di Maria Ester Campese
È stata una mostra suggestiva quella tenutasi a Pomezia intitolata “Le mani della terra – I valori del mare” della pittrice Olga Silivanchyk. L’artista, contemporanea bielorussa, è nata a Minsk e si è formata presso il Minsk State College of Fine Arts, dove si è diplomata nel 2008.
La mostra, allestista presso il “Museo Città di Pomezia – Laboratorio del Novecento”, ha avuto come focus la memoria dei luoghi e dei tempi del territorio agro pontino. Un tema in sinergia con il luogo “del ricordo” in cui si è tenuta.
Il percorso espositivo è stato sapientemente suddiviso in due sezioni, il passato e il presente/futuro. Il principale dipinto “Le mani della terra” è stato donato dalla pittrice al museo, assieme ad altri dipinti, che ne vanno ad arricchire la collezione.
Quest’opera in particolare è scaturita da una foto che l’artista ha trovato in un vecchio mercatino e che ha colpito il suo immaginario. La tela esprime in modo forte e inequivocabile il senso del lavoro, della fatica, ma anche la speranza di un futuro nuovo e preparatorio di cose da costruire insieme.
Quel volto segnato, quelle mani nodose, come talvolta è “nodosa” la vita, hanno mantenuto la promessa suscitata da quella “empatica emozione” provata da Olga approdando a tale progetto. Si percorrono così, in questa circostanza, luoghi fatti di memorie passate, in uno stile di vecchie foto. Una sorta di istantanee dell’epoca impresse sulle sue tele, pensate e realizzate per la prima sezione della exhibition.
Sono immagini che trasferiscono il senso del trascorre del tempo che spesso giungono a noi un po’ logore e consunte. Restano invece intatte le emozioni che arrivano a noi attraverso la traslazione pittorica della pittrice. Appare così possibile fare un balzo nel tempo a quelli che furono i periodi della bonifica di questo territorio. Luoghi, all’epoca, caratterizzati da paludi, acquitrini, e terreni infestati dalla malaria. Il riscatto di queste terre, delle loro genti, vi fu a partire dagli anni del regime fascista, nel decennio 1930/1940.
Viene quindi ripresa e narrata questa storia attraverso l’arte. Si ripercorre quel periodo di costruzione in cui la società si evolveva anche attraverso la costruzione di un tratto ferroviario. In questa laboriosa “ri-nascita” anche le donne erano partecipi e contribuivano fattivamente al miglioramento di questi luoghi. Tutti erano assieme, donne e uomini, fianco al fianco, uniti da un comune obiettivo di costruzione.
Diversi anche i dipinti in cui sono rappresentati paesaggi marini e momenti vissuti in una gioiosa comunità. Ritroviamo ancora una volta le persone unite in un comune intento, come quello del tirare le cime di una barca per portarla a riva. Solo più tardi, e lo vedremo nei quadri della sezione “presente/futuro”, ci si potrà affidare a strumenti più moderni, meno faticosi come gli argani elettrici. Nei soggetti marini è vivida la vita quotidiana dei pescatori in un excursus che ci restituisce anche il vissuto familiare, ieri come oggi.
Molto bello il dipinto della sorridente donzella “Olga – la luce dei ricordi”, tratto da una foto dell’archivio del museo, che coincidetemene si chiama proprio come l’artista. Una chicca questa “inconsapevole” protagonista, oggi 80enne, è stata tra le persone che hanno visitato la mostra.
Suggestiva la scelta del sottofondo musicale del fruscio del vento, dell’eco delle onde del mare infrante a riva, che ha fatto da trait d’union tra tele, reti ed arte. Una sorta di viatico per un agevole passaggio dai tempi più remoti a quelli più moderni. Nei lavori che ritraggono momenti di vita attuale ritroviamo la vividezza dei colori e le sfumature dello stile impressionista più consueto per la nostra artista. Un effetto emozionale che non avrebbe lo stesso sapore osservando semplicemente delle foto.
Particolarmente significativo il dipinto “Ambra – figlia del pescatore” scelto come conclusione del percorso espositivo, in cui il soggetto rappresentato sa trasmettere efficacemente la forza, l’energia e la solarità di chi si “tuffa” nel mare, come nella vita. Un rinnovato vigore con cui viene trasportato a riva il frutto del proprio lavoro e il vissuto da condividere assieme agli altri.
Troviamo in questi dipinti una narrazione poetica convincente e coinvolgente. La mostra, conclusasi a fine maggio, è stata coordinata dal Direttore del “Museo Città di Pomezia – Laboratorio del Novecento”, Claudia Montano. All’artista è stata consegnata, da parte dell’Amministrazione Comunale, una pergamena in segno di riconoscimento per la sua donazione.