Playhouse, la dura partita dell’amore

La XX edizione di TREND nuove frontiere della scena britannica, il festival a cura di Rodolfo di Giammarco al Teatro Belli, è giunta al termine dopo aver proposto un cartellone di originale levatura. Dal 16 al 19 dicembre è stata la volta di “Playhouse” di Martin Crimp, diretto e interpretato da Francesco Montanari con la collaborazione di Davide Sacco.

A quanto si è disposti a rinunciare per amore? Lo sa bene Simon, che in Playhouse, di rinunce per salvaguardare la propria relazione ne ha fatte tante. Il personaggio è totalmente proiettato nei suoi pensieri e lascia Katrina comportarsi ugualmente.

Lo spettacolo si sviluppa in modo incalzante, e come se ci si dondolasse sull’altalena, si avanza e retrocede nel vuoto. Via via nell’atto di planare nel cuore delle cose, si piomberà in un labirinto di considerazioni del tutto veritiere. Dopo poche battute si ha l’impressione di stare assistendo allo spegnimento di qualsiasi forma di condivisione.

L’attore riempie la scena, dimostrandosi un grande maestro nel raccontarsi come uomo e come donna. La moglie del protagonista vive nelle parole e nei gesti che egli pronuncia con una disinvoltura avvincente. Il discostarsi dal punto di vista personale, rappresenta l’occasione per addentrarsi nell’interiorità conflittuale di chi sa sempre cosa dire ma sbaglia ripetutamente i modi.

Al centro del palco i rancori si riversano su una sedia mentre fuori la casa tutto scorre con molta più leggerezza. Sul muro nero, a caratteri cubitali, Simon, con un gesso bianco, scrive frasi spezzettate. Le idee gli balzano in testa alla velocità della luce riducendosi in un fermo immagine che gli ricorda le dinamiche che hanno messo a repentaglio la coppia. Prima fra tutte, la genitorialità, che fa scontrare i due con delle visioni contrastanti.