Al teatro Manzoni, dal 25 maggio fino al 13 giugno, è in scena “Una casa di pazzi”, commedia scritta da Roberto D’Alessandro e diretta con mano esperta dall’esperienza di Silvio Giordani. Lo spettacolo fa riemergere ironicamente la difficoltà nel rapportarsi con degli individui che hanno disturbi mentali, reali o apparenti, dopo più di quarant’anni dalla Legge Basaglia e la corrispettiva chiusura dei manicomi.
La storia, ambientata nel sud Italia fra le mura domestiche di una dimora, fa ridere di gusto. Il finale è inaspettatamente spiacevole. Scenograficamente colpisce la semplice disposizione di oggetti d’arredamento d’uso comune, in netto contrasto con la complessità degli stati d’animo dei protagonisti. Un divano, delle sedie e un tavolo diventano gli elementi su cui vengono riversate angosce e delusioni.
I personaggi sono quattro, ognuno con un singolare tratto caratteristico che lo contraddistingue.
Attanasio e Maria Alberta, un uomo infinitamente generoso e una donna frustrata emotivamente, si stanno avviando al termine di una lunga relazione. Il pretesto è il tradimento di lei. La passione è ormai sfiorita, ma l’abitudine li costringe a rimanere ancora sotto lo stesso tetto. Gli attori Enzo Casertano e Cristina Gionta si immedesimano nei loro panni. I due trasmettono con esimia bravura l’insofferenza dei coniugi, che si trovano giornalmente davanti un bivio vincolante nella scelta fra la propria felicità e quella di chi gli sta accanto.
Ciò che mette a repentaglio l’armonia di coppia è l’ingombrante presenza del fratello di lui, Remigio, uno psicopatico che va assecondato di continuo nelle sue ingenue stravaganze. Per fortuna o per sfortuna però è l’unico a essere inconsapevole della diatriba familiare che lo circonda e di cui è la causa. Egli ha atteggiamenti equivocabili che provocano fastidio anche a Ginetta (Gina), l’inquilina del piano di sotto, la quale non conoscendolo accusa la proprietaria dell’appartamento soprastante.
A prendere le parti del malato, in maniera egregia, è Roberto D’Alessandro, che con una provola legata al collo unita alla convinzione di possedere poteri magici, non smette un attimo di spiazzare con battute esilaranti che, per quanto possano suscitare divertimento, conseguono da una condizione desolante. Maria Lauria interpreta brillantemente la vicina, un’esuberante popolana dall’inconfondibile accento pugliese misto al dialetto lucano.
La trama si conclude fra sfoghi e preoccupazioni irrisolvibili, tutti si ritrovano a fare i conti con la presa di decisioni tormentose, scagliandosi l’uno contro l’altro. Gina accecata da un coinvolgimento sentimentale per Attanasio, dimostra ostilità verso Maria Alberta, questa si comporta analogamente con il marito, che, arrivato al limite, fredda con un colpo di pistola Remigio, per poi uccidersi. Il gesto è scaturito dalla voglia di ricongiungersi “definitivamente” con l’adorato compagno di vita.
Produzione: Centro Teatrale Artigiano diretto da Pietro Longhi
Scene: Mario Amodio
Luci: Andrea Avena
Costumi: Lucia Mariani
Sarta: Elisabetta Viola