“Ferito a morte”: la borghesia e l’azzurro di Napoli

Una Napoli borghese che si specchia. Su sé stessa, con indolenza e senza prospettiva. Semplicemente bella, animata dallo spirito vivace, loquace, baldanzoso dei suoi abitanti. I napolitani di Ferito a morte, il romanzo di Raffaele La Capria vincitore del Premio Strega nel 1961 che, dopo 2 anni di attesa e lavorazione, è approdato a teatro, lo scorso ottobre, al Mercadante di Napoli. E fu subito clamore.
In questi giorni lo spettacolo è in scena a Roma, al Teatro Argentina, dove rimarrà in cartellone fino al 15 gennaio. Un’occasione che suggeriamo di cogliere ai puristi e ai perfezionisti della quarta parete. Già, perché il progetto diretto da Roberto Andò e reso possibile dall’adattamento di Emanuele Trevi, ha i caratteri dello stra-ordinario.

Anzitutto per il numero di attori coinvolti, 16. E poi le scenografie, che disegnano l’esplosione rumorosa e colorata dei pensieri del protagonista. Il mare presente con i suoi colori, i suoi misteri e i suoi odori, dall’inizio alla fine. Una palette di tonalità che dall’azzurro chiaro della superficie scendono giù, alle tinte blu scuro degli abissi. Profondità dell’anima che è tormento dei ricordi, le occasioni mancate, romanticismo e malinconia. Personaggi che comunicano per monologhi e ballano, ridono, si abbracciano – notevole i costumi – ma senza mai entrare in reale simbiosi.

Cambiano continuamente sedia, al tavolo, ma non riescono mai ad uscire dal circuito di pigra insoddisfazione e sterili lamentele. E’ un continuo, imperterrito vociare, che dura per 2 ore ma senza un filo logico, né una sintesi. Si svolge il tutto nell’arco temporale di una giornata, tra presente e memoria.
La classe media partenopea, croce e delizia di una città che è sì metropoli ma rimane ferma. Fatica a riprendersi, a ripartire dalle macerie della Guerra. Chi ce la fa, forse, è chi se ne va e che una volta partito riflette. Riguardo a ciò che ha lasciato e per sempre.

I quadri di questo atto unico si ammicca al Grande schermo, per esempio ai Vitelloni di Federico Fellini, o alla poetica di Paolo Sorrentino ne La Grande bellezza e in E’ stata la mano di Dio.  E’ un messaggio d’amore, da parte di La Capria e di Andò, verso una città che offre tanto ma tanto si prende. Con il mare a fare da sfondo e colonna sonora senza fine e senza tempo.

Ferito a morte

di Raffaele La Capria, adattamento Emanuele Trevi, regia Roberto Andò

con Andrea Renzi, Paolo Cresta, Giovanni Ludeno, Gea Martire, Paolo Mazzarelli, Aurora Quattrocchi, Marcello Romolo, Matteo Cecchi, Clio Cipolletta, Giancarlo Cosentino Antonio Elia, Rebecca Furfaro, Lorenzo Parrotto, Vincenzo Pasquariello, Sabatino Trombetta, Laure Valentinelli, la voce di Roger in inglese è di Tim Daish

ruoli

Andrea Renzi (Massimo adulto)

Paolo Cresta (Gaetano)

Giovanni Ludeno (Ninì)

Gea Martire (Signora De Luca)

Paolo Mazzarelli (Sasà), Aurora Quattrocchi (Nonna)

Marcello Romolo (Zio Umberto) Matteo Cecchi (Cocò), Clio Cipolletta (Assuntina/Mariella)

Giancarlo Cosentino (Signor De Luca), Antonio Elia (Glauco), Rebecca Furfaro (Betty)

Lorenzo Parrotto (Guidino), Vincenzo Pasquariello (Cameriere)

Sabatino Trombetta (Massimo giovane), Laure Valentinelli (Carla)

la voce di Roger in inglese è di Tim Daish

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