di Leonardo Campara
Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo.
Questa frase d’encomio dell’archeologo Howard Carter rende al meglio l’idea dell’ entusiasmo con cui il regista Ernesto Pagano ha creato con il docu-film TUTANKHAMON. L’ULTIMA MOSTRA, per celebrare il centenario dalla scoperta della tomba di Tutankhamon nella Valle dei Re, solo il 9, 10, 11 maggio al cinema.
L’itinerario del film segue la lunga e tortuosa vicenda del ritrovamento più importante della storia dell’egittologia che ha visto protagonisti, nel lontano 1922, l’archeologo britannico Howard Carter, il magnate Lord Carnavon e soprattutto Harry Barton, il primo fotografo a catalogare una spedizione e i risultati ottenuti. Come racconta la voce narrante di Manuel Agnelli, i tre si addentrarono in un’impresa granitica senza avere la percezione dell’opulente ritrovamento funerario che segnerà per sempre la storia dell’archeologia. Il documentario si protrae lungo la linea dettata dai diari di Howard, in cui l’archeologo esprime emozione ma al contempo preoccupazione per la gestione di una tale scoperta. Tutankhamon oggi rappresenta forse la figura più nota dell’orizzonte storico egizio, ma in realtà – come spiega il fotografo Sandro Vannini – è forse il sovrano egizio meno rilevante e tra i meno importanti per la sua contemporaneità, poichè la cagionevole condizione di salute, in aggiunta alla sua giovanissima età (divenne faraone alla tenera età di 9 anni), gli ha permesso un regno tutt’altro che duraturo, stroncato sul nascere da una grave malattia.
Probabilmente il fatto che non sia stato considerato per più di 3000 anni ha garantito il mantenimento del tesoro senza essere intaccato da saccheggi e intemperie nel tempo. Il film si articola seguendo le tappe della costruzione della mostra, prevista come itinerante in tutto il globo, partendo dal museo egizio de Il Cairo e quello di Giza, arrivando fino a Los Angeles. Il percorso tortuoso in cui storici, archeologi, tecnici di restauro ed altri addetti ai lavori, si manifesta come un “faraonico” corpus organizzativo, di trasporto e manutenzione, particolarmente complessi per via della precarietà dei materiali e le ingenti somme di denaro da dedicare al meccanismo. La mostra prevedeva diverse tappe ma il coronavirus ha interrotto il viaggio di Tutankhamon nel 2020 ed il governo de Il Cairo ha deciso di chiudere per sempre le porte alla possibilità che il tesoro lasci ancora l’Egitto. La fama di Tutankhamon ebbe un’eco straordinario in tutto il mondo. La celebre maschera è tra le più pubblicizzate opere della storia dell’arte, brandizzata a propulsione soprattutto nel secolo scorso, tanto che il presidente americano Hoover decise di chiamare “Tut” il suo cane da compagnia.
Il successo negli Stati Uniti e nei paesi del blocco occidentale si deve al fatto che – come sostiene Vannini – rappresenta in parte il prototipo di un supereroe moderno, ma soprattutto perchè il fascino del mistero che adombra la figura di Tutankhamon è ancor oggi oggetto di interesse per l’opinione pubblica più affascinabile dalla scaramanzia, poichè si narra che la maledizione di Tutankhamon abbia colpito chi ha osato profanare il sonno eterno del faraone come scritto nell’effige all’ingresso della tomba. Il docu-film TUTANKHAMON. L’ULTIMA MOSTRA è stato diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital.