Il fondatore dei Beach Boys si è spento lo scorso 11 giugno alla soglia dei suoi 83 anni
Scompare un simbolo della musica contemporanea. Brian Douglas Wilson ci ha lasciato lo scorso 11 giugno a pochi giorni dal suo compleanno (avrebbe compiuto 83 anni il 20 giugno).

Beach Boys con Brian Wilson al centro
Fondatore e principale autore dei Beach Boys, considerato uno dei gruppi più influenti della musica pop-rock del Novecento (per dirne una: senza di loro probabilmente non avremmo avuto i Beatles così come li conosciamo), fu probabilmente il principale fautore del successo della band californiana, grazie alla sua grande creatività e inventiva musicale.
Nato a Hawthorne nel 1942, in California, Brian Wilson cresce in un ambiente domestico tutt’altro che idilliaco. Il padre Murry, uomo dal carattere autoritario e incline all’abuso, lo sprona fin da piccolo a coltivare la musica, per la quale rivela sin da subito un precoce talento. Dotato di un orecchio fuori dal comune, il suo genio musicale non si arresterà nemmeno dinanzi a una parziale sordità che lo colpisce da giovanissimo.
Per Wilson il pianoforte diventa presto lo strumento con cui dare forma alla sua arte: con un vecchio registratore inizia ad incidere su nastro le sue prime composizioni e arriva presto a coinvolgere il suo fratello più piccolo Carl Wilson e suo cugino Mike Love, trasmettendo loro la passione per la musica.
E’ con loro, cui si unisce l’altro fratello di Brian, Dennis Wilson, che nel 1961 fonda i Beach Boys, cavalcando l’onda del surf rock californiano che raccontava di spiagge, ragazze e automobili. Ma a differenza di molti coetanei, Wilson non si accontenta di replicare una formula di successo: dentro di lui ribolle un’urgenza espressiva più profonda, sintomo di quella anima tormentata che lo accompagnerà per tutta la vita.
Già nei primi anni Sessanta inizia a sperimentare in studio, attratto dalle possibilità della produzione più che dalle luci del palco. È lui a firmare i pezzi più complessi del gruppo, componendo melodie stratificate e arrangiamenti più sofisticati.
La svolta arriva nel 1966 con Pet Sounds, album in cui Wilson prende il totale controllo creativo e riversa tutta la sua sensibilità e le sue insicurezze. È un disco totalmente eccentrico rispetto alla sua contemporaneità. Un’opera che rivoluziona il concetto stesso di pop, elevandolo a forma d’arte (lo stesso Paul McCartney ha dichiarato più volte quanto questo disco fosse stato di ispirazione per quel capolavoro che è stato Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, uscito appena un anno dopo).
Nel corso dell’anno successivo, Wilson prova ad evolvere il percorso creativo intrapreso con Pet Sounds, iniziando a lavorare su un album intitolato Dumb Angel rinominato successivamente Smile. Ma è questo per lui il culmine di un periodo di enorme fragilità personale: le prime crisi psicotiche, l’isolamento crescente, le droghe, l’incapacità di sostenere il peso del successo.
Smile muore prima ancora di nascere, rimanendo una delle opere incompiute più famose della storia del rock (Wilson riuscirà a pubblicarlo da solista solamente quasi quarant’anni dopo, nel 2004, scatenando il malcontento di Mike Love che lo trascinerà persino in Tribunale), così sancendo probabilmente la fine della leadership di Brian Wilson all’interno dei Beach Boys. Per compensare la mancata uscita di Smile, la band incise in fretta e furia il mediocre Smiley Smile, un progetto molto meno ambizioso del precedente, subito naufragato (con cui condivide unicamente il nome, parzialmente storpiato), un disco che non è passato alla storia se non per il contesto in cui è venuto alla luce (fatta eccezione naturalmente per l’indimenticata Good Vibrations, ancora una volta opera di Wilson, unico brano che non venne rimaneggiato e rimase fedele all’originale).
Da lì in poi, la traiettoria di Brian Wilson è quella di un genio che si frantuma sotto il peso delle proprie visioni. Ma anche nella caduta – negli anni di silenzio, nei progetti incompiuti, nelle lotte contro la depressione e la dipendenza – la sua figura resta luminosa. Perché, come capita con certi artisti irripetibili, anche i fallimenti diventano parte del mito.

La musica è certamente cambiata e lo sono anche i tempi: ma resterà immutabile l’esigenza (forse ora più che mai) di artisti come Brian Wilson, di quel modo di approcciarsi alla composizione, della sua urgenza espressiva e della sua capacità di tirar fuori ogni piega dell’anima e renderla in musica.
E allora arrivederci, caro Brian! “Close my eyes, He’s somehow closer now…”
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Credits:
- Pet Sounds – released by Beach Boys – Capitol Records – 1966
- Smiley Smile – released by Beach Boys – Brother Records/Capital Records – 1967
- Brian Wilson Presents Smile – released by Brian Wilson – Nonesuch Records – 2004