“Un tram che si chiama desiderio” al Teatro Quirino: la recensione

 

di Miriam Bocchino

 

“Un tram che si chiama desiderio”, in scena al Teatro Quirino, è uno spettacolo in grado di restituirci una dimensione ampia della condizione umana, nel suo aspetto più primitivo.

Desideri, ansie, pulsazioni, dolori, bugie e malinconie rendono l’opera di Tennessee Williams, scritta nel 1947 e vincitrice del Premio Pulitzer per la drammaturgia l’anno successivo, estremamente contemporanea.

La traduzione di Masolino D’Amico con la regia di Pier Luigi Pizzi riescono a regalarci un momento visivo di grande riflessione e turbamento. Il testo viene fedelmente riprodotto in quasi ogni sua parte con la modifica di pochissimi elementi.

La scenografia estremamente curata, riproducente l’antro di una palazzina e il monolocale in cui vivono i protagonisti della pièce, diviene l’ingresso sulla scena di Blanche (Mariangela D’Abbraccio), accompagnata dalla musica di Matteo D’Amico e dal gioco di luci di Luigi Ascione.

La melodia si insinua e provoca uno stato perenne di attesa e tensione.

Blanche entra, con la sua eleganza nei modi, nella vita della sorella Stella (Angela Ciaburri), cambiando le dinamiche familiari e svelando gli “errori e gli orrori” abitanti al suo interno. Ella, infatti, dalla cittadina di Luarel si trasferisce a New Orlens, nell’abitazione della sorella più giovane.

La casa di Stella riproduce il suo modo di vivere insieme al marito Stanley Kowalski (Daniele Pecci): un’esistenza dominata dall’approssimazione, in cui “tutto è ciò che è e nulla può essere cambiato”.

Blanche, al contrario, è una donna che cerca un modo per mutare, all’inseguimento di una felicità mai avuta e ricercata nei meandri più oscuri dell’esistenza.

La convivenza tra i tre protagonisti, nel ristretto spazio dell’appartamento sarà costellata di tensioni, litigi e attimi di terrore.

Blanche porterà con sé elementi di disturbo: la perdita della casa e della piantagione di famiglia, Belle Reve, diverrà un motivo per Stanley di indagine; si convincerà che la sorella di Stella nascondi qualcosa e che i soldi non siano stati persi ma siano in possesso di ella stessa. Una valigia ricca di abiti e gioielli gli farà credere che ella voglia imbrogliare la sorella e quindi, a causa del “codice napoleonico” anche lui.

I protagonisti sono ampiamente riconoscibili e dotati di personalità specifiche.

Stella è una reietta, una donna che vive senza passioni o desideri (se non quello di stare con Stanley). Sopporta tutto, anche la violenza più becera del marito, nonostante il suo essere incinta ed è convinta che ci vuole solo tolleranza nella vita. È una donna che si tratta come un fantoccio, come una bambola senza dignità. Sacrifica ogni bene per il marito e giustifica ogni orrore ed errore, anche l’avvento di un dottore (Francesco Tavassi) e di un’infermiera (Stefania Bassino)per ovviare alla sua mancanza di potere decisionale diventa l’unico mezzo possibile per la salvezza del suo matrimonio.

È una persona non in grado di essere “esistente”.

Il desiderio animale e primitivo è il collante della relazione tra Stella e Stanley ed è un elemento in grado di far accettare ogni cosa.

“Desiderio come quel tram che fa il giro del quartiere”.

Stanley è un uomo rude, grezzo, violento, poco affine alla tenerezza e alla bontà. Usa la forza e il desiderio per assoggettare le donne, soprattutto la moglie Stella. È l’emblema di ciò che in ogni uomo è sbaglio ed errore ed è per questo che in Blanche il sentimento nei suoi confronti è di negazione e rigetto. Stanley percepisce questi sentimenti e li usa per sovrastare la fragile Blanche e per “ucciderla” nell’animo.

Stella e Stanley rappresentano il microcosmo in cui vivono. Sulla scena si svolge in secondo piano anche la vita dei loro vicini di casa e amici, Eunice Hubbel (Erika Puddu) e Steve Hubbel (Massimo Odierna), caratterizzata anch’essa da tradimenti e violenza. Azioni che avvengono con noncuranza e si superano senza rispetto alcuno per la propria persona.

Blanche, interpretata magistralmente da Mariangela D’Abbraccio, è una donna in cui gli orrori ed errori commessi nella vita fanno lentamente capolino ma si manifestano, ancor prima di conoscerli, nel suo modo di parlare (lento e cadenzato), nei suoi vezzi, nella sua ricerca di attenzioni e complimenti e nel suo non volersi mai mostrare nella sua naturalezza. Anche quando conosce Mitch (Stefano Scandaletti) che insieme a Steve e Pablo Gonzales (Giorgio Sales)frequenta casa di Stella per giocare a poker e bere, si asterrà dal mostrarsi, uscendo con lui solo al chiaro di luna e in posti poco illuminati e nascondendo il suo passato. Blanche ha un equilibro instabile ed anche uno sconosciuto, giunto a casa di Stella per lavoro diviene fautore di desideri e di rimembranze, difficili da accettare.

Lo spettacolo si caratterizza per i dialoghi, fondamentali nell’opera di Tennessee, per la musica, che dona pathos alle scene e per la corporeità, esplicata nei gesti e nelle movenze: da quelli femminili di Blanche a quelli violenti di Stanley.

La pièce oscilla costantemente tra il dramma e la commedia, tra il sorriso e le lacrime. L’esistenza, anche nei momenti di maggiore dolore, è in grado di provocare una risata amara per riempire momentaneamente il vuoto.

“Un tram che si chiama desiderio” racconta il dramma di una donna che fugge da sé stessa, il bisogno ossessivo di accettazione, il vuoto d’animo da colmare, la ricerca incessante della felicità, la violenza fuori e tra le mura domestiche, le psicosi in grado di renderti pazzo agli occhi altrui e i dolori profondi dell’esistenza che causano errori insuperabili.

Uno spettacolo assolutamente consigliato, ricercato in ogni suo elemento: dalla potenza interpretativa dei suoi protagonisti agli aspetti tecnici e registici.