TUTT’INTERA: La recensione

Nulla occupa il palco se non due figure; vestite di nero, compongono un collage di ricordi, fondono memorie di menti diverse; non sappiamo se siano persone o personaggi, le loro voci si inseguono e si sovrappongono mentre cercano di fissare immagini veloci, scroscianti.
Sul palco del Teatro India di Roma, fino al 20 Febbraio è andata in scena “Tutt’intera” di Tamara Bartolini e Michele Baronio,  il disperato tentativo di ricomporre le istantanee di una vita lontana, di unire i frammenti, di concedere una tridimensionalità ad una figura deformata dalle voci degli altri.

Vivian Dorothy Maier vive a Chicago, è accumulatrice seriale di negativi, ladra di immagini, assassina delle pose dei passanti; sugli scorci più diversi si posa il suo sguardo: sulla ragazza che si lascia ispezionare la suola delle scarpe, sulla sagoma storta di un infermo; sulle linee della città, le forme che si susseguono, sopravvivono fino all’istante prima dello scatto per poi esserne assorbite.
Se quella della fotografa statunitense è una storia conosciuta, se centocinquantamila negativi ne sono la prova esistente, miriadi di anime convergono in quel corpo di donna, assumono spessore attraverso i racconti impetuosi dei due interpreti: non agenti ma narratori dinamici alternano la danza al racconto, l’evocazione all’immedesimazione; offrendosi allo spettatore come osservatori ravvicinati.

Una ricostruzione, un indagine, per capire ciò che ancora sfugge; ripercorrendo la passeggiata tra le vie di Chicago, gli osservatori sembrano entrare nella storia, immedesimarsi in quel volto, in quella vita ancora sbiadita: le immagini galleggiano nelle bacinelle di fissaggio, l’immagine si plasma fino a proiettarsi più grande sul fondale.
Nel tentativo di guardare attraverso lo sguardo di Vivian, i due interpreti rievocano le sue immagini, attraverso di loro restituiscono una vicenda dai confini fino ad allora incerti: vivida si imprime ora l’immagine di una donna, del suo universo in una vicenda che travalica i confini della mera biografia, che si interroga sulla natura delle ombre che la attraversano.