Può l’amore essere troppo? È questa la domanda che sta sotto il personaggio interpretato da Lunetta Savino in “La madre”, il testo di Florian Zeller portato in scena grazie alla regia di Marcello Cotugno al Teatro Quirino.
Anna, una donna di mezza età, con una vita dedicata alla crescita dei figli e al marito (Andrea Renzi), che nasconde – male- relazioni extraconiugali portate avanti con la scusa del lavoro.
Una famiglia tipo, due genitori e due ragazzi, un maschio e una femmina. Lei non è presente, non è in scena e la Madre lo dice senza mezzi termini che le sta antipatica, che non l’ha mai sopportata, fin dal giorno in cui è venuta al mondo.
Invece il figlio maschio (Niccolò Ferrero) è tutta la sua vita, tanto che la sua partenza per la convivenza con la fidanzata (Chiarastella Sorrentino) è peggio di un lutto.
Un palco definibile asettico quello su cui si svolge la storia di Anna. Un tavolo, due sedie, un frigorifero, lo scheletro di una cucina casalinga. Un frigorifero che si muove rotando intorno al centro del palco, ennesima produzione della mente di Anna.
Intorno strutture rettangolari illuminate da neon si stagliano quasi a cerchio, dando l’impressione di essere le porte delle altre stanze della casa in cui quasi tutto si svolge. Un bianco quasi accecante è il colore che predomina, mentre tutti gli attori indossano abiti sui toni del beige per la maggior parte del tempo. Fa eccezione un abito rosso di Anna, simbolo insieme di femminilità e follia.
La mente della donna, della Madre, è la vera protagonista. Ferma in una vita che non riconosce quasi più, con lontano quel figlio che è stato per lui tutto, la vediamo perdere la sanità psichica.
Si dipana così su due piani la narrazione; le scene si ripetono due volte, per quello che sono e per come le interpreta Anna, che deforma la realtà a seconda di ciò che le dice la sua testa. E tutto peggiora quando il figlio adorato torna a casa, quando si manifesta la possibilità di tornare indietro, a prima della fidanzata e della convivenza che l’ha “portato via da lui”.
Lunetta Savino si cala profondamente nel disagio che vive in Anna, nel dolore che sfocia in pazzia, il troppo amore che diventa dolore. Dall’altra parte c’è Chiarastella Sorrentino nei panni della fidanzata, la ladra che ha portato via quel bambino amatissimo diventato uomo contro il volere della madre. Più andiamo avanti più la follia peggiora, le immagini nella mente di Anna creano giochi che mischiano situazioni e personaggi, rendono tutti colpevoli delle sue peggiori paure, fino a un finale che appare sempre più inevitabile.
L’amore di Anna fa tutto ciò che l’amore non dovrebbe fare: ferisce, recide legami, distrugge, toglie speranze, uccide il dialogo. L’amore di Anna riesce a far più male del tradimento del marito, perché le impedisce di lottare in modo sano per la sua felicità, per i suoi sogni, persino per la sua vita.
Trascinando nel vortice tutti quelli che ha accanto.
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LA MADRE
di Florian Zeller
Con Lunetta Savino
e con Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino
scene Luigi Ferrigno
regia Marcello Cotugno
Teatro Quirino fino al 26 marzo