Virginia Risso è una giovane attrice e autrice, protagonista della compagnia Teatro al Femminile ormai radicata sul territorio nazionale da ben sette anni, proponendosi di scardinare ogni stereotipo attribuito all’immagine del femminile, fin troppo relegata a dimensioni che talvolta non corrispondono al sentire di una donna. Il teatro è quindi uno strumento di evasione, ma soprattutto una possibilità per ridisegnare i tratti di una percezione schietta, umoristica e confidenziale. Assieme a Gaia Contraffatto, il 30 luglio, Virginia salirà sul palco della rassegna teatrale Femminile “Singolare organizzata a Cesena al Chiostro San Francesco, per un momento di ascolto partecipato. La manifestazione è curata da Cooperativa Sillaba in partnership con l’Associazione cesenate IPAZIA Liberadonne.
In scena presenziano solamente due donne ma la vera sfida sarà quella di raggiungere il coinvolgimento dello spettatore, a prescindere dal sesso. Lo spettacolo si intitola I dialoghi della Vagina e come volevasi dimostrare si rivela una rappresentazione all’insegna di una goliardica conversazione fra il serio e il faceto. Il tema della sessualità lega le voci delle protagoniste all’arte della recitazione, radunando intorno allo spazio di espressione un’esibizione che si prospetta essere allegra ma mai grossolana o priva di valore.
Di cosa parla lo spettacolo dal nome per niente equivocabile?
Lo spettacolo gioca nominalmente con l’altisonante “Monologhi della Vagina” di Eve Ensler ma si discosta completamente dal testo della Ensler. Abbiamo realizzato un progetto contemporaneo scritto da me nel 2021, arrivando alla terza stagione di repliche. In questo caso i dialoghi sono tra me e Gaia Contraffatto, con cui divido la scena, e anche tra noi e il pubblico mediante l’abbattimento della Quarta Parete, per usare un’espressione a voi ben nota. Lo spettacolo affronta quattro macro-temi: la scoperta dell’organo sessuale femminile, le mestruazioni, e poi passando alla sfera sessuale in senso lato affrontiamo la masturbazione e l’orgasmo. Concludiamo in bellezza con l’orgasmo, noi garantiamo l’orgasmo finale che non è scontato…
Che tipo di linguaggio usate per affrontare la sessualità nel vostro lavoro?
Il linguaggio che teniamo a utilizzare si basa su una chiave comica, ironica e autoironica ma che non tenda mai a scadere nel volgare. Non c’è bisogno di cadere per forza nel banale parlando di vagina, di pene, di sessualità o questioni comuni a tutti. L’obiettivo è quello di sradicare i tabù. È assurdo che nel 2024 ci siano ancora tabù inerenti all’universo femminile, a noi piace eliminarli attraverso la semplicità della parola, tramite un modo di comunicare comune e universale per far capire che si tratta di argomenti rilevanti di cui è necessario parlare, informare e formare senza vergogna o timore immotivato. È necessario che ognuno di noi li conosca affinché si viva al meglio il rapporto con se stessi e di conseguenza con gli altri.
Per dare vita a “I dialoghi della vagina” vi siete ispirate alle dicerie infondate sulla sessualità femminile oppure nasce tutto dal potere dell’immaginazione?
No assolutamente. Il primo blocco si chiama “Mestruazioni”, perché mi fa molto ridere sentire ripetere in giro certe credenze profondamente prese per vere; “durante il ciclo le donne non devono fare giardinaggio”, oppure “durante il ciclo non ti devi tagliare i capelli”, “durante il ciclo non puoi cucinare la maionese sennò la maionese impazzisce” … non pensando che magari è l’olio a essere troppo caldo o troppo freddo. C’è una parte nello spettacolo che coinvolge direttamente il pubblico, infatti prima dell’inizio chiediamo alle spettatrici di compilare un foglio in forma anonima in cui condividere il ricordo del ciclo mestruale e dopo noi li leggiamo mentre il pubblico si sente pienamente partecipe. La cosa bella che posso dire dopo svariato tempo è che gli spettatori maschili non si sentono esclusi ma coinvolti nelle dinamiche riguardanti il ciclo mestruale e si divertono anch’essi.
È stato difficile mettervi in dialogo con voi stesse per scrivere e dare vita a questo progetto?
Per me non è stato affatto difficile avendo avuto la fortuna di crescere in una famiglia in cui il dialogo si è affrontato sempre con apertura e limpidezza, sono cresciuta senza nessun Tabù o remora nel chiedere, nell’informarmi. Con il passare degli anni mi sono resa conto, stando a contatto con le mie coetanee, che la mia esperienza è il frutto di una fortuna e non della normalità, non è così assicurato vivere in un contesto in cui determinate tematiche si affrontano tranquillamente. Da tale mia percezione è partito lo studio di cari a me vicini; il nucleo delle amicizie e dei parenti. Successivamente ho ampliato la ricerca su persone estranee, lontane da me sia a livello anagrafico che di localizzazione. Ho attinto e preso spunto da figure femminili in tutta Italia per vedere a livello socioculturale le differenze ideologiche di pensiero.
Trattate il punto di vista maschile legato alla percezione della sessualità o pensate già prevalga sull’ascolto che invece si dà alle donne, tanto da non toccare questo tasto?
Sinceramente non parlo delle questioni degli uomini perché non posso comprendere e provare sulla mia pelle il loro punto di vista. L’intento di Teatro al Femminile, la produzione dello spettacolo, è il dar voce a quelle artiste, drammaturghe e registe che purtroppo riscontrano difficoltà nel trovare degli spazi in cui esprimersi. È impensabile, considerando che nel panorama teatrale italiano chi racconta e chi decide cosa e come raccontare, ovvero registi e drammaturghi, sono per l’80% uomini. Il paradosso sta nel fatto che il pubblico è composto prevalentemente, per il 70%, da donne. Perciò cosa rappresenta effettivamente quel punto di vista femminile? Motivo per cui ho voluto parlare di donne ma non solo alle donne, a tutti!
Ci sono dei lavori artistici a cui vi siete ispirate o che ritenete validi nel non stigmatizzare il femminile?
Ho in mente molteplici nomi di colleghe che hanno offerto meravigliosamente e con genialità la propria visione su svariate questioni, ce ne sono tuttora tantissime e spero che ce ne saranno sempre di più. Citarne solo alcune sarebbe un peccato per le altre. Posso dirti che sul mio altarino di divinità ovviamente c’è Anna Marchesini. Lei è la prima artista che oltre alla versatilità del suo lavoro, nell’autodirigersi e interpretare in modo poliedrico ogni personaggio, aveva in più una brillantezza talmente spiccata da permetterle con l’utilizzo dell’ironia di trasmettere dei messaggi importanti. Un tipo di lavoro che ammiro tantissimo e desidero nel mio piccolo di riuscire a fare ugualmente.
Come descrivereste i vostri intenti e le vostre inclinazioni attoriali future per quanto riguardo “Teatro al femminile”?
L’aspirazione è di continuare a mettere in scena degli spettacoli che portino una pulce nell’orecchio di chi ascolta, evidenziando temi che spesso si tende a celare culturalmente e socialmente. Lavorare su testi editi e inediti pregni di significato, con un significato sinonimo di una cultura equa ed egualitaria, che, con grande dispiacere, non vedo realizzarsi al giorno d’oggi dato che in primis non lo è la nostra società.