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Venezia 82: Julia Roberts, scandali accademici e ritorni scomodi

Da “After the Hunt” di Guadagnino con una straordinaria Julia Roberts, al dramma sociale del coreano Park Chan-wook, fino al ritorno controverso di Kevin Spacey.

Alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia, dopo la tempesta meteorologica, è finalmente arrivato il giorno di Julia Roberts, per la prima volta ospite del Festival, fuori concorso. Icona del cinema hollywoodiano, soprannominata “Pretty Woman” per l’omonimo film con Richard Gere, l’attrice è sbarcata al Lido direttamente dall’esclusivo Hotel Cipriani con un look firmato Versace, accolta da una folla in delirio.

Roberts è protagonista di After the Hunt, il nuovo thriller diretto da Luca Guadagnino, ambientato nella prestigiosa università americana di Yale. L’attrice interpreta Alma Anville, una docente seria e autorevole, che si ritrova travolta da un dilemma etico e personale quando una delle sue migliori studentesse accusa un collega di molestie. Le accuse fanno riemergere ombre pesanti dal passato della protagonista.

«Un film molto attuale – ha dichiarato Guadagnino – che riflette sulle visioni sociali spesso tardive, trasformate in divisioni radicali e giudizi sommari amplificati dalla medialità».
Il film si concentra sul mondo accademico, il rapporto tra generazioni e il concetto di “consenso”. Andrew Garfield interpreta il professore accusato. Provocatorio e destinato a dividere la critica, il film ha già acceso il dibattito: «Quella di Julia Roberts è, a mio avviso, la migliore interpretazione della sua carriera», ha aggiunto il regista.

Nel concorso ufficiale brillano due registi: la francese Valérie Donzelli e il sudcoreano Park Chan-wook. Donzelli firma À pied d’œuvre, storia toccante e ironica di un fotografo borghese parigino (interpretato da un ottimo Bastien Bouillon) che, dopo la separazione e l’allontanamento dai figli, tenta la via della scrittura. I continui rifiuti editoriali lo spingono a reinventarsi: cameriere, tassista abusivo, idraulico, giardiniere… un’esistenza ai margini della Parigi patinata, ma piena di umanità. Un film commovente, che parla di resistenza e riscatto personale, con il sogno di un libro che forse, un giorno, vedrà la luce.

Altro forte candidato al Leone d’Oro è Eojjeol suga eopda (No Other Choice) di Park Chan-wook, già premiato a Cannes nel 2009. Il film racconta la storia di un uomo che ha dedicato 25 anni alla produzione della carta, lavoro che considera la propria vita, fino a quando una lettera della nuova proprietà americana lo licenzia. Una riflessione profonda sulla dignità del lavoro, la perdita d’identità e la resilienza. Emblematica la frase che scrive alla moglie: «Se non c’è un posto per me, dovrò crearlo».

Il Festival accoglie anche il ritorno di Kevin Spacey, due volte premio Oscar, assolto dalle accuse di molestie nel 2022. L’attore presenta, in collaborazione con Elledgy Media Group, Holiguards Saga: The Portal of Force, primo capitolo di una saga sci-fi francese di cui è regista e interprete. Un rientro destinato a far discutere, tra pubblico e critica.

Infine, a tenere banco anche la questione politica. Carlo Verdone, tra i firmatari della petizione degli attori italiani a favore della Palestina, ha voluto chiarire la sua posizione rispetto all’esclusione dal Festival degli attori filo-israeliani Gal Gadot e Gerard Butler, protagonisti di In the Hand of Dante di Julian Schnabel, film ritenuto vicino a posizioni pro-Israele.

Verdone ha raccontato di essere stato contattato da Silvia Scola: «Mi ha chiesto se volevo firmare un appello contro ciò che sta accadendo a Gaza, e ho accettato. Ma gli attori non devono diventare un tribunale dell’inquisizione. Un Festival deve essere un luogo di confronto, di tolleranza e libertà, non di censura».

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