Apriamo questo articolo con la notizia appena battuta dalle agenzie di stampa dell’entrata nella cinquina delle nomination per l’Oscar come miglior film internazionale di È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino. A questo punto è lecito sperare che la preziosa statuetta attraversi l’oceano e “sbarchi” a Roma bissando il successo del 2014 con La grande bellezza. “La mano di Dio è il mio film più importante e doloroso e sono felice che tutto questo dolore abbia portato oggi alla gioia”, ha dichiarato il regista napoletano all’ Ansa.
Conservato per sempre nello scrigno dei ricordi con grande amore e rispetto l’immagine indelebile di Monica Vitti, la regina delle attrici comiche italiane che ha saputo eccellere anche nei ruoli drammatici riuscendo a tener testa nel cinema del boom economico a monumenti come Alain Delon, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Giancarlo Giannini e Alberto Sordi. Calato il sipario sull’ultima kermesse canora di Sanremo, la stessa degli strombazzati record d’ascolto che ha incoronato Mahmood e Blanco, interpreti della canzone Brividi, del presentatore e direttore artistico Amadeus (in odore di quarto mandato) e dei cantanti in gara: dai sempreverdi Massimo Ranieri a Gianni Morandi, da Jovanotti a Loredana Bertè. Dalle nuove realtà popolari come Emma, la “rinnovata” Noemi, la raffinata Elisa, dai giovani Michele Bravi a Rkomi, da Tananai a Yuman, fino all’idolatrato e per nulla “innovativo” Achille Lauro (Bowie e Zero docet) e su tutti reduci dai trionfi oltreoceano i Maneskin. Super ospite Fiorello, il ritrovato Cesare Cremonini e le immortali Iva Zanicchi e Orietta Berti(usato sicuro e garantito), a proposito della quale verrebbe proprio da scrivere Finché’ la barca va, titolo secondo noi indicativo non solo della grande nave da crociera ormeggiata nella baia che ha fatto da pendant con il suo teatro galleggiante gremito di croceristi al famoso teatro Ariston al completo finanche in galleria di appassionati stretti stretti, core a core e vogliosi di tributare standing ovation per l’evento che di per se è indubbiamente il contenitore di un pezzo di storia e di costume del nostro Belpaese.
Viene da chiedersi e la rivolgiamo non alla Rai che da anni si rigenera con gli ascolti vitali del Festival ma ai Presidenti dell’Anica, la potente associazione dei produttori e distributori cinematografici e dell’Anec, che è quella dei gestori delle sale cinematografiche: Come mai teatri in Italia in forte debito di ossigeno a presenze in sala, l’Ariston che è il teatro più amato degli italiani nella settimana del Festival che da oggi torna ad essere una multisala, si possa riempire in ogni ordine di posto, mentre i teatri e i cinema continuano a restare in attesa di tempi migliori? Tutto questo alla luce di una stagione appena iniziata con scarsi risultati in presenza tranne pochissime eccezioni dovute anche all’emergente concorrenza televisiva con i film distribuiti dalle piattaforme digitali.
Sarebbe bello rivedere finalmente ripristinata la normale fruizione dei film a favore non solo del pubblico che ha voglia di uscire e ritrovarsi lontano dall’avvilente divano di casa, soprattutto prima, se non è già tardi che le tendenze decretino qualcosa di più drammatico.
Tutto questo mentre sono confermate le date in presenza dei festival di Cannes, Venezia, Toronto, Giffoni mentre fra qualche giorno verranno accesi i riflettori sulla prima vetrina internazionale della stagione come la 72° edizione del Festival di Berlino, la famosa Berlinale che quest’anno, come da Quarta Parete anticipato, ospiterà ben cinque film italiani fra concorso ufficiale e sezioni parallele. L’atteso ritorno dietro la macchina da presa del maestro del brivido Dario Argento, che superate da poco le ottanta primavere. torna al cinema con il suo ventesimo film dal titolo Occhiali neri. Una carriera da urlo quella del regista romano ricca di titoli feticcio come “Suspiria”, Quattro mosche di velluto grigio, L’uccello dalle piume di cristallo, Profondo Rosso. Chissà’ se Argento, che di solito per scrivere come ha dichiarato alla collega Elisa Manisco, si isola nelle stanze anonime di piccoli alberghi o case sperdute nel nulla dove pagina dopo pagina si spaventava delle sue stesse trovate. “Stavolta è stato più facile: sono potuto rimanere tranquillamente a casa”.
Chissà’ se in questi giorni avrà’ avuto il tempo di distrarsi ascoltando e vedendo in televisione “la discoteca dell’Ariston”, magari non tanto per ascoltare il profondo trasgressivo pensiero di Checco Zalone, regista peraltro campione d’incasso con i suoi film che ci auguriamo contribuisca a riportare il pubblico in sala, quanto a vedere le performance di Drusilla Foer, un personaggio che ricorda molto sullo schermo quello di Dustin Hoffmann in Tootsie. Applauditissima dal pubblico e dalla critica, irresistibile e classe da vendere, costruita ad arte da Gianluca Gori, un grande attore di teatro che il cinema non dovrebbe mai dimenticare.
Vederlo cantare quando entra sul palcoscenico multicolore dell’Ariston e viene interrotta da Amadeus che gli ricorda che a Sanremo è stata (stato) scritturato come co-presentatore gli risponde, sicura, capelli lunghi argentati, viso elegantemente aristocratico, abito blu notte di Mikado, forse più adatto ad una premiere alla Scala: ”Ma mi scusi, mi fa fare la valletta? Allora mi mettevo qualcosa di scosciato…ho giusto nell’armadio un koala tatuato”!