“La signora Sandokan”: il lato oscuro del mito di Salgari

L’indimenticabile spazio bohemian di Altrove Teatro Studio mette in scena un potente studio caratteriale che porta i riflettori su una delle tante figure femminili cancellate dalla storia e dal mondo stesso.

Uno dei fatti più noti, e contemporaneamente più inaspettati, che riguardano l’autore di romanzi d’avventura Emilio Salgari, è che nella sua vita non è mai uscito dall’Italia. Non ha visto le foreste indiane, dove è ambientato I misteri della jungla nera, né le spiagge e i porti del Venezuela, dove si compivano le scorribande del Corsaro Nero; né, ovviamente, le coste della Malesia dove combattevano Sandokan e i suoi Tigrotti. 

Questo non gli impediva di presentarsi, soprattutto a un affascinato pubblico femminile, come un intrepido “capitano” di mare, sempre pronto a sfoderare i più incredibili aneddoti e le più vivide descrizioni dei luoghi esotici che avrebbe visitato. A raccontare questo aneddoto, oltre a molti altri, è la moglie dello scrittore, Ida Salgari nata Peruzzi. Il suo unico interlocutore è Anna, infermiera forse immaginaria presso il Regio Manicomio di Torino, dove è stata ricoverata presso il reparto indigenti. 

Il 26 aprile 1911, Emilio Salgari si toglie la vita con l’harakiri, e rivolgendo un’ultima parola di ingiuria all’industria editoriale, che “si è arricchita” con le sue opere. Era da prima di questo evento che sua moglie Ida era stata ricoverata in quel manicomio, senza più contatto col mondo esterno – inclusi i figli Fatima, Nadir, Romero e Omar, questi ultimi due destinati a morire suicidi come il genitore – finché non viene a sapere della scomparsa del “suo” Emilio. Segue una spirale discendente di dolore, lutto, ma anche di infelici realizzazioni. Nessuno è perfetto, nemmeno i mariti, e nemmeno gli scrittori da leggenda che hanno creato leggende a loro volta. 

La Signora Sandokan esiste in uno spazio stretto, buio e senza sole. La scenografia di Fabiana di Marco limita lo spazio e le decorazioni all’essenziale, trasportando lo spettatore nella stessa solitudine, nello stesso degrado sociale che tiene prigioniera la protagonista. E lì dentro, da sola sul palco, Viola Pornaro porta in vita una figura tormentata, abbandonata a sé stessa, a cui nemmeno le compagnie immaginarie dell’infermiera Anna e dei quattro figli riescono più a portare conforto. La sua solitudine è brutale e abbrutente, e nessuno la ascolta.

Ida, o “Aida”, come la chiamava il marito, in riferimento alla professione di attrice e la passione per Verdi, è sempre stata prigioniera, anche prima del ricovero forzato. È solo una delle tante donne che la storia ignora, smarrita nella sua mente come nel mondo. Ama e odia Emilio allo stesso tempo, ne sente la mancanza e ne ingiuria la memoria. La performance di Pornaro è carica, furiosa, un caleidoscopio di emozioni in costante movimento. Interpretata anche in accento padano. 

Lo spettacolo è accolto dallo spazio onirico, retro e indimenticabile di Altrove Teatro Studio, un rifugio del teatro classico che sembra condurre in un mondo a parte. L’arredamento vintage, l’atmosfera all’antica e l’intimità della sala teatrale ne fanno il luogo perfetto per portare alla vita un one woman show doloroso.

Viola Pornaro

La Signora Sandokan è un’esperienza breve, ma tagliente. Insieme studio caratteriale e denuncia sociale, con al centro una performance magnetica e un’esperienza di vita triste ma necessaria. Un ricordo del mito di Emilio Salgari, creatore di mondi, e insieme un abbattimento della sua personalità rinomata. 

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La Signora Sandokan – di Osvaldo Guerrieri – con Viola Pornaro – scene di Fabiana di Marco – luci di Pietro Pignotta – costumi di Anna Petrosino – musiche di NemoPoint – assistete alla regia Luca Vergoni – regista Francesco Sala – Altrove Teatro Studio dal 14 al 16 marzo 2025