“Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone, io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista
Io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista
Io frocio, io perché canto so imbarcare, io falso, io vero, io genio, io cretino“
Probabilmente quando Guccini nel 1976 scrisse questi versi de L’Avvelenata, non aveva la benché minima idea, nonostante la sua vasta conoscenza del mondo russofilo, di quanto stesse descrivendo Ėduard Veniaminovič Savenko, nome di battaglia Limonov.
Si perché nella definizione di tutto e il contrario di tutto, Eddy Limonov ci sguazza lungo tutta la storia sovietica e non solo. Si pensi che Limonov è stato poeta e scrittore, teppista e operaio, criminale di guerra e uno dei più famosi oppositori politici di Putin. Una vita, quella di Limonov, che ha affascinato prima il celebre scrittore francese Emmanuel Carrère, che ne ha realizzato una biografia romanzata a seguito di pseudorapporti personali, e ora il regista-dissidente russo Kirill Serebrennikov.
L’incredibile storia di Limonov parte dalle sponde del Volga, in una cittadina vicino a quella che nel 1943 prendeva il nome di Gor’kij. Ben presto però la famiglia Savenko si trasferisce nell’Ucraina Sovietica, a Chark’ov (ora tra i principali teatri di guerra sotto il nome Charkiv, secondo la dicitura ucraina). Si unisce a bande di strada e commette piccoli reati. Niente che il padre, giovane ufficiale dell’NKVD, non potesse abilmente occultare. La prima delle svariate vite di Limonov è forse la più sintetizzante della sua storia personale. Un teppista rachitico con la smania di successo. Questo aspetto ha messo in forte crisi lo stesso Carrère che era tentato di gettare tutto il suo capolavoro all’aria nel momento in cui si rese conto della “pochezza” del personaggio. Non lo fece. Perché se l’uomo poteva sembrare piccolo e banale, la sua storia non lo era affatto. Era Storia.
Dal suo trasferimento a Mosca, alterna il lavoro in fonderia a contatti con ambienti intellettuali russi. Coltiva la poesia senza particolare successo. Ma dopo aver conosciuto Elena inizia anche una certa notorietà, così da far intervenire il KGB. Dunque insieme ad Elena scavalca la cortina di ferro per vivere nella New York fervente di metà anni ’70. Dopo miriadi di esperienze di vita sessuale, di alti e bassi economici in mondi opposti e da criminale di guerra, torna nella sua amata Russia, ormai orfana del comunismo. Nostalgico irriverente e attivista militante, fonda un partito sintetico Nazional-Bolscevico. I nazbol di Limonov riscuote un successo tale da diventare, nella rete del fronte antiputiniano (composto anche dal campionissimo di scacchi Garry Kasparov) una reale alternativa radicata sul territorio.
Il film è un biopic centratissimo e non serviva nemmeno un’enorme rielaborazione artistica per rendere la storia di un personaggio che più controverso non si può. E’ talmente tanto distruttiva la sua figura che il film deve soltanto dargli una connotazione visiva potente e saper sapientemente riassumere i passaggi storici di una vita così piena. E questo Serebrennikov l’ha veramente reso alla grande come nel caso dello scorrere del tempo nella storia russa.
Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Emmanuel Carrère, è diretto da Kirill Serebrennikov, con la sceneggiatura lavorata insieme a Paweł Pawlikowski. Ben Whishaw ha interpretato Eduard Limonov.