Fu Gianni Minà che a metà degli anni novanta mi fece invitare come inviato per il cinema del Tg3 diretto da Sandro Curzi a seguire una delle prime edizioni del Festival del Cinema Latino Americano all’Avana nella Cuba di Fidel Castro.
E fu sempre lui che mi invitò a cena in attesa il giorno del premio Nobel e amico Garcia Marquez che aveva fondato con il Comandante e lo storico Fernando Birri, la famosa scuola di cinema di San Antonio de Los Baños, per gustare un fantastica zuppa di pesce in quella che era già famosa come la trattoria nella Marina di Cojímar, dove lo scrittore Ernest Hemingway usava fermarsi dopo le battute di pesca con il fido pescatore Gregorio Fuentes .
Gustavano il pesce cucinato alla creola, come piaceva a entrambi, pescato a bordo del Pilar(soprannome della moglie Pauline), il 12 metri che lo scrittore aveva trasferito dall’isola di Cape Cod nel Massachusetts a pochi chilometri dall’arenile dalla magnifica residenza Finca Vigia che divenne il “buen retiro” e dove visse gli ultimi anni felici della sua vita prima del suicidio il 2 luglio del 1961.
Oggi lo ricordiamo e con lui i suoi magnifici romanzi che ispirarono Hollywood, i suoi i amici: dal torero Luis Miguel Domenguín a star come Rita Hayworth e Spencer Tracy e da Ava Gardner a Erroll Flynn, che lo andavano a trovare in quella Cuba di Fidel Castro, suo grande estimatore anche dopo la conquista del potere e la fuga del dittatore Batista nel 1958.
Fu l’unico americano mi fece notare Minà a potersi fregiare di un monumento dopo la sua scomparsa realizzato dai pescatori della marina di Cojímar, fondendo le ancore delle loro imbarcazioni. La gestione popolare della Finca Vigia, oggi museo grazie alla collaborazione tra americani e cubani, dove fra libri, foto, ricordi dei grandi viaggi, la grande sala da bagno dove si pesava ogni giorni annotando sul muro a penna il peso, vera ossessione della sua vita, causato principalmente dalle colossali bevute di whisky e non solo e naturalmente la Corona 3, la famosa macchina da scrivere dalla quale videro la luce alcuni dei capolavori più importanti della letteratura del novecento.
Avevo conosciuto Gregorio Fuentes a metà degli anni novanta. Era stato il pescatore primo ufficiale del Pilar oggi “spiaggiata” all’interno della grande piscina all’interno della Finca Vigia. Lo avevo conosciuto e riuscii ad intervistarlo per la Rai a Cuba nella vecchia osteria in riva al mare a Cojimar, dove per volere di Hemingway, Fuentes ha potuto consumare i suoi pasti in un tavolo a lui riservato fino alla fine dei suoi giorni giunti il 13 gennaio del 2002 all’età di 95 anni.
In quell’intervista, in quel luogo in riva al mare che ricorda Hemingway con foto in bianco e nero che li ritrae insieme a bordo del Pilar con un gigantesco pescespada appena pescato, gli chiesi se era vero che Hemingway aveva scritto dedicando a lui “Il vecchio e il mare“. «Certo, lui venne a trovarmi una mattina con un blocco di fogli scritti a macchina mostrandomi il manoscritto», mi rispose Gregorio inquadrato in un magnifico primo piano dal mio operatore, aggiungendo: «Guarda ho finito di scrivere il mio nuovo romanzo che parla di te». «E come lo chiamerai?», gli chiesi. Lui mi rispose, «Il Vecchio e il mare”.
Da Il vecchio e il mare fu tratto un celebre film dove la figura di Fuentes , vive sullo schermo grazie all’interpretazione di Spencer Tracy amico ed assiduo frequentatore della Finca cubana di Hemingway che scrisse icone letterarie come Per chi suona la campana,”Addio alle armi”, Il sole sorgerà ancora, Verdi colline d’Africa, Un’estate pericolosa, scritto tra il 1959 e il 1960 ma pubblicato postumo solo nel 1985 dedicato al suo grande amico il torero Dominguìn, che aveva da poco sposato Lucia Bosè. La pubblicazione postuma arrivò anche per il Giardino dell’Eden.
Ripercorrendo la sua vita che di per se è potrebbe essere già un film e ci chiediamo come mai nessun produttore ci abbia mai pensato, un omaggio dovuto a un grande della letteratura mondiale nato nello Stato dell’Ilinois il 21 luglio 1899 e scomparso drammaticamente per suicidio il 2 luglio del 1961. Nel 1936 partì volontario per la guerra civile in Spagna, scelta maturata attraverso l’amicizia a Parigi con Picasso e poi ancora volontario sul fronte Italiano della Grande Guerra dove fu gravemente ferito.
Il suo esordio come scrittore risale al 1923 con il romanzo Tre racconti e dieci poesie, fino al grande successo di Fiesta che scrisse proprio nel suo periodo parigino a cui molto dopo seguirono altri capolavori Con Il vecchio e il mare scritto durante il suo lungo soggiorno a Cuba, Hemingway nel 1953 conquistò il premio Pulitzer, cui fece seguito l’anno dopo il Nobel per la letteratura.
Malgrado il successo, gli amori, le mogli e le passioni, negli ultimi anni della sua vita chiuso nel suo splendido rifugio cubano, lo scrittore soffriva di grandi crisi di identità e depressione nervosa. Nel 1960 divenne quasi cieco e il vecchio barman del Floridita situato all’Avana vecchia, reso famoso dal Daiquiri uno speciale cocktail a lui dedicato, mi raccontò che l’autore de “Il Vecchio e il mare” non aveva più voglia di vivere.
«Non ci sono eroi in questa guerra», scriveva Hemingway al padre dal letto dall’ospedale militare in Italia, dove dopo la guerra nel 1919 fu curato dalle ferite. «Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero. Se avessi dovuto morire sarebbe stato molto facile. Proprio la cosa più facile che abbia mai fatto… E come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni in frantumi.»
All’inizio della sua grande avventura umana come scrittore, il critico americano Douglas Winter scrisse del giovane Hemingway. «Presto riconoscerete il genio di quel ragazzo e poi tutti si affretteranno a pubblicarlo.» E oggi, leggendo ancora i suoi libri e avendo avuto la fortuna di vivere in parte i luoghi dove ha vissuto e alcuni personaggi a lui legati, credo che tutti debbano ricordare uno dei più grandi intellettuali del ‘900, come un caro amico che ha amato la vita e che ha saputo raccontarla.