Tre capolavori del tempo in Basilica Palladiana

Caravaggio, Van Dyck, Sassolino: la mostra in Basilica Palladiana per riflettere sul tema del tempo.

Tre è il numero della perfezione. Il numero tre possiede una simbologia numerica, biblica, semantica forte, profonda, è l’elevazione, la completezza, la compiutezza.

Tre sono i capolavori esposti in Basilica Palladiana e tre sono gli artisti protagonisti di quest’esposizione d’eccezione, omaggio alla cittadinanza. CaravaggioVan Dyck e Arcangelo Sassolino, fino al 4 febbraio 2024, sono accolti nell’ampia sala del monumento, simbolo di Vicenza, per essere ammirati sotto una lente d’indagine particolare.

Il tema che li accumuna è, appunto, il tempo, il suo scorrere, il senso per ognuno. E la scelta è ricaduta su tre opere precise che solo apparentemente sembrano messe lì, senza nessun nesso. Si tratta del San Girolamo (1605-1606) di CaravaggioLe quattro età dell’uomo (1625-1627) di Antoon Van Dyck No Memory Without Loss (2023) di Arcangelo Sassolino.

I tre dipinti sono esposti per consegnare un pezzetto di significato, un rimando all’ampio, infinito senso del tempo. È, per questo, un tributo ai visitatori ma anche una sfida: la mostra, infatti, a cura di Guido Beltramini (Palladio Museum) e Francesca Cappelletti (Galleria Borghese di Roma), voluta e organizzata dal Comune di Vicenza, con la co-organizzazione di Intesa Sanpaolo, è aperta a tutto il pubblico (gratuita per i residenti di città e provincia) ed è resa possibile grazie agli scambi e alla cooperazione con Galleria Borghese di Roma, sede del San Girolamo, per la prima volta in mostra a Vicenza, ai Musei Civici di Vicenza e ad una serie di enti pubblici e culturali, nonché a partnership e supporti da realtà territoriali diverse. L’iniziativa si allargherà, inoltre, anche a diversi incontri ed eventi organizzati lungo l’arco temporale di questa rassegna.

Cogliere e comprendere quest’esposizione significa, letteralmente, darsi del tempo. Attendere e permettere che l’opera parli da sé, con la sua raffigurazione precisa, i suoi colori, i suoi movimenti e i suoi soggetti. Il tempo personale, l’attesa aiuta ad entrare nel tempo proprio del quadro.

Il San Girolamo di Caravaggio, realizzato per il cardinale Scipione Borghese, vede il santo protagonista, nell’atto di scrivere e tradurre la Bibbia, intento e concentrato, con il braccio destro disteso, il calamaio impugnato, lo sguardo fisso e rapito, le dita della mano opposta a tenere il segno tra le pagine, un panno bianco, emblematico scende dall’angolo contrapposto del tavolo. Il tempo sembra fermato dall’azione: un tempo che è quasi annullato dal momento che lo stesso uomo è già santo, con la sottile aureola sul capo. Egli però sembra non esserne consapevole, è vestito con un drappo rosso, magro, quasi piccolo al pari dei grandi volumi, eppure, grazie alla sua espressione, sembra convinto, determinato a proseguire, nonostante dalla parte opposta sia presente un teschio, sopra a delle pagine aperte.

Quest’ultimo elemento segna il tempo terreno, il tempo che passa e che porta alla fine inesorabile. San Girolamo non distoglie la sua attenzione: la sua santità va oltre, non bada al presagio, non bada allo stesso spettatore, afferra il tempo per andare avanti. Il personaggio è, quindi, umano e divino contemporaneamente, stringe il tempo, che tutto distrugge, per scrivere e terminare la sua attività. Caravaggio sembra voler presentare, in un’unica scena, i tempi dell’esistenza: il presente e la vita da una parte, il freddo, il passato, la morte dall’altra, in opposizione nonostante lo stesso scenario. Qui sta l’umanità del santo e l’umanità dell’uomo.

