“Dove – La notte della scimmia rosa” al Circolo della Pipa: la recensione

 di Stefania Brigazzi 

 

Tanti fili non verbali ci tengono collegati: casualità, coincidenze, interessi, intenti. E ci collegano i fili impercettibili dei sogni.

Così lo spettacolo “Dove  La notte della scimmia rosa“, scritto e diretto da Riccardo Bàrbera, nasce da incontri fortuiti, collaborazioni amicali, simpatie e passioni artistiche condivise.

Martedì 13 luglio,  diverse arti si sono riunite in un continuum suggestivo: musica, canzone, teatro, mimo, danza, clownerie si sono fuse nel ballatoio di un palazzetto storico dei Parioli, la Casina Raffaello, oggi sede del Circolo della Pipa (che fu persino frequentato da Raffaello Sanzio) per un’ora e un quarto circa.

Artefice principale di questa complessa operazione e protagonista sul palco è stata la splendida attrice e cantante italo-inglese Alex Elton, accompagnata dal polistrumentista Ermanno Dodaro, che ha curato la selezione dei brani musicali , tra cui  troviamo alcune sue composizioni, e l’ha accompagnata come spalla muta ma attiva nella loro interazione, espressa attraverso le note.

Dopo un aperitivo ed un flute di benvenuto gli spettatori si sono accomodati sulle sedie poste sul ballatoio esterno dell’elegante palazzo.

I due artisti sono saliti sul palco, immaginario  perché inesistente, mentre il ballatoio in selciato e l’affaccio di un balconcino hanno saputo farsi scenografia scenicamente  offrendo al pubblico l’illusione di trovarsi sul marciapiede di una via.

Lui  Clark, appare essere un musicista di strada; lei, Ara, una donna ubriaca e semi incosciente, che viene abilmente portata in spalla da lui.

Ara si riprende lentamente. ma è in preda a un’amnesia e durante tutto lo spettacolo cercherà di capire cosa ci faccia lì, che cosa stava facendo prima, e cosa stesse sognando mentre dormiva. Ma soprattutto:  perché nel sogno era una colomba (“dove” in inglese, da cui il titolo dello spettacolo, bilingue) e parlava con una buffa scimmia rosa?

I tentativi continui di dialogo tra i due, l’indagare di Ara sul perchè lei sia lì (e ci chiediamo noi perché siamo qui, su questo pianeta) saranno lo spunto per la creazione di gag.

Lui, taciturno, allestisce la sua postazione musicale. Non parla, ma risponde in musica alle  domande e ascolta con espressione partecipe i racconti, le confessioni e i ricordi della donna.

La Elton dal canto suo può esprimere con potenza i suoi differenti registri interpretativi. Ironica, sensuale e magnetica, mostra una particolare padronanza dei movimenti scenici tanto da incantare il pubblico e far volar via presto il tempo dello spettacolo.

Un repertorio di canzoni in inglese e italiano intonate alle sue perfette vocalità (come, tra le altre, i classici del jazz americano “Dream a little dream of me”, “I can’t give you anything but love”, “Tea for two”) accompagnate da  chitarra classica, contrabbasso e cajòn, cuciono alla perfezione insieme le parti dello spettacolo donando un’atmosfera magica.

I due non riescono a parlarsi in italiano, non riescono in inglese, eppure comunicano efficacemente con l’arte, la musica, dando vita alle apprezzatissime performance.

Tutto corre sul filo del mistero. Ara sta ancora sognando? È lei stessa un sogno?

Momento clou della performance dell’interprete, definita da una grande attrice presente in sala, una “guerriera del palco”, è stata la citazione shakespeariana (a proposito di sogni è d’obbligo) del  monologo di Ariel dal prologo de “La Tempesta”. L’attrice, gioca con una linea disegnata a terra con un gessetto, linea che segna il confine tra l’italiano e la lingua di Shakespeare. Si diverte  con le parole e con i loro suoni con velocità “atletica”.

Molto apprezzata anche la drammaturgia del testo scritto per mettere in luce le mature qualità attoriali dell’attrice, che ci auguriamo possa riproporre presto in scena “Dove”.

 

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