XANAX al Teatrosophia: La recensione

di Laura Dotta Rosso

Quanto conosciamo a fondo le persone che lavorano a contatto con noi? Quanto siamo superficiali nel giudicarle o nel pensare di conoscere le loro vite?. Un’ ascensore bloccato per 48 ore, darà modo a due persone che lavorano nello stesso ufficio, di approfondire i loro disagi, le emozioni, i malesseri e le frustrazioni della vita. “Xanax” di Angelo Longoni, è lo spettacolo in scena dal 21 al 24 novembre al Teatrosophia, piccola e deliziosa realtà dietro piazza Navona. Il pubblico scende le scale, incuriosito dall’atmosfera e interessato a scoprire lo spazio scenico che accoglierà lo spettacolo; si ritrova uno stretto palcoscenico appositamente costruito per richiamare la superficie di un’ascensore. I due personaggi, quasi sconosciuti, con un atteggiamento composto ed elegante, si ritroveranno a spogliarsi delle loro apparenze, a mostrare le fragilità del loro animo.

Scopriranno di non conoscere i loro rispettivi nomi (Daniele e Laura) e di avere in comune una “fantastica” dipendenza: xanax, prozac, malox. Tre meravigliose pillole che li accompagnano nelle giornate, permettono loro di dormire, non sentire i crampi della fame, non essere depressi, superare gli attacchi d’ansia, perché  “queste sono le che cose che si fanno per restare aggrappati alla vita, non solo in ascensore”. Una sola bottiglietta d’acqua da mezzo litro, una piccola fessura dove provare a fare pipì, qualche biscottino e poco ossigeno rimanente: “ce la faremo a sopravvivere?” questa la domanda che porta Laura e Daniele a confessarsi. Daniele si sente carente di talento e personalità, il suo lavoro non lo soddisfa e sua moglie lo tradisce da un anno con un romanziere affermato; Laura non è più innamorata di suo marito, la routine la rende abbacchiata e la mentalità aziendale l’ha trasformata.

I due giovani interpreti, Alessio Binetti e Giulia Martinelli, riescono a essere plausibili e veritieri pur affrontando personaggi con un’età anagrafica e un’esperienza di vita, probabilmente più elevata, rispetto a quella reale; in alcune battute risultano un po’ meccanici, il lavoro del corpo è fluente e l’intesa creata è tangibile e concreta. Le scelte musicali aiutano a separare le emozioni descritte, la regia di Guido Lomoro, evidenzia lo sviluppo della scoperta di nuove consapevolezze. Il buio tra le scene finali risulta ingannevole per il pubblico che, ogni volta, crede di assistere alla fine dello spettacolo. Xanax è la rappresentazione della vita moderna, delle ossessioni e del precario equilibrio che ci inganniamo di saper gestire. I farmaci sono il simbolo della pausa tanto ricercata, una sosta che probabilmente dovremo riuscire ad imporci da soli.

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