Nella miriade di iniziative organizzate per il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, abbiamo avuto modo di seguire il 15 luglio lo spettacolo Pasolini – Una Storia Romana. L’evento, tra i più attesi della rassegna “Appia nel Mito”, non ha tradito le attese. Tutt’altro. Il merito è tutto di Massimo Popolizio, che per 90 minuti ha letteralmente ipnotizzato il pubblico accorso numeroso a Villa Torlonia di Frascati.
Accompagnato sul palco dalle impeccabili note di Emilia Slugocka al violoncello, l’attore romano, seduto davanti a un leggio, ha colorato con la voce e convertito in emozioni gli estratti di alcuni testi che hanno raccontato, da varie prospettive, gli ultimi momenti della vita di Pasolini, la sua morte, il ritrovamento del corpo esanime. Un omaggio al grande artista e intellettuale che Popolizio ha dichiarato esordendo con la prefazione di Enzo Siciliano al libro “Vita di Pasolini”: dalla ricostruzione della dinamica al referto medico sulle condizioni del corpo, e poi le testimonianze e gli atti processuali. Dettagli crudi e la descrizione di un luogo che come in una sceneggiatura ideale pareva deputato a scrivere la parola fine sulla vita di Pasolini. Un caso? Un complotto? Un incidente? Domande che in scena non trovano risposta, ma sparsi, qua e là, si raccolgono indizi e testimonianze. Anche colorite e sanguigne, come quelle dei ragazzi della Magliana che ci provano, a rispondere alle domande. Nel cambio di registro e nelle sterzate di intensità, la lettura di Popolizio è mostruosa. In particolare per la sintonia che instaura con gli umori e i volti di questa gente catapultata dalla Magliana alla ribalta nazionale. Improvvisamente e senza strumenti.
Passa poi a leggere, Popolizio, passaggi di opere pasoliniane. “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, che indagano le strategie di sopravvivenza nelle periferie di un’Italia ancora povera. Sottofondo drammatico, ma anche comicità e goliardia. E poi la critica feroce al conformismo e alla società capitalista, lucidissime e senza sconti in “Scritti Corsari” e “Religione del mio tempo”. Per la chiusura invece vengono scelti i versi rivolti a mamma con “Supplica a mia madre” a sottolineare una solitudine cronica che Pasolini tenta di colmare eccedendo in dediche amorose ai protagonisti dei suoi fugaci incontri. Un Pasolini umano, con le sue carenze e i suoi difetti.
Popolizio è monumentale, il sottofondo di Bach e Mozart si incastona alla perfezione. E la platea ha apprezzato, tributando minuti di applausi.