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Un semplice incidente, una spirale catartica verso la resa dei conti

Jafar Panahi torna con il suo cinema di denuncia e moralità grazie al suo nuovo film Un semplice incidente, Palma d’Oro a Cannes 2025

Jafar Panahi e il suo cinema sociale ci regalano un altro film denso di dilemma morale e denuncia politica. Tutto nasce da un comune incidente. Una notte, tornando a casa con moglie e figlia, un uomo investe un animale, turbando la bambina e provocando un guasto alla macchina. Così la porta a riparare, ma una coincidenza sfortunata fa sì che nel suo passo claudicante, dovuto a una protesi alla gamba, il meccanico riconosca quello della persona che lo ha torturato con efferatezza per diverso tempo quando era un prigioniero politico del regime. Così il semplice incidente innesca una spirale di dubbi e violenza che coinvolge più persone vittime degli stessi torturatori. Nessuno è certo che l’uomo sia effettivamente il proprio aguzzino, perché durante le torture erano sempre tutti bendati, tuttavia il presentimento che sia lui gli impedisce di uscire da questa pericolosa situazione.

Un ciclo di vendetta che non riesce ad arrestarsi di fronte al reiterarsi dei suoni uditi, allo scricchiolio di una protesi. Fantasmi del passato che non muoiono, continuano a perseguitare le vittime, trasformandole in potenziali carnefici. Palma d’Oro a Cannes 2025, It Was Just an Accident è un road movie politico di grande acume e sensibilità. Un atto di resistenza ma anche un dettagliato affresco morale che gioca sull’assurdità di una situazione ipotetica, di qui una sottile ironia che aleggia in tutta la sceneggiatura, analizzando reazioni e psicologie.

Viene citato esplicitamente, sia a livello visivo che verbale, Aspettando Godot, il pilastro del teatro dell’assurdo beckettiano. Infatti Un semplice incidente è anche un film di attesa: la ricerca della verità porta i personaggi a sperare in una sua epifania, fino alla quale il giudizio è sospeso e dunque anche una vera e propria azione, ovvero una decisione in merito alla sorte dell’uomo incriminato eticamente, il torturatore ipotetico. L’umorismo nasce invece dalla dimensione surreale del concatenarsi degli eventi e da una leggerissima enfasi con cui vengono esternati sentimenti e reazioni emotive. Il film di Panahi ha molto a che vedere per trama e introspezione anche con il più cupo La Morte e la fanciulla di Roman Polański, inserito ovviamente in un contesto culturale totalmente differente che ne determina anche uno stile diverso.

Un film profondamente umano che lascia spazio a una voluta ambiguità d’intenti sul finale. Un’incompiutezza che apre alla riflessione e che non impone nessuna verità o idea assoluta di giustizia, anche se c’è una propensione poetica verso una direzione morale. Profondi dilemmi etici vengono chiamati in causa, quali ad esempio la natura della colpa, se attribuibile al singolo individuo o alla società che lo ha corrotto, se il male praticato è frutto di una predisposizione interiore o esito di un lavaggio della mente e un processo di rimozione. E ancora: con la vendetta si seppellisce il colpevole o si sotterrano i propri ideali? Domande scomode con la quale bisogna confrontarsi in questi tempi violenti, così come è necessario, e questo film lo fa, porre l’accento sul trauma delle vittime, che rimangono incastrate in un limbo senza fine.

Un semplice incidente è un film particolarmente riuscito, dove un surreale grottesco, lieve ma onnipresente, e il dramma viscerale si fondono in un corpo filmico potente e destabilizzante. Gli incidenti della quotidianità divengono pretesto per la riapertura di varchi verso ferite ancora sanguinanti, che aspettano invano da tempo una cura. Il ritmo del film oscilla tra ampi spazi di respiro e silenzio, che rafforzano quella propensione all’attesa, e un rocambolesco agire d’impulso, assecondare l’istante, dove la tensione si fa tagliente e dinamica. Si delinea un ”polar” atipico e politico, dove subentra la complessità psicologica dei personaggi e l’ambiguità della morale. La distinzione tra buoni e cattivi è sfumata seppure la critica al regime determinata e irrevocabile, la polizia corrotta. Un thriller iraniano essenziale e d’impatto emotivo, che decostruisce e analizza una società e i suoi individui, la conseguenza delle azioni e attraverso un’escalation di tensione apre un dibattito morale che coinvolge tutti noi. Jafar Panahi ha colpito ancora una volta nel segno.

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It Was Just an Accident – Regia: Jafar Panahi – Sceneggiatura: Jafar Panahi – Con: Vahid Mobasseri, Ebrahim Azizi, Mariam Afshari, Hadis Pakbaten, Majid Panahi, Mohamad Ali Elyasmehr – Fotografia: Amin Jafari – Produzione: Bidibul Productions, Les Films Pelléas, Pio & Co – Paese: Iran, Francia – Anno 2025 – Festa del Cinema di Roma 22 ottobre 2025


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