Donne, violenza e società

Al Teatro Villa Lazzaroni è andato In scena “Più della mia vita”, che ci riporta agli anni ’50 ma ci parla di un paese che ancora esiste

Nel weekend dell’11 e 12 maggio, proprio nei giorni antecedenti l’anniversario della Legge Basaglia che nel 1978 ha portato alla chiusura dei manicomi in Italia, al Teatro Villa Lazzaroni è andato in scena Più della mia vita, per la regia di Gabriela Praticò.

Elisa Mascia e Lucia Ciardo

In scena accanto a Elisa Mascia, che è anche autrice del testo, Lucia Ciardo e Gigi Palla, tuttofare che da solo interpreta le diverse figure che ruotano attorno alle due protagoniste. Sullo sfondo c’è la Roma del 1954, che a dieci anni dalla sua liberazione, sulla strada verso il boom economico, ancora vede la condizione della donna come inferiore, sottoposta alla volontà del patriarca (padre o marito), priva della libertà di autodeterminarsi.  E quando lo fa interviene la mano correttiva dello Stato, che sia la galera o l’istituto psichiatrico, la donna ribelle rinchiusa, allontanata.  Per punire, sì, anche, quando serve, quando lo prescrive la legge. Ma soprattutto per ristabilire l’ordine naturale delle cose, che la vuole asservita, materna, ubbidiente. 

In questa Roma vivono Maria (Elisa Mascia) e Anna (Lucia Ciardo). La prima è sola col padre, la seconda ha un marito e cinque figli. Due caratteri opposti animano le donne, che risiedono nello stesso condominio di Trastevere ma non si conoscono. Si conoscono forse nel palazzo le urla, spaventate, soffocate, di quando la violenza degli uomini attorno a loro (tutti interpretati da Gigi Palla) le riempie di lividi. Si sviluppano in fretta le loro vicende, opposte ma parallele. 

Da un lato la voglia di indipendenza, di libertà, dall’altro il tentativo di esser moglie e madre perfetta, di reprimere in ogni istinto, ogni ambizione. Fimo a vedere in un paio di calze nere il simbolo del peccato peggiore, e sentirsi nel giusto a essere punita per quella sua evasione. 
Una storia che incalza sul palco, arredato come uno spartano salotto che a scene alterne diventa casa sia di Maria che di Anna.  Due storie che sono storie di tante, tante Maria e tante Anne che ieri e oggi hanno vissuto il dolore della violenza di genere. Due storie che scorrono una accanto all’altra, separate dai muri, dalle scale, dai pianerottoli.  Due storie che a un certo punto incontrano la violenza in risposta alla violenza. Uno sparo per scappare dai propri carnefici. 

E poi il bianco delle vesti in un istituto, un carcere, un manicomio, dove le vite attigue divengono compagne di stanza e l’unico contatto col mondo è la suora (ancora Gigi Palla, perfetto)che entra con i farmaci.La seconda parte dello spettacolo, dedicata alla patologia psichiatrica, al male dell’anima, che ci conduce lungo il dopo delle due donne, fino a un finale che cambia ancora le carte in tavola. La violenza smette di assumere i contorni familiari e inizia ad essere quella delle istituzioni, della reclusione. Non a scopo di pena e riabilitazione sociale, ma di isolamento, di messa di lato dell’elemento deviante rispetto alla società dei sani e per bene. Una storia senza diritto di redenzione, di riscatto, condannata da sempre dal sesso col quale si è nate.

Più della mia vita”ci parla di un’Italia da cui sono passati settant’anni ma che è drammaticamente vicina a noi. Le violenze familiari che Anna e Maria subiscono esistono ancora, nelle case accanto alle nostre, nelle vicende che solo davanti al dramma ultimo raggiungono la cronaca, ma che silenziose vivono nella quotidianità. Così come è ancora viva la violenza istituzionale, sebbene senza più l’esistenza dei manicomi, è una realtà. Lo è nella fatica che spesso le donne hanno a denunciare, essere ascoltate, a fuggire dall’ambiente familiare se non hanno appoggi, anche economici. C’è un sistema Stato che deve muoversi quando parliamo di violenza di genere, sul doppio binario della prevenzione e della tutela del dopo, che nonostante quanto se ne parli ancora spesso fatica ad avviarsi.

Alla fine dello spettacolo alcuni minuti sono stati dedicati ad un panel di confronto tra diversi professionisti sul tema della relazione tra la violenza di genere e la malattia della donna. Un argomento forse ancor meno spesso affrontato e che meriterebbe maggiore approfondimento anche per la cittadinanza tutta. Soprattutto in un’epoca in cui si parla – correttamente- dell’importanza della prevenzione; sapere che la violenza ha conseguenze fisiche anche indirette serve, a chi la vive e a chi le cura.

Elisa Mascia e Gigi Palla

E la scelta di dedicare spazio al sociale in teatro non solo tramite le pièce ma proprio nel pratico, chiedendo altri venti minuti di attenzione, è sempre un’azione encomiabile, segno del valore che l’arte non smette di avere, anche oltre i suoi contorni classici.

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Più della mia vita – Di Elisa Mascia – Regia Gabriela Praticò – con Lucia Ciardo, Elisa Mascia, Gigi Palla – scene Linuccia Zirpoli, Giovanni Valgimigli – musiche originali Giuseppe Armezzani – Teatro Villa Lazzaroni, 11 e 12 maggio 2024

Foto di copertina: Lucia Ciardo e Elisa Mascia