Intorno, la Chiesa di San Nicola a Capo di Bove. Parco archeologico dell’Appia Antica. Mura che reggono da millenni, il cielo al crepuscolo sopra la testa, i colori dorati di un’estate arrivata torrida e prepotente. Sul palco, invece, l’immediata proiezione in terra celtica, nel Galles dei giorni nostri. Per la precisione a Cardiff, dove “sopravvive” Effie, giovane squattrinata e senza lavoro, che si salva dal finire a piè pari nella miseria solo grazie alle mance della nonna.
Roberta Caronia è Effie in “Ifigenia in Cardiff”. Uno spettacolo rodato ma in grado sempre di regalare emozioni, scuotere la coscienza, accendere spunti di riflessione. Catalizzatore è il testo di Gary Owen, datato 2016 ma quanto mai attuale nel descrivere il disagio di chi vive ai margini della società e delle sue regole. Economiche, ancor prima che sociali e umane. Conformismo, perbenismo. Storture di un sistema spietato che da decenni per esempio denuncia, per rimanere su britannici lidi, il cinema di Ken Loach.
Ci ha preso eccome, la rassegna “Appia nel Mito” – rassegna nata dall’idea di Alessandro Machìa e Fabrizio Federici della Compagnia Zerkalo, con il contributo di Regione Lazio – ad inserire in cartellone questo monologo. Che il 16 giugno ha offerto al pubblico presente, in un luogo dai rimandi religiosi, un’interessante commistione tra sentimenti (anche) cristiani e il quotidiano disvelamento della giungla indifferente e capitalista in cui vive l’uomo occidentale.
Dieci quadri, siglati uno ad uno su una lavagna e introdotti da un sorso di whisky, alcol per bruciare dentro e dimenticare un presente di delusione e sciatteria. Fino a quell’incontro che rimescola le carte e partorisce una nuova Effie, al prezzo dolorosissimo di una perdita che solo chi porta in grembo una creatura può misurare. E che invece è solo falsa ipocrisia per chi non ha fatto il possibile per evitare la tragedia e vuole solo salvar la faccia.
La regia di Valter Malosti è perfetta per lo scopo: sobria e discreta nell’assecondare il canovaccio di Owen. La scenografia è ridotta a un pannello, tutto ruota attorno alla performance energica e graffiante dell’attrice. Roberta Caronìa è agitata, irrequieta, un vulcano di emotività in eruzione, una molla che salta a colpi di rabbia, insoddisfatta della vita, ribelle e sfrontata come solo Oltremanica sanno esternare.
Ma qua e là, nel suo intimo, ci sono dei cassetti di sentimenti puri. Dopo aver incontrato quello che reputa l’uomo giusto, Effie li apre e mette a frutto il loro nobile contenuto.
Nel passaggio cruciale che apre al finale, sceglie la via della pietà, invece che il vil denaro. Sacrifica – proprio come l’Ifigenia “primigenia” di Euripide – la via materialista dell’interesse privato nel nome di una coscienza civica. Un gesto di solidarietà che porta con sé un messaggio di speranza, per un mondo che sia di tutti e per tutti, senza distinzioni di provenienza e di reddito.