La versione di Lucrezia

All’Opera di Roma Lucrezia Borgia torna a raccontarci una vita tra potere e maternità negata

I volti del potere“, titolo della Stagione Operistica 2024-2025 dell’Opera di Roma, continuano ad ammaliare il pubblico della capitale. Questa volta, fino al 23 Febbraio, è toccato a Lucrezia Borgia, l’opera di Gaetano Donizetti tratta dalla tragedia di Victor Hugo.

Lucrezia Borgia

Quasi bicentenaria – la prima rappresentazione è del 1833 – la vicenda di una donna in bilico tra affetto materno e crudeltà, vera o presunta, continua ad avere echi contemporanei, ancora di più in questa rappresentazione affidata alla regia di Valentina Carrasco e accompagnata dal Maestro Roberto Abbado, direttore di un’orchestra dell’Opera di Roma in splendida forma.

Lo si capisce subito, basta guardare i costumi scelti da Silvia Aymonino, le maschere bianche che coprono i volti del coro dell’Opera – sempre diretto da Ciro Visco – e di molti dei protagonisti, alle quali si aggiungono le vesti rosse, tutte uguali, segno di un mondo coeso da lasciare a parte rispetto agli interpreti principali.  Il rosso, il nero, il bianco e l’oro. 

È attorno a questi colori che si gioca anche la scenografia di Carles Berga, i più rappresentativi dei temi a cui l’opera rimanda: dolore e sfarzo, sangue e potere.
Nel mezzo quella maternità vietata e inconfessabile, che muove Lucrezia ma non si può dire, non è permesso e a cui è preferibile finanche il più terribile dei crimini.
Corona questo personaggio la voce cristallina di Lidia Fridman, che ottiene meritati applausi per come di Lucrezia riesce a raccontare tutte le complesse emozioni. Col canto e col corpo, che sa esprimere tutti gli stati d’animo che l’attraversano. 

Accanto a lei Enea Scala, Gennaro, figlio amato e lontano. Ne vediamo anche una versione infantile, il bambino strappato dalle braccia della madre per enfatizzare il doloroso distacco che sta alla base dell’opera e dell’agire di Lucrezia. Il meglio però Scala lo dà assieme a Daniela Mack nel ruolo di Maffio, nel momento in cui la forte amicizia tra i due li porta a discutere e scegliere di avviarsi insieme verso casa Negroni, inconsapevoli di star firmando la loro condanna.  

Nei panni di Alfonso D’Este si è calato un ottimo Alex Esposito, che del duca ha portato in scena tutta la malignità – al limite della follia – di chi si crede marito tradito, disposto a tutto per salvare il suo onore. Alla sua voce ha dato aiuto la scenografia creata per il palazzo ferrarese, un mix di nero e oro che ne descrive bene lo sfarzo, la forza e la rabbia fusi in un personaggio così potente da rendere il suo ambiente da solo una dimostrazione di questo. A completamento del lavoro scenografico c’è una grande maschera bianca, la stessa che vediamo sui volti del coro e di alcuni dei protagonisti, simbolo centrale di questa Lucrezia Borgia firmata Carrasco. Fanno eccezione le scene nei due palazzi che scandiscono il tempo drammatico di Gaetano e Lucrezia. 

Al centro del salone estense campeggia infatti il ritratto della protagonista, in una dimensione che oggi definiremmo di gigantografia, posta al fondo del palco per ricordarci di chi parliamo, benché il suo potere tra quelle mura sia nullo. L’altro momento in cui la maschera è assente è la cena al palazzo della Principessa Negroni. Qui ancora di più lo spazio è dato al lusso, alla sfrontata frivolezza dei commensali, preparando il colpo di scena che cambierà le sorti di tutti loro e segnerà per Gaetano e Lucrezia il finale che per tutta l’opera hanno tentato di evitare.

Questa Lucrezia Borgia ha donato all’Opera di Roma la possibilità di inserire nella sua stagione un volto del potere al femminile, uscendo dal narrato costante, sebbene storicamente legittimabile, che vede anche nella lirica le donne come oggetto prima che soggetto. Senza sconti né censure, senza scuse o giustificazioni la Borgia di Donizetti ci arriva con tutta la sua spietata consapevolezza del mondo. Siamo noi troppo posteri per poter giudicare malamente la scelta, drammatica, di non rivelare subito quella maternità che avrebbe potuto cambiare la vicenda. 

Lidia Fridman e Alex Esposito

Lo sa lo spettatore e lo ha saputo mostrare Valentina Carrasco, dando alla sua Lucrezia colpe e responsabilità costantemente rimarcate dal sangue, dal rosso, dall’oscurità che permea costantemente il palco anche quando non sarebbe necessario. Perché l’esser donna sia, nel caso ancora qualcuno non lo voglia accettare, un modo d’essere umano, con tutto il maligno che l’accompagna. Anche in quel frangente che tanto sembrerebbe angelico che è la maternità.

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Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti – Regia: Valentina Carrasco – Direttore: Roberto Abbado – Maestro del Coro: Ciro Visco – Scene: Carles Berga – Costumi: Silvia Aymonino – Luci: Marco Filibeck

Personaggi e Interpreti: Alfonso I D’Este Alex Esposito  – Lucrezia Borgia Lidia Fridman – Gennaro Enea Scala  – Maffio Orsini Daniela Mack – Jeppo Liverotto Raffaele Feo – Don Apostolo Gazella Arturo Espinosa – Ascanio Petrucci Alessio Verna – Oloferno Vitellozzo Eduardo Niave (Diplomato “Fabbrica”, Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma) – Gubetta Roberto Accurso – Rustighello Enrico Casari – Astolfo Rocco Cavalluzzi – Usciere Giuseppe Ruggiero  -Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma – Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma – Dal 16 al 23 febbraio 2025

Foto ©Fabrizio Sansoni

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