Parabola e morte della spia inglese più famosa al mondo.
Ottantunesima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Daniel Craig e Luca Guadagnino sono al Lido per la conferenza stampa di presentazione dell’ultimo film che li vede protagonisti quando dalla platea, una giornalista, interroga l’attore britannico sulla possibilità di un prossimo James Bond omosessuale. A rispondere é Luca Guadagnino: «Ragazzi, facciamo gli adulti per un secondo. Non c’è modo di sapere quali fossero i reali desideri di James Bond. Detto questo…La cosa importante è che compia le sue missioni correttamente». Una risposta sibillina che lascia ben poco spazio ad ulteriori interpretazioni.

Eppure, l’eredità di Craig e il suo contributo alla decostruzione dello 007 più celebre al mondo sembrano così lampanti da non esservi infondo la necessità di doverlo puntualizzare o, addirittura, confermare con una domanda come quella di cui sopra. Non solo: Daniel Craig stesso sembra essere deciso a frantumare quell’eredità, quell’immaginario, attraverso una sequenza di scelte artistiche da lui intraprese ciononostante, la domanda più quotata dopo la possibilità di un Bond donna é proprio questa. Ma facciamo un passo indietro.
Daniel Craig incarna James Bond per la prima volta nel 2006, il film è Casino Royal. Il suo ritratto della nota spia inglese nata dalla penna di Ian Flaming genera un certo clamore: non solo é estremamente distante dai suoi predecessori per aspetto – elemento di marginale rilevanza – ma soprattutto é un uomo tormentato il cui passato ha un ruolo nevralgico nella pellicola. In più, il suo superiore, M, é per la prima volta una donna (Judi Dench). Un’evoluzione interiore avviene nel successivo film, Quantum Of Solace dove assistiamo ad un Bond afflitto da demoni interiori oltre che esterni, vulnerabile.
Anche le figure femminili mutano: non più ancelle sottomesse ma attive ed agenti nella narrazione. Infine, l’assoluta novità che subentra con Skyfall (2012) dove il sottotono omoerotico é assoluto protagonista nell’interazione tra 007 e Raoul Silva (Javier Bardem). James Bond legato ad una sedia, l’antagonista ne accarezza viso e petto dicendo: «Starai cercando di ricordare il tuo addestramento e qual’è il regolamento per queste situazioni. Bah, immagino ci sia una prima volta per tutto” e Bond “Cosa ti fa credere che sia la mia prima volta?». Una frase, una sola, che suggerirebbe un’orientamento sessuale diverso da quello etero normato e che aggiungerebbe una sfumatura completamente nuova a James Bond, fin’ora avvertito come sciupafemmine.

E poi c’é Daniel Craig che, come se non bastasse, sta cercando di uccidere e decostruire il suo personaggio con tutta una sequenza di scelte artistiche come stesse effettuando un’autentica damnatio memoriae del suo 007. I lungometraggi da lui prediletti sono quelli che lo vedono protagonista in ruoli queer, sopra le righe, non conformi fino ad arrivare all’antitesi completa di ciò che raffigura Bond ovvero Queer (2025) di Luca Guadagnino.
Uccidere James Bond? Missione da 007 o da Daniel Craig.