uberto Frigerio, curatore della mostra, racconta di come sia stato difficile selezionare i ritratti da esporre nella galleria. Tante altre sarebbero stati soggetti da includere, ma la linea che unisce tutte le opere è una ed è la connessione tra il fotografo e il protagonista fotografato. Ciò che crea Gastel non è una mera rappresentazione del reale, quanto la sua visione dell’uomo o della donna che ha davanti. Per questo, gran parte del suo lavoro viene raffinato grazie alla post-produzione, che nella fotografia dell’epoca digitale rappresenta una tappa fondamentale all’interno del processo creativo, donando al suo lavoro un tocco artigianale ma moderno. Frigerio afferma infatti che “è con il passaggio in post-produzione che si completa l’opera. È qui che, soprattutto, si verifica il salto creativo, la visione personale del fotografo. Visione che va oltre quello che vede davanti la macchina fotografica. Visione che lo riporta a un suo personale immaginario.”
Giovanni Gastel, attraverso questa serie di immagini, riesce a raccontare ogni singolo personaggio a noi mostrato, ma ancora di più narra la sua vita fotografica, durante la quale è riuscito a entrare in empatia con una miriade di persone, più o meno famose (c’è anche Obama), e, come direbbe lui stesso, a toccare loro l’anima.