Sei proprio sicuro di sapere chi sei? Dove finiscono i pezzi che perdiamo?
Ecco solo alcune delle domande che attorniano lo spettatore durante la visita enigmatica e strabiliante che può compiere all’interno della Basilica della Pietrasanta a Napoli. “Dalì in Spellboud, scenografia di un sogno”, è questo il nome della meravigliosa mostra quest’anno per la prima volta in Europa e che ha scelto di debuttare proprio nella capitale partenopea. L’esposizione a cura di Beniamino Levi, esperto di arte moderna, è aperta al pubblico dal 14 aprile 2022 al 30 settembre 2022.
E’ qui che risiede l’opera realizzata nel 1945 da Salvador Dalì per il film “Io ti salverò” di Alfred Hitchcock, suggellando così una prestigiosa e irripetibile collaborazione tra il geniale maestro del surrealismo, eccentrico, megalomane, appassionato del proprio universo creativo e l’indiscusso regista della suspance cinematografica. La premiere napoletana dell’evento darà il via a un tour espositivo mondiale, si tratta dell’unica apertura al pubblico programmata in Europa che dopo l’Italia volerà a Seul e poi a New York. La mostra, patrocinata dal Comune di Napoli, si compone di un corpus di oltre cento opere originali di Dalì, valorizzate dalla dimensione cinematografica hitchcockiana e da originali effetti sonori e multimediali.
Essa ripercorre l’arco narrativo del protagonista John Ballantyne interpretato da Gregory Peck in “Io ti salverò” e traccia un itinerario che affronta temi come la paranoia e la perdita della fase onirica, la psicoanalisi e il recupero della memoria. La basilica è stata per l’occasione trasformata in un palcoscenico di sogni (siamo in un teatro? ma non ci sono spettatori! Siamo in un sogno? O siamo morti? Si chiede Salvador Dalì dallo schermo in cui viene proiettato al centro della sala) e poi musiche thriller e frasi filosofiche regnano in sala mentre gli effetti magici del cinema ritornano per fare onore al grande regista statunitense.
Per l’occasione la basilica ( storicamente edificata sui resti del tempio greco di Diana e successivamente trasformata in tempio cristiano da Pomponio nel 625) assume colori ipnotici grazie alle luci viola che la avvolgono. Il cammino del visitatore al suo interno è esteticamente perfetto ma al contempo eretico ed allucinato. Chi osserva può scorgere figure mostruose ma al contempo divine come Cristo sulla croce della crudeltà umana ma anche schizzi su carta che ripercorrono la cavalcata di Don Chisciotte e ancora occhi grandi che scrutano l’animo umano mettendolo a repentaglio, occhi illuminati solo dalla potente luce della scenografia.
Si sa che Salvador Dalì non era solo magnificamente ossessionato dalle linee estetiche ma a suo modo geniale nel dare agli oggetti il potere di plasmare la propria essenza, ed è così che nascono opere come “Il modello Zootropo” del 1971. Esso è il busto di una figura androgina dalla postura sicura e coperto solo da fasce colorate, che sembra sfidare lo spettatore incarnandosi alla Pasoliniana maniera, in un autentico profeta del 2000. Ancora, ornano la collezione, volti all’apparenza semplici e perfetti ma a cui mancano dei pezzi d’anima, chissà forse sottratti dal tempo (parliamo della “Venere Ornitologica” che possiede il corpo di donna e il naso dell’animale).
La mostra sembra alternare attimi di estetismo puro, altri di erotismo, altri ancora di ricerca ossessiva che racchiude il senso della vita (un po’ alla maniera del film “Blow up”, Michelangelo Antonioni 1960), Lo “spett-attore” è adesso protagonista di una limpida e solitaria riflessione all’interno della camera degli specchi, specchi che rivelano i segreti nascosti dell’essere umano. Il regista Spillberg in quest’occasione ubbidisce agli ordini del genio, del pittore Salvador Dali’, dell’arte viva restituendo finalmente al teatro la paternità che da sempre possiede sul cinema. L’esposizione conferma, ancora una volta, che i Quartieri Spagnoli di Napoli, ribattezzati “Quartieri della cultura” vivono oggi più che mai sotto il segno dell’arte, pullulanti di sapienti maestri e giovani discenti.