1917: La recensione

La prima guerra mondiale narrata attraverso i racconti del nonno del regista, Alfred H. Mendes,  impegnato per due anni sul fronte delle Fiandre e a cui il film è dedicato.

La prima guerra mondiale vista dalle trincee, attraverso gli occhi dei ragazzi, attoniti dinanzi a tanto orrore e dei loro ufficiali resi cinici dall’inutilità di tante morti.

1917 è l’ultima prova del regista britannico Sam Mendes, candidato a 10 nominationper gli Oscar 2020 : Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Fotografia, Miglior Colonna Sonora, Miglior Montaggio Sonoro, Miglior Sonoro, Miglior Scenografia, Miglior Effetti Speciali e Miglior Trucco E Acconciature, dopo aver già vinto due Golden Globe, di cui quello importantissimo come migliore regia.

Sam Mendes è uno dei grandi autori del cinema britannico con già al suo attivo un Oscar per il film di esordio “American Beauty” (1999). Negli anni ha scelto temi molto diversi tra loro: Era mio padre (2002), Revolutionary Road (2008), American life (2010) ed i due ultimi film di 007, Skyfall (2012) e Spectre (2015)  realizzati soprattutto per “tirarsela un po’ con suo figlio”, come ha recentemente dichiarato.

Il direttore della fotografia, uno dei migliori talenti di questi anni,  Roger Deakins, riesce a mettere in pratica l’idea del regista di girare il film come un unico piano sequenza, anche se poi in montaggio ci saranno alcuni tagli nascosti, e arriva ad impegnarsi in prima persona con la camera in spalla.

Il suo curriculum è di quelli che fa paura: Le ali della libertà, Dead Man Walking, Beautiful Mind, Il grande Lebowski, Non è un paese per vecchi, Skyfall e ovviamente il film per cui ha vinto l’Oscar nel 2018 dopo 13 nominations, Blade Runner 2049.

Il film è sorprendente per la ricostruzione del fronte, incredibilmente veritiera, e per le riprese sempre ad altezza uomo che ci portano davvero in prima linea e ci permettono di avere uno sguardo incredibilmente realistico, una prova di grande abilità tecnica.

Mendes e Deakinsdanno allo spettatore l’illusione di essere lì, nella trincea, tra i cadaveri, nella città distrutta, di partecipare a quella missione e di avere solo 24 ore di tempo per portarla a termine, ma rimane pur sempre un esercizio di stile, un espediente narrativo in un film dove la trama mostra gli orrori della guerra e la sua spietatezza ma mai la sua anima.

Infatti, nonostante lo sforzo tecnico, lo spettatore non entra mai veramente in sintonia con i personaggi, a causa di una sceneggiatura povera e di una storia con troppi colpi di scena spesso inverosimili.

Mendes ci mostra con grande realismo le condizioni infernali in cui tanti ragazzi si sono trovati a vivere e a morire, ma, al di là dei sobbalzi di orrore o stupore, è difficile entrare davvero nella storia e solo in pochi momenti ci troviamo a riflettere su una gioventù che ha attraversato l’inferno e che assomiglia terribilmente a quella di un secolo dopo, quella che vediamo nelle nostre strade, quella del 2020.

Bella la prova di tutti gli attori, dai due protagonisti George MacKaye Dean-Charles Chapman, al fratello di Blake, Richard Madden e poi i più famosi Colin FirthBenedict Cumberbatch, rispettivamente il generale e il colonnello induriti e resi cinici da tanto orrore.

Insomma, un film che farà certamente discutere e da tenere d’occhio per vedere come sarà giudicato dalla giuria degli Academy Awards.

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