Freaks Out

“Freaks Out”: poteva essere ma non è stato

Freaks Out e il secondo film nella carriera di un’artista

Quando si è decisi a cambiare in meglio qualcosa, a proporre un’idea nuova si rischia o di realizzare un prodotto bellissimo o di uscire fuori strada e mancare l’obiettivo. Se poi la prima volta ti va bene, la seconda soffre per forza di cose il paragone con il lavoro precedente. Come diceva Caparezza “il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista”, forse vale anche per i film. Gabriele Mainetti dopo l’esordio con “Lo chiamavano Jeeg Robot” ha cercato di superarsi (con un budget di 12 milioni di euro) per realizzare “Freaks Out”, ma, nonostante sia un buon film, non è riuscito a mantenere alto l’hype come nella sua prima opera.

Nella nuova pellicola un cast di livello si muove in una storia che nasce come favola ma che in due minuti si trasforma in un racconto crudo. I quattro freaks (Pietro Castellitto, Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo e Giancarlo Martini) si esibiscono nel piccolo circo di Israel (Giorgio Tirabassi). L’atmosfera da favola, con una musica sognante viene interrotta bruscamente dalla realtà della Seconda Guerra Mondiale. Cadono le bombe, la gente muore e il gruppo dei cinque scappa.

La narrazione subisce quindi un risvolto drammatico già da subito. I quattro “mostri” dovranno fare i conti con un eccentrico nazista (Franz Rogowski) a capo del circo più grande d’Europa. Un diversivo per cercare freaks dai poteri soprannaturali in grado di far vincere la guerra al Terzo Reich, come mostratogli dalle sue visioni oniriche.

Tra favola e fumetto

È un’avventura che intreccia la favola, il racconto di guerra e il cinecomic (aspetto quest’ultimo portato avanti già da Jeeg Robot) che però non si amalgama come ci si sarebbe aspettati. Se nel film con Marinelli e Santamaria la realtà criminale romana incontrava il fumetto in maniera quasi naturale, senza forzature e soprattutto con sorprendente novità per il cinema italiano, “Freaks Out” sembra non raccogliere la stessa eredità.

Non è tanto l’idea, anche piacevole, ma uno svolgimento molto lineare con personaggi statici intrappolati nel loro ruolo da macchiette, resi caricaturali più che dai loro poteri dalle loro battutine in romanesco un po’ cringe (per usare un termine attuale). La realizzazione tecnica è ottima, si vede la volontà di stupire (riuscendoci) il pubblico con effetti speciali poco italiani. Ma ai titoli di coda, pur apprezzando un buon film si rimane con l’amaro in bocca, consci che c’era tutto ciò che serviva per rendere la pellicola più memorabile.

Forse a rendere “Freaks Out” un po’ insipido, o comunque non un film spettacolare, sono i tanti elementi di generi diversi accorpati senza darne un’identità propria. Insomma, risulta essere un esperimento riuscito solo a metà.

Il film di Mainetti è godibilissimo e anzi, alcuni aspetti sono da elogiare. Buonissima la realizzazione tecnica, ma anche il cast (soprattutto la giovane Aurora) e la colonna sonora. Dispiace un po’ per come poteva essere e non è stato, soprattutto dopo quello azzeccato che fu “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Personaggi caricaturali, un cattivo non troppo avvincente (Marinelli nel precedente fu favoloso) e una storia un po’ prevedibile lo rendono un prodotto carino, ma non bellissimo. Rimane comunque una nota positiva nel cinema italiano.

Cinema & TV
Elena Salvati

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