Da Euripide a Molière, da Pirandello a Leopardi: sotto la guida di Vincenzo Zingaro il cartellone 2025/2026 rinnova il dialogo tra tradizione e attualità.
Vincenzo Zingaro, direttore artistico del Teatro Arcobaleno, si conferma anche per la stagione 2025/2026 come un instancabile navigatore di rotte teatrali ardite, come un temprato Achab deciso a sorprendere e a stimolare il proprio pubblico. Dopo oltre trent’anni di attività, la sua guida ha trasformato il Teatro Arcobaleno in un punto di riferimento imprescindibile per la valorizzazione del repertorio classico, un luogo dove la tradizione non si limita a essere custodita, ma viene costantemente rigenerata attraverso nuove riletture e confronti con l’attualità.

Sebastiano Somma e Vincenzo Zingaro
Il filo conduttore della stagione è quello di un viaggio che si muove tra epoche, stili e linguaggi diversi, in un continuo dialogo fra tragedia e commedia, tra l’aspra riflessione filosofica e l’ironia corrosiva, fino a lambire la leggerezza del musical e della drammaturgia contemporanea. Un mosaico di proposte che, pur nella loro varietà, risponde a una stessa vocazione: quella di un teatro che non si accontenta di intrattenere, ma che interroga, provoca e incanta.
Non è un caso che a inaugurare la stagione del Teatro Arcobaleno siano i grandi classici: Euripide con Oreste (22-26 ottobre) che aprirà il cartellone, seguito da Strindberg, Machiavelli, Molière, Goldoni e Pirandello. Accanto a loro, riscritture moderne, incursioni nel mito e omaggi a figure fondative della letteratura universale. Fra questi spicca l’appuntamento con L’infinito Giacomo, drammaturgia e regia di Giuseppe Argirò, che dal 16 al 19 aprile porterà in scena un Leopardi inedito e sorprendente, capace di intrecciare intimità e visione civile. Protagonista Giuseppe Pambieri, che darà voce a un poeta adolescente inquieto e appassionato, filosofo rigoroso e uomo vulnerabile, restituendone tutta la complessità e la forza contemporanea.
Il repertorio della stagione oscilla così fra il rigore della tragedia greca e la spregiudicatezza della commedia rinascimentale, passando dall’intimismo lacerante della Signorina Giulia di Strindberg (7-16 novembre) alla corrosione pirandelliana con Ennio Coltorti ne L’uomo, la bestia e la virtù (30 gennaio-15 febbraio). Un arco che abbraccia linguaggi e stili diversi, fino a includere il teatro musicale e la rivisitazione dei miti fondativi della nostra civiltà, con uno sguardo che non smette mai di interrogare il presente.
A chiudere la stagione del Teatro del Classico sarà, come da tradizione, Vincenzo Zingaro, che dall’8 al 17 maggio porterà in scena Il Misantropo di Molière. Considerata una delle commedie più amare dell’autore francese, l’opera scandaglia con straordinaria sensibilità l’animo umano, mettendo in luce le difficoltà dei rapporti fra individuo e società. Attraverso il personaggio di Alceste, Molière dà voce a un grido di verità e purezza contro il perbenismo, la superficialità e l’ipocrisia, in un’opera che conserva intatta tutta la sua forza dirompente e la sua modernità.

La compagnia di Ennio Coltorti
n conclusione Il tratto distintivo della direzione di Zingaro resta l’equilibrio tra fedeltà alle radici e capacità di reinventarle, con l’intento di restituire al pubblico un teatro vivo, pulsante, capace di riflettere sul presente attraverso il confronto con i grandi archetipi del passato. Una linea che ha permesso al Teatro Arcobaleno di distinguersi come una delle realtà più vitali del panorama nazionale, riconosciuta e premiata da pubblico, critica e istituzioni, rinnovando la sua missione di essere non soltanto un luogo di spettacolo, ma uno spazio di ricerca e di comunità, dove la memoria del teatro classico si fa presente, e il presente si illumina di memoria.
Per seguire tutta la programmazione: https://www.teatroarcobaleno.it
Foto di ©Enzo Maniccia