Tredici città raccontate da un Marco Polo inedito per celebrare Calvino.
Le celebrazioni del centenario di Italo Calvino sono iniziate. Eventi, mostre, letture, sono tanti gli eventi a tema, e il Teatro Trastevere ha deciso di contribuire con la messa in scena de Le città invisibili. Dal 24 al 29 Ottobre tredici delle oltre cinquanta città invisibili di Calvino sono state rappresentate sul palco per la regia di Ivan Vincenzo Cozzi.
Un adattamento preciso e attento, che non voleva tradire – e non ha tradito- il testo di Calvino, preferendo mettersi al servizio del Maestro dando il proprio contributo.
L’unica vera modifica che Cozzi apporta è la sostituzione del singolo personaggio di Marco Polo-Uomo con tre Marco Polo al femminile (Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta e Brunella Petrini), donne come i nomi delle città che Polo visita e di cui parla al sultano Kublai Kan (un bravissimo Andrea Dugoni). Non c’è però una variazione di spirito, le tre donne sono tutte e tre Marco Polo, parlano per tramite delle sue parole e le sue esperienze.
Le voci si alternano o si sovrappongo a seconda dei casi. Qualche volta solo una delle donne parla, raccontando al sultano le meraviglie viste. Le due compagne di viaggio mimano col corpo e con le mani le forme delle città, che siano strettoie o spazi ampi, costruzioni che si alzano al cielo o ancora gesti e azioni delle persone che Marco Polo ha incontrato vagando per l’impero.
L’elemento di novità sono le musiche originali di Tito Rinesi. L’accompagnamento musicale, che sempre dà un valore aggiunto all’emotività dell’opera, ci fa immergere ancora di più in questo mondo lontano.
Idealmente è l’Eurasia la terra di elezione delle città, quella parte del mondo che collega il nostro continente ai lontani mondi orientali, che accompagnava gli Europei dalla sicurezza di casa all’inaspettato.
Le musiche di Rinesi accompagnano a loro volta gli spettatori che da Roma partono e, senza muovere un passo, arrivano ovunque Marco Polo li voglia condurre.
Tutto si svolge in un ambiente che muta molto poco. Il punto centrale dell’allestimento scenico sono i carretti che le tre donne portano con sé, come mercanti e viaggiatrici del loro tempo. Coperte e cestoni ricoprono e contengono oggetti di ogni tipo, spesso figli dei viaggi, come ricordi delle città in cui sono state e che ora porgono al sovrano per dimostrare la veridicità dei loro racconti.
Il palco del Teatro Trastevere si sviluppa su due livelli grazie a un ampio scalino che lo separa definitivamente dalla platea. Questo è completamente libero, mentre sopra l’allestimento ci porta in modo totale nel mondo di Kublai Kan e Marco Polo, in questo momento di confronto che sembra una piccolo conflitto. Kan fatica a credere alle meraviglie che gli vengono raccontate, mentre le tre Marco Polo portano costanti prove di ciò che han visto.
Il racconto a tre dà una forza in più allo spettacolo. Non è solo una questione di presenza fisica, né di maggior numero di personaggi, perché sempre due sono i protagonisti. ma il cambiare delle voci, l’alternarsi delle donne, il muoversi attento di chi non parla restituisce allo spettatore un quadro ancora più vivo. La scena è sempre doppia, ci sono Kan e Polo che parlano e poi ci sono le città che scorrono nelle parole e nei gesti.
Non c’è nessun riferimento scenico alle città di cui si parla. Altri adattamenti avrebbero potuto scegliere di utilizzare le nuove tecnologie, teli e proiettori per raccontare visivamente le città man mano che se ne parlava.
La regia di Cozzi invece lascia il teatro libero di esprimersi nel più puro dei modi, attraverso le parole e le gesta di chi recita. Allora le città invisibili, proprio come quando si leggono, crescono pian piano nella mente di ogni spettatore. Chiunque sieda in platea si ricostruisce in testa Diomira, Fedora e tutte le altre città raccontate. Il teatro si fa attivo, ci si sente partecipi, ci si immagina passeggiare in quelle strade di cui sentiamo solo parlare. La recitazione è intensa, pura, è tutto quel che deve essere.
In fine, ma senza voler svelare troppo, la scelta dell’ultima città non poteva essere più azzeccata.
Non segue il libro e lo schema di Calvino, ma riesce ugualmente a dare un senso di chiusura al viaggio, un senso di fine che ci accompagna all’uscita.
Le città invisibili” di Italo Calvino Regia di Ivan Vincenzo Cozzi – Con Andrea Dugoni, Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta e Brunella Petrini – Musiche originali di Tito Rinesi – Scenografie Cristiano Cascelli – Costumi Marco Berrettoni Carrara – Tecnico luci/fonica Steven Wilson – Organizzazione Isabella Moroni – Ph. Claudio Drago
Foto di copertina – Andrea Dugoni, Silvia Mazzotta e Claudia Fontanari