Credit: Lorenzo Ceretta

La suddivisione delle età viene, invece, analizzata e raffigurata dal fiammingo Antoon Van Dyck con Le quattro età dell’uomo: un’allegoria mitologica che rappresenta la ciclicità del tempo. Il dipinto, proveniente da Palazzo Chiericati, raffigura le quattro età della vita attraverso quattro personaggi: l’infanzia (il bambino addormentato), la giovinezza e la freschezza (la giovane con le rose), la maturità adulta (l’uomo vestito da soldato), la vecchiaia e il termine (il vecchio girato di spalle sullo sfondo). Ad essi, può essere accostata una precisa stagione, ad indicare l’arco temporale a cui la vita va incontro.

Questo senso viene amplificato dalla modalità con cui ogni soggetto è rappresentato, dai colori, dalle pose di ciascuno. L’esistenza parte in un modo, si sviluppa, cresce, arriva al suo apice per poi terminare in una discesa lenta. Con questo quadro, Van Dyck cristallizza un tempo che scorre identico per tutti, segnato da un inizio e da una fine uguali. Evidente e chiara è l’analogia con il dipinto Venere, Marte, Amore e il Tempodi Guercino: qui viene proposto il mito che coinvolge MarteVenereCupido e Crono, ripreso per sembianze e affinità dallo stesso Van Dyck. Il messaggio di quest’ultimo però cambia: amore non nuoce, ma arricchisce (il gesto delle rose potrebbe indicare questo), nonostante il fluire inesorabile del tempo e la sua fragilità perenne.

Credit: Lorenzo Ceretta

Di impatto diverso, a livello percettivo e sensoriale, è l’opera No Memory Without Loss di Arcangelo Sassolino: una grande installazione caratterizzata da un disco che ruota, completamente dipinto di olio industriale viscoso, rosso. Il titolo dice tutto: “nessuna memoria senza perdita”, il tempo è fatto di divenire, di cambiamento, di dare e togliere, di ricordo che si nutre di istanti dissolti, passati. Il movimento lento del disco, infatti, causa la caduta inesorabile di alcune scie di colore che finiscono per terra ma non importa: ogni goccia sulla superficie piana cambia, assume sfumature diverse, oscilla e indica le movenze stesse a cui è sottoposta la realtà. La vita continua e resiste, anche se tutto è destinato a cadere, a terminare. L’opposizione e il contrasto, in equilibrio, vengono così sintetizzati da Sassolino in un unicum impattante, fortemente espressivo e significativo.

Cosa dicono queste tre opere riunite? Il tempo è relazione, il tempo è compresenza, il tempo assume forme che cambiano a seconda della fase di vita, il tempo è uguale eppure diverso, è memoria perché c’è perdita e c’è divenire, è ricostituzione perché, umanamente, va incontro ad una fine, la stessa per tutti. Dal ‘600 ad oggi, il tema del tempo non finirà mai (paradosso curioso e interessante) di stimolare il pensiero, l’immaginazione, l’espressione artistica, sia che si tratti della raffigurazione di un santo o di un’installazione tecnologica. 

CaravaggioVan Dyck e Sassolino, in quest’unica sala, insieme, rappresentano davvero un tre compiuto, un trio non scontato e inedito. Occorre, per questo, il tempo giusto e opportuno (il kairos greco), l’attesa individuale, serve darsi del tempo per avvertire il messaggio, che cosa rappresenta quel dipinto per ognuno, il perché di quell’accostamento e di quella scelta.

La mostra Caravaggio, Van Dyck, Sassolino. Tre capolavori a Vicenza è un’immersione, un’esperienza visiva di un tempo che non possiamo toccare con mano ma che è lì, rappresentato metaforicamente, inteso e studiato da tre grandi artisti. Non c’è lezione giusta e univoca, ma c’è un tempo da abitare, da sentire e qui, in Basilica Palladiana, lo si respira e lo si percepisce ora, da secoli lontani che più non sono.

Caravaggio, Van Dyck, Sassolino. Tre capolavori a Vicenza – Basilica Palladiana, Vicenza – 16 dicembre 2023 – 4 febbraio 2024

Immagine di copertina/in evidenza: Michelangelo Merisi detto Caravaggio San Girolamo 1605-1606 Olio su tela 116 x 153 cm Roma, Galleria Borghese, inv. 56 © Galleria Borghese / Photo Mauro Coen

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