Siamo nel centro di Roma, a due passi dal Senato, sul lungotevere- È qui che il Teatro Tordinona, come finale della manifestazione “Perle” ha ospitato “La caverna di Platone” nella serata di venerdì nove giugno, lo spettacolo di Manfredi Gelmetti e Paolo Monaldi.
Un centro di Roma che diventa il centro del Mediterraneo quando il mito della caverna, una delle basi della storia della Filosofia occidentale, si fonde con passi veloci e i suoi vibranti del Flamenco. Manfredi Gelmetti porta in scena la sua danza ma senza farci viaggiare verso l’Andalusia come ci si aspetterebbe. Piuttosto un viaggio indietro nel tempo, verso un mito primigenio, alle basi della nostra cultura. Un lavoro corale che Gelmetti ottiene unendo alla sua arte la chitarra di Francesca Turchetti, il sassofono di Andrea Leonardi, le percussioni dello stesso Monaldi e la splendida voce di Serena Bagozzi, che invece un po’ in Spagna ci riporta con le sue canzoni iberiche.
L’unica voce recitata è quella che tra un pezzo di flamenco e l’altro ci racconta il mito di Platone, per il resto ogni emozione è affidata alla musica, al canto e alla danza.
Il Flamenco di Manfredi Gelmetti è quasi una magia; non solo la precisione con cui segue il ritmo, con un corpo che da solo diventa musica. Lo splendore è alimentato dalla velocità con cui si muove il danzatore, una velocità capace a volte di rendere impossibile il seguirne i movimenti. Le braccia e le gambe si muovono lasciando a volt possibile vederne solo la scia, mentre si compie quasi un miracolo artistico.
Forse il Flamenco non è lo stile di danza più vicino alla nostra cultura, qualcosa a cui non siamo abituati. Ancor più ne potremmo avere un’idea stereotipata, quella della ballerina con i capelli raccolti, la crocchia, l’abito rosso e nero, il fermaglio che sbuca sopra la nuca. ManfrediGelmetti sbaraglia i nostri preconcetti, vestito come un antico, come Platone, di cui a inizio spettacolo indossa anche una inconfondibile maschera. Oltre ogni idea che si possa avere del Flamenco, della sua storia e del suo ruolo nell’immenso mondo della danza. C’è tanta vita sul palco di Gelmetti, così tanta che le parole servono a poco, perché la musica, il movimento bastano.
Il lavoro di Manfredi Gelmetti, al di là del ballo, è una complessa opera di costruzione sulle fondamenta della cultura Occidentale. Unire il Flamenco alla filosofia di Platone, utilizzare insieme il mito e la danza, cercare un legame tra l’istinto, quello che porta a ballare e a usare il proprio corpo, e la riflessione più profonda sul senso delle cose e la verità di esse. Un lavoro che inizialmente può apparire incomprensibile, volto a unire mondi tra loro troppo distanti.
Pian piano invece, grazie a tutti gli artisti sul palco, diventa quasi naturale unire danza e filosofia. Il Flamenco appare come il metodo scelto da Manfredi Gelmetti per uscire dalla sua caverna, per trovare una sua strada verso il senso compiuto delle cose. Quasi un lavoro introspettivo, svolto nel silenzio delle parole e accompagnato dalla precisione dei passi. Bisogna approcciarcisi senza paura, senza preconcetti, lasciarsi trasportare da ciò che si vede e si sente, cercare il vero oltre le apparenze. Per arrivare al finale e stupirsi una volta ancora.
La Caverna di Platone uno spettacolo di Manfredi Gelmetti – Danza e mise-en-scène: Manfredi Gelmetti – Chitarre: Francesca Turchetti – Voce: Serena Bagozzi Percussioni: Paolo Monaldi – Sax: Andrea Leonardi – Progetto Musicale : Manfredi Gelmetti, Paolo Monaldi, Francesca Turchetti – Luci: Ettore Bianchi – Costume: Giulia Pagliarulo, Daniele Ucciero – Make up: Simona Vedecchia – Comunicazione: Gabriella Impallomeni – Fotografia: Emanuele Ruccolo – Grafica: Giuseppe Perone – Foto di scena: Fabrizio Paravani