Disney racconta l’illusione di aver superato il razzismo, quando ne viene solo raffinato il linguaggio
«Ci saremo pure evoluti, ma in fondo restiamo sempre animali».
Zootropolis 2 non si chiede più se il razzismo esista, ma quanto sia difficile smontarlo quando assume la forma della normalità. Nel sequel del fortunato Zootopia, tanto atteso e pubblicizzato, ci si continua a interrogare sulle diversità, ma spostandone il fuoco. Non è più il singolo antagonista a dominare la scena, ma le strutture di potere, le dinamiche collettive. Non è più il pregiudizio esplicito, bensì la sua forma più subdola: la convinzione che una specie sia più adatta di altri a esercitare il potere. Il film mette in scena quindi una supremazia che non ha bisogno di proclamarsi tale, perché è già inscritta nelle istituzioni, nei ruoli, nelle aspettative.

Così Zootropolis 2 torna con il suo universo caotico e innovativo, che ci fa sognare ad occhi aperti, ed immedesimare in (quasi) tutti gli animali che lo animano. E fanno ritorno i protagonisti più amati dell’ultimo decennio, la poliziotta determinata Judy Hopps e il suo ironico collega Nick Wilde. Quasi una coppia in crisi, il duo si troverà a dover fare i conti con qualcosa di inaspettato e nascosto da molto tempo. Un segreto che arriva al culmine dopo poco più della metà del film, ma che si mantiene in sordina, sullo sfondo, facendo sperare in un approfondimento che fatica ad arrivare. La scena post credit ci dice chiaramente che un terzo film è alle porte: riuscirà a superare il fulcro annacquato di questo secondo capitolo?
Ma il centro sono sempre loro, Nick e Judy, che hanno tanto da dimostrare nel film, ma non a noi: li conosciamo e tifiamo per loro in ogni situazione. In questo contesto, il legame tra Hopps e Wilde non serve solo a far crescere e nascere una storia d’amicizia scritta con trasparenza, ma è anche un mezzo che riesce a far emergere un messaggio più grande: le crepe di una convivenza apparentemente risolta. I due sono la scusa attraverso la quale il film ci parla del pregiudizio, mostrando quanto sia difficile, anche per chi è animato dalle migliori intenzioni, riconoscere i propri privilegi.
Zootropolis 2 funziona quando affida il suo messaggio a due personaggi che hanno imparato che confrontarsi non significa prevalere e vincere, ma restare. La nascosta vulnerabilità mascherata dall’ironia di Wilde, e il senso di responsabilità e di costante dubbio di Hopps, porta i due protagonisti a narrare due facce della stessa medaglia. È in questa tensione che Zootropolis 2 trova la sua voce più matura: sceglie di non rassicurare, ma di mettere in crisi, affidando alle parole (e ai silenzi) di Hopps e Wilde il compito di raccontare quanto la convivenza resti un processo fragile, mai definitivamente conquistato. Riesce a narrare di una relazione adulta, e al contempo ci parla di segregazione, inganno, ma anche di amore, fiducia e libertà.

“Ci saremo pure evoluti, ma in fondo restiamo sempre animali”. Zootropolis 2 parte da questa consapevolezza per spingerci un passo più in là: ci ricorda che il vero rischio non è il conflitto aperto, ma quello che si mimetizza nella normalità. È lì che il film smette di essere rassicurante e diventa necessario: quando ci costringe a chiederci non chi siamo, ma da che parte stiamo. E se siamo davvero pronti a mettere in discussione un equilibrio che funziona finché non siamo noi a doverne pagare il prezzo.
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Zootropolis – Registi: Jared Bush, Byron Howard. Con le voci di: Jason Bateman, Ginnifer Goodwin, Ke Huy Quan, Fortune Feimster, Idris Elba, Macaulay Culkin, Shakira. Durata: 1h 50m. Casa di produzione: Walt Disney Animation Studios – Data di uscita: 26 novembre 2025 (Italia)




