C’è un doppio anniversario da festeggiare mettendo in scena la Carmen di Bizet all’Arena di Verona in questa caldissima estate.
Da un lato il più noto centenario dell’Opera festival. Un lungo secolo, tra i più complessi e trasformanti dell’umanità, durante il quale l’Arena ha continuato a regalare emozioni, accogliendo generazioni di residenti e turisti, dall’Italia e dal mondo.
E in mezzo a questo c’è la Carmen prodotta dalla regia di Franco Zeffirelli, che compie ventotto anni dalla sua prima rappresentazione, avvenuta proprio a Verona nel 1995.
Non c’è spazio per la discussione “opera classica o adattamento moderno?” davanti a uno spettacolo che riesce quasi a far dimenticare il clima tutt’altro che mite.
Sulle gradinate centinaia di mani si muovono ritmate al tempo dei ventagli che scalfiscono l’afa, mentre al centro dell’Arena si anima Siviglia.
Nessun sipario, sono tende fini rette da lunghe assi e spostate manualmente. Rievocano quasi le entrate delle botteghe, i tendaggi al posto delle porte che saltano alla mente ricordando strade e piazze del passato.
La sensazione è di esserci, essere in quella caotica città spagnola che vive della manifattura tabacchi e delle piccole ritualità; il mercato, i bambini che giocano, gli uomini che attendono l’uscita delle donne.
La forza della regia di Zeffirelli è condensata nella capacità dell’insieme di non sovrastare mai i protagonisti. Non si fatica a riconoscere Micaela (Daniela Schillaci) quando la sua entrata in scena alla ricerca di Don Josè (Vittorio Grigòlo).
Il cambio della guardia fa esplodere il potenziale della perfetta gestione delle masse operata dal regista; cavalli e asini veri si appropriano del palco, condotti in modo rigoroso a piedi o dai loro cavalieri. Bambini di ogni età provenienti dal Coro di voci bianche A.LI.VE (diretto dal Maestro Paolo Facincani), compresi due piccoli contadini che passano eleganti davanti ai compagni più grandi. Siamo oltre la semplice contestualizzazione, il voler dare un luogo e un tempo preciso all’opera in un mondo che vuol tutto minimale. Siamo stati presi e spostati a Siviglia, un viaggio nel tempo in quella scena che sicuramente è avvenuta davvero. Forse senza Carmen (Clémentine Margaine), ma è avvenuta.
L’allestimento classico, la possibilità di riprendere il curato lavoro di un grande maestro, rende ancora più delicato il lavoro degli artisti.
Si rimane ammaliati davanti alla scenografia, che un semplice movimento permette di mutare dalla città alle montagne dei contrabbandieri, ma tutto questo deve essere accompagnato da una rappresentazione che funziona.
Essere all’altezza dell’idea di Zeffirelli è la sfida che il cast della Carmen vince nella calda serata agostana.
Sono le voci femminili che esaltano l’opera. Non solo Clémentine Margaine, perfettamente calata nella parte tanto nei momenti più attivi quanto nel dramma, la cui voce d’impatto ammalia compensando una leggera rigidità scenica.
Ma non è solo la protagonista; c’è Daniela Schillaci , che nella sua aria da solista commuove, e ci sono Mercédès (Sofia Koberidze) e Frasquita (Cristin Arsenova), perfette nel loro chiedere alle carte notizie del futuro, quello che per Carmen certo non si presenta roseo.
L’indiscussa abilità tecnica di Vittorio Grigòlo è esaltata dalla coinvolgente interpretazione. Non è solo la voce, tutto il corpo diventa il brigadiere, staccandosi da sé per entrare completamente nel personaggio a trecentosessanta gradi.
Applausi anche per Escamillo (Gëzim Myshketa). L’atmosfera spagnola non può privarsi del festante momento del pre corrida. Tornano in scena gli animali, la massa festante che di nuovo anima il palco senza sopraffare i protagonisti. È la gioiosa quiete prima della tempesta che si sta per abbattere sulla vita di Carmen. Dopo l’atto chiusi in montagna, nel mondo dei fuggiaschi, delle luci cupe e della paura tocca ora di nuovo a Siviglia, che ha vissuto tranquilla mentre Carmen era altrove.
Si fa più forte il discorso di contrapposizione tra la vicenda dei protagonisti e il contorno creato da Zeffirelli, tra la città e i suoi personaggi. Magia registica sono anche i momenti che si vedono appena, i personaggi ai lati del palco, sfruttato fino alle gradinate con cui confina. Non sono necessari, e raramente capita di vederli. Ma quando succede sono espressione della raffinata pianificazione registica. Non ne avremmo notata l’assenza ma ne apprezziamo molto la presenza.
Completa il quadro della serata l’orchestra, magistralmente diretta da Daniel Oren, che accompagna momento dopo momento il canto, il silenzio, l’atmosfera di festa e ogni attimo dell’opera.
Da segnalare è la scelta fatta tra il terzo e quarto atto.
Non un altro intervallo ma un intermezzo danzato, quello che ci regala la Compañia Antonio Gades. Una sfida di flamenco tra due gruppi di ballerini e ballerine posti ai lati più esterni del palco per intrattenere mentre la scenografia cambia ancora, preparando la piazza vuota dove la vita di Carmen finirà per mano di Don Josè.
Il pubblico applaude e tiene il tempo battendo i piedi. Riusciamo a essere in Spagna anche a sipario tirato in questa Carmen dove nulla è lasciato al caso.
Abbiamo ancora bisogno delle rappresentazioni classiche, delle idee dei maestri, delle storie raccontate per come sono state pensate.
Non è l’essere reazionari, poco avvezzi al cambiamento e alle novità, spesso frutto della tecnologia più moderna.
È la magia di ciò che attraversa il tempo e gli sopravvive.
di Georges Bizet
Libretto Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Direttore Daniel Oren
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Anna Anni
Luci Paolo Mazzon
Coreografia El Camborio
Orchestra, Coro, ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Coro di voci bianche A.LI.VE.
Direttore Paolo Facincani
con la partecipazione straordinaria della Compañia Antonio Gades
Direttore Artistico Stella Arauzo
CARMEN Clémentine Margaine
MICAELA Daniela Schillaci
FRASQUITA Cristin Arsenova
MERCÉDÈS Sofia Koberidze
DON JOSÈ Vittorio Grigòlo
ESCAMILLO Gëzim Myshketa
DANCAIRO Jan Antem
REMENDADO Didier Pieri
ZUNIGA Gabriele Sagona
MORALES Nicolò Ceriani