Un cesto di ricordi

L’identità materna all’Ex mercato di Torre Spaccata

Venghino, signori venghino che questa sera negli spazi dell’ex mercato di Torre Spaccata sono in scena le madri. Un imbonitore all’entrata munito di megafono, invita gentilmente a entrare: prego signori da questa parte, entrate. Lo spettacolo si chiama Matres e si parlerà fatalmente…di figli, proprio come fanno le madri radunate all’uscita dalle scuole: le une sono il pretesto narrativo per gli altri. È la consustanzialità, bellezza!

Questa volta la compagnia Siparioincasa (con l’importante contributo de il Collettivopuntot) gioca forte: in una sfida di jazz teatrale chiama il suo pubblico a sfilare negli affascinanti spazi dell’ex mercato di Torre Spaccata a cercarsi le narrazioni sul tema in una sorta di road map.

Già, ma come parlare di madri sfuggendo al rischio della retorica? Il pieghevole all’entrata non aiuta più di tanto: una collana di parole per raccontare l’indicibile: la parola che più ricorre è “ricordo”. Ma ciascuno ha il suo e non è cosa da poco proporsi di radunarli in un unicum declinato a materia narrativa. Due esili figurine di donna all’entrata, chiamate a scortare silenti lo spettatore incerto, già prefigurano nel codice di ingresso la promessa che si rivelerà all’interno dello spazio teatrale: non aspettatevi il solito spettacolo sciorinato dalle tavole fisse di un palcoscenico per un pubblico appoltronato pigramente. Insomma siamo dalle parti del teatro di ricerca (anche se un insistente déjà-vu accompagna una per una le soluzioni narrative che si succedono).

L’allestimento è scandito sul modulo dello spettacolo itinerante e in ogni sala si declina la multiformità della narrazione. Immagini in movimento proiettate su fondali e sul soffitto, richiamano con insistenza la percussione fissa di ricordi di famiglia che ci accomunano tutti. Il principio di unità è offerto proprio dal dato esperienziale di più voci che, in sonoro o in chiave visiva, ha formato la materia di innesco dello spettacolo.

Richiamata dal solito attore/imbonitore, la fila del pubblico si alterna nelle varie stanze del suggestivo spazio, metaforizzando attraverso l’allocazione delle performances la struttura a “stanze” (nel senso letterario del termine di porzione di una composizione più articolata) dello spettacolo.

In disparte dal divertente andare su e giù per i vari ambienti della superficie ospitante, bisogna confessare che, insieme allo spettatore itinerante incerto nella filiera delle stanze, va ramengo troppo spesso anche il principio di causalità a beneficio, si vede, del primato che la regia ha voluto riconoscere ai profili soggettivi delle testimonianze raccolte e a un soundtrack mescolato di voci e musica ipnotica.

Ma ci sono anche momenti di teatro agìto che formano la parte più interessante del tutto, capaci anche di regalare attimi di suggestione. Si parte dalla dimensione conviviale, a richiamare la memoria condivisa di tutti noi figli/spettatori, inchiodati a un tavolo davanti al desco apparecchiato da “madri/chef” che alienano la paura della fame rovesciandola nei piatti della discendenza, che elabora a scherno quella propensione di accudimento, intrattenendoci sugli effluvi puzzolenti di quelle figurine.

Ci sono quadretti di insieme in cui un trio di attrici -in modalità emmadantista– impegna la propria memoria adolescenziale nello stendere i panni.

Oppure un gruppo di famiglia, impegnato nella serialità dei gesti quotidiani a elaborare un lutto interno, difficile da dire.

E ce n’è anche per i padri, costruttori di parole e di case metaforiche, cementate sul ricordo delle favole dispensate nell’infanzia di figlie/Euridici protese a cercare il loro Orfeo e il proprio bisogno di continuità esistenziale perfino nell’Ade, come in una irriducibile memoria di infanzia e di innocenza perdute.

La compagnia è perfettamente all’altezza di ogni situazione e gli elementi femminili (Sabrina Attanasio, Alessandra Desideri, Genny Santin Nalin) in particolare riescono a gestire con disinvoltura i vari momenti dell’agìto, con credibili performances attoriali. Al comparto maschile (Domenico Columbro, Sandro Luciani, Vincenzo Marano e Antonio Orsini) resta la responsabilità –risolta con ottima presenza scenica e naturalezza- di restituire la parte pensosa dell’allestimento. 

Lo spettacolo è pieno di sorprese e densità e nella promessa di ripresa deve includere però un rodaggio indispensabile capace di renderlo spettacolo compiuto, mondato di tutte le presenti criticità. Insieme all’apprezzamento complessivo per la direzione di Angela Di Tuccio, è questo l’auspicio che sentiamo di rivolgerle, assieme agli auguri per la sua imminente maternità.

_______________________________

Matres – Regia di Angela Di Tuccio – Aiuto regia Antonio Orsini – con Sabrina Attanasio, Domenico Columbro, Alessandra Desideri, Sandro Luciani, Vincenzo Marano, Antonio Orsini, Genny Santin Nalin – creazioni musicali Alessandro Gamba – Montaggio video Domenico Columbro e Sabrina Attanasio – Aiuto luci e audio Stefania Cortese e Alice Casales – Foto locandina Nicolas Lutzius – Foto di scena Daniele Fabietti – Ex Mercato di Torrespaccata 28 e 29 settembre 2024.

Cinema & TV
Quarta Parete

30 anni di desiderio

Lo ShakespeaRe di Napoli di Cappuccio e Baldi conquista il grande schermo  di Gabriele Almansi Il cocktail di culture ideato

Leggi Tutto »
Interviste
Annagrazia Marchionni

In viaggio con il Daimon

Intervista a Eleonora Mancini in scena dal 19 novembre al Teatro Vittoria al fianco di Gennaro Duccilli con “Cattivi” Dopo

Leggi Tutto »