Cinema muto, surrealismo, qualcosa di pop e una scenografia che sfrutta al massimo le potenzialità del design tramite software
“Il Flauto Magico” di Suzanne Andrade e Barrie Kosky, andato in scena fino al 14 aprile al Teatro Regio di Torino, omaggia Mozart ma anche tutta l’arte che è arrivata dopo, dando vita a un momento di fusione tra la lirica e la contemporaneità.
Tutto si svolge su una struttura rettangolare che si innanza sul palco, con caselle girevoli disposte su due livelli da cui escono i personaggi momento dopo momento.
È insieme fondale e palco, schermo gigante su cui scorre quello che una scenografia più stabile non potrebbe mai dare. Come il gatto di Papageno, che pur in due dimensioni diventa protagonista al pari degli interpreti.
Lontano dalla fine del XVIII Secolo in cui fu composto, questo Flauto Magico sa più di anni venti, nei costumi e nella scelta degli ampissimi riferimenti al cinema muto. Così tanti da trasformare gli originari recitativi in momenti di silenzio durante i quali viene riprodotto il testo sullo schermo nella stessa maniera in cui lo potremmo vedere in un vecchissimo film.
Tra gli interpreti e le immagini vi è una relazione costante, i movimenti sono studiati al millimetro; uno schiocco di dita diventa un cuore in frantumi, da una sigaretta partono cerchi di fumo in pixel, in una fusione perfetta che avvicina l’opera al pubblico di ogni età.
I riferimenti al cinema sono centrali anche nella scelta dei costumi, tanto che Papageno (Alessio Arduini) lascia il suo tradizionale costume stile uccello per immedesimarsi in un personaggio che sembra riprendere Buster Keaton, così come le tre dame (Lucrezia Drei, Ksenia Chubunova e Margherita Sala), che chiuse nei loro cappotti, potrebbero essere uscite da un qualsiasi film della prima metà dello scorso secolo.
Lo stesso per Pamina (Ekaterina Bakanova) e Tamino (Joel Pitro), caratterizzati da un costume sempre in bianco e nero.
L’uso del colore, anche a livello scenografico, non è costante; viene riservato alle scene in cui si vuol aumentare il senso onirico della rappresentazione, in positivo – come nella notte solitaria del protagonista – o in negativo, nel mondo quasi spaventoso di Monostatos (Thomas Cilluffo).
Solo per Astrifiammante, la Regina della Notte (Serena Sáenz) è maggiore il rapporto tra costume e scenografia. Un ragno gigante le cui enormi zampe riempiono l’intero sfondo, muovendosi di qua e di là o correndo. Ci si allontana dai costumi tradizionali per entrare nel mondo del fantastico, valorizzando il senso di fiaba di un’opera che Mozart scrisse per tutti e non solo per una élite.
Tutti è davvero il pubblico a cui si rivolge “Il flauto magico” di Andrade e Kosky, nel segno di quell’ammodernamento della lirica che da anni molti registi inseguono con risultati altalenanti e che qui riesce alla perfezione.
Complice anche l’ottimo cast e l’orchestra del Teatro Regio.
In una versione così innovativa il rischio di lasciar da parte l’aspetto musicale era alto; artisti non all’altezza del contorno avrebbero, paradossalmente, reso l’opera gradevole malgrado tutto, piacevole sì ma grazie a un allestimento in grado di ovviare alle carenze tecniche.
Così non è stato, perché tanto gli interpreti quanto il coro e l’orchestra, diretta dal Maestro Sesto Quatrini, hanno brillato, lasciando intatto il valore musicale del Flauto Magico così come da sempre rappresentato.
In un campo ove la frase fatta “tra tradizione e innovazione” rischia spesso di giustificare mutilazioni e devastazioni dell’opera lirica, perdendo contesti ed elementi irrinunciabili, Andrade e Kosky riescono a valorizzare tutto, dal libretto alle nuove tecnologie messe al servizio dell’arte.
Il risultato è un gioia per lo spettatore, anche il più fedele alle versioni originarie.
La favola musicata da Mozart a fine ‘700 fa sognare ancora, capace di avvicinarsi anche ai giovanissimi figli del mondo digitale.
Direttore d’orchestra Sesto Quatrini
Regia Suzanne Andrade e Barrie Kosky
Ripresa della regia Tobias Ribitzki
Animazioni Paul Barrit
Ideazione «1927» (Suzanne Andrade e Paul Barrit) e Barry Kosky
Scene e costumi Esther Bialas
Maestro del coro Andrea Secchi
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Solisti del Coro di voci bianche Teatro Regio Torino
Allestimento Komische Oper Berlin
Tamino Joel Prieto
Pamina Ekaterina Bakanova
Papageno Alessio Arduini
Regina della Notte Serena Sáenz
Tre dame Lucrezia Drei, Ksenia Chubunova e Margherita Sala
Sarastro In-Sung Sim
Monostatos Thomas Cilluffo
Primo armigero Enzo Peroni
Secondo armigero Rocco Lia
Primo fanciullo Viola Contartese
Secondo Fanciullo Alice Gossa
Terzo fanciullo Isabel Marta Sodano