“Una vita non basta” per capire chi siamo

Il nuovo romanzo di Enrico Galiano sulle possibilità e i sogni della vita.

Lui è tornato. Quel professore tutto particolare, fuori dall’ordinario, capace di scombinare lo scontato e illuminare il senso profondo di quello che sentiamo dentro, attraverso la forza delle parole. Lui è Enrico Galiano e la sua storia, come quelle precedenti, arriva dritta al cuore, colpendolo, risvegliandolo.

@enricogaliano

Una vita non basta, edito da Garzanti, narra la vita, apparentemente semplice e uguale a tutte le altre, dell’adolescente Teo: sedici anni, una passione viscerale per Stephen King, il ragazzo abita con il padre (vecchia promessa del salto in alto, costretto su una sedia a rotelle per un grave incidente) ed è alle prese con una situazione difficile a scuola. Brutti voti, l’insoddisfazione, l’incapacità di sentirsi nel posto giusto e quella “Cosa” indefinibile che sente dentro e lo spinge ad azione, talvolta, drastiche. Teo si sente come “fuori”, costretto in una dimensione non sua, ad eccezione dei momenti passati insieme alla migliore amica Peach e a quegli sprazzi dove il solo scrivere gli dà modo di rivelarsi e di buttare all’esterno quello che sente. 

Teo si interroga, si ascolta anche se, spesso, non sa definire quello che prova, fino a quando quel contorno comincia ad apparirgli in forme inedite grazie all’incontro, su una panchina, con un personaggio che i lettori di Galiano conoscono bene. Proprio lui. Il professor Francesco Bove (se vogliamo, un alter ego dello stesso scrittore). I “cross-over” letterari, però, non si esauriscono qui…

Fra il ragazzo e il professore scatta una sorta di “legame di formazione” reciproca: Bove interviene nella vita di Teo con le sue lezioni e i suoi insegnamenti (il romanzo, tra l’altro, contiene delle morali tratte dal mondo animale), e Teo, quasi senza accorgersene, aiuta il professore a ritrovare il passato e a ritrovarsi. Un cammino dove ognuno si riscopre e si ri-conosce, grazie all’aiuto e al sostegno dell’altro.

Tema centrale di questo romanzo è la paura di scoprire e di inseguire il proprio sogno che Enrico Galiano sviluppa nel modo delicato e potente che gli è proprio: la semplicità delle parole nasconde una profondità che colpisce e sorprende. La scrittura, mai banale, ma colta e ricca, riesce a spiegare e a riportare concetti e stati interiori complessi in modo diretto e inaspettato, arriva all’essenziale di ciò che vuole esprimere: dai miti greci, che nascondono le risposte alle domande esistenziali (“a volar troppo bassi si muore” ha un senso straordinario), al dolore, dalla fragilità alle motivazioni nascoste di un possibile gesto estremo. La narrazione tira in ballo la vita stessa dei lettori.

Ogni pagina racchiude un messaggio, una frase, un’espressione rivolti alle vicende e ai protagonisti ma sono lì, apposta per chi legge. Teo non sa ancora chi vuole essere, cosa succederà, che direzione avrà il suo percorso: una vita non basta davvero, e lo è anche per la realtà di tutti i giorni. Quello di Galiano sembra essere l’invito a percorrere le strade che sentiamo nostre; è l’atto, il verbo “camminare” il senso e la meraviglia della vita. Questo significa essere parte ed essere l’azione vera e propria che realizza il sogno stesso.

Un sogno non rimane per aria, sfumato, ma si fa compiuto quando esiste una sintonia tra obiettivo, desiderio e moto concreto, attività. I protagonisti incarnano, con gradualità, quest’abbinamento: Teo si apre alla scrittura, il professor Bove ritrova l’insegnamento, il padre di Teo (Mario Limiti) comprende di non aver mai mollato la passione per lo sport.

Questo spunto è trans-cronologico: il romanzo si concentra sul suo protagonista, sul suo vissuto, le sue scoperte, le sue prime relazioni, ma ad essere chiamata in causa è anche l’età adulta. I “grandi”, nel romanzo, hanno accantonato i desideri, le aspirazioni, quella spinta ad essere ciò che sono per paura, arrendevolezza, disincanto, abitudini, silenzi. Anche loro devono riprendere in mano i loro sogni, riconoscendoli. E, per farlo, hanno bisogno di provare, di capire, di sbagliare. Non da soli: adulti e ragazzi si sostengono, si passano la staffetta, nella corsa che li vedo uno accanto all’altro.

In questo sta l’altro grande tema del romanzo: la paura dell’errore, di fare la cosa sbagliata, di rischiare. Il sogno, la vocazione si scontrano con le barriere dei dubbi, delle preoccupazioni, delle eventualità del fallimento. Ciò che Una vita non basta vuole sottolineare è proprio questo: da quello che viene vissuto come un disastro, dalla paura, tutto può e deve ripartire. È dalla mancanza, dall’aver mancato, dalla caduta che, paradossalmente, crescono la necessità, la fame, il richiamo a quel qualcosa per andare oltre e mettersi in strada. Sentirsi se stessi.

Galiano gioca con questa storia bellissima per lanciare delle riflessioni importanti, fatte, non di belle parole sulla carta, ma di vita vissuta, sulla propria pelle (per capirlo, basta leggere L’arte di sbagliare alla grande o Geografia di un dolore perfetto). I suoi romanzi hanno la caratteristica di attingere alla vita vera per ritornarci dentro attraverso gli occhi del lettore. 

Leggere questo libro, in modo particolare, porta ad una scoperta. Non userò il segno di interpunzione contenuto tra le pagine di Una vita non basta, è un aspetto, anche questo, da trovare durante la lettura. La vicenda di Teo dimostra come la vita sia una grande “(”: una parentesi aperta, dove sta a noi scegliere quando utilizzare l’opposta. Una parentesi segna la direzione, contiene e abbraccia quello che siamo, i nostri interrogativi, le infinite definizioni di chi siamo. C’è spazio per scrivere, sognare e vivere sogni concreti, veri, che ci rappresentano, parlano di e per noi; così come parlano di noi anche gli errori e il passato.

@enricogaliano

C’è tempo e modo per realizzare quello che abbiamo dentro, tradotto in azione, in esperienza, perché, in fondo, a questo siamo chiamati, di questo siamo parte. Un sogno contiene e si fa vita vera insieme a chi lo custodisce e lo porta avanti nel proprio cammino.

Immagine in evidenza/di copertina: garzanti.it

Eventi
Davide Tovani

Celebrare il videogame

Tim Miller presenta a Lucca la sua nuova serie, frutto di uno sforzo congiunto tra compagnie concorrenti senza precedenti. Il

Leggi Tutto »
Cinema & TV
Elena Salvati

Le madri di Pedro Almodóvar

La figura materna nei film del cineasta spagnolo Donne forti, insicure, ferite. Sono queste le attribuzioni identitarie delle madri protagoniste

Leggi Tutto »