Tra zanni, vecchi, capitani e innamorati. Cavalcando la commedia dell’arte.

Quasi respirando odor di tinta, vi siete cancellato per il trucco; Il nome di questo trucco è anima.  

(Bòris Pasternàk)

Sono parole come queste, sacre e profane, quasi divinatorie e dall’aura di luminosa verità, che tornano prepotenti a narrare certe storie di teatro appassionato che vivono da sempre a Napoli. E’ proprio qui, presso il complesso di San Domenico Maggiore, laddove la storia e l’arte sembrano danzare insieme una vecchia pavana, che si è tenuto, dall’1 all’13 agosto 2022, l’atelier di Commedia dell’arte contemporanea dell’ICRA project.

L’accademia mediterranea mimodramma (www.icraproject.it) ,punto di riferimento di qualità per l’orizzonte teatrale napoletano, permette agli allievi di approfondire l’uso del corpo sullo sviluppo organico e artistico tra movimento, vocalità e parola, attraverso la pratica del mimo corporeo e su insegnamento del grande Etienne Decroux. L’Atelier è stato condotto da: Michele Monetta ( regista attore e docente di mimo corporeo e commedia dell’arte) , Lina Salvatore (attrice e insegnante di vocalità funzionale e artistica, metodo Feldenkrais ), Aldo Cuomo (maestro di scherma) e Costanza Boccardi (casting director e organizzatrice)

L’atelier di commedia dell’arte, che si articola in due sessioni (quella estiva e quella invernale), focalizza lo studio sull’uso della maschera attraverso le discipline propedeutiche a formare l’attore professionista nel settore. Si approfondiscono: mimo, interpretazione, danza rinascimentale, vocalità funzionale artistica, metodo Feldenkrais e molte altre discipline. Quest’anno, gli allievi della sessione estiva, si sono concentrati particolarmente sulle maschere di zanni, vecchi, capitani e innamorati attraverso la riscoperta delle parole sapienti di studiosi come Vito Pandolfi, Ferdinando Taviani e Mirella Schino.

E’ difficile spiegare a parole l’alchimia che si crea tra anime giovani, erranti e assetate di conoscenza che vengono accolte e strette tra le braccia dei veri grandi professionisti dello spettacolo. E’ invece molto semplice, se si vuole, vivere attimi intensi d’arte, attimi che si susseguono nel loro ripetersi, ognuno diverso dall’altro, attimi che trasformano ogni allievo in quel bambino curioso che è stato e che non vede l’ora di imparare giocando. “Giocare” Era proprio questo il mantra che risuonava più e più volte all’interno del complesso di San Domenico, mentre un capitano vaneggiava nella sua solitudine e uno zanni correva lesto, mentre un pulcinella narrava le sue storie e un pupo siciliano avanzava sulla scena. Lo studio che si è appena concluso ha permesso agli studenti non solo di respirare la sapienza della tradizione e di approfondire  le tecniche della commedia dell’arte ma soprattutto di cavalcare, come Don Chisciotte in sella al suo destriero, ognuno i propri sogni e i propri limiti.

C’è qualcosa di instancabilmente barocco nel teatro, qualcosa di spettacolare che lo rende vivo ed interessante ma al contempo, come il paradiso e l’inferno, c’è uno spirito che smaschera l’attore mettendolo a nudo di fronte alla sua vera essenza; forse è soltanto colpa della bestia nera che è il pubblico come dice Eugenio Barba, un pubblico che altro non è che un piccolo agglomerato di quella società che troppo spesso giudica senza conoscere. Una cosa è certa, come i docenti insegnano il teatro è frutto del sacrificio, è un amore che si dà senza ricevere. Grazie ad esso si stabilisce una fratellanza coi compagni di scena che viene costruita giorno dopo giorno sotto il segno della passione. Sono esperienze come queste, nate sotto una buona stella, che portano sul dorso cose grandi..per esempio che in scena non ci sono problemi da risolvere ma soltanto emozioni  da donare.