Tiziano – l’Impero del colore.

Il documentario sul maestro rinascimentale, al cinema dal 3 al 5 ottobre, esordisce – come da buon costume in un prodotto filmico con fine divulgativo che si rispetti – mostrando il contesto storico in cui operava Tiziano Vecellio. A maggior ragione se a far da padrone nelle città del Nord è la peste nera che in una zona lagunare come Venezia mieterà vittime illustri tra le quali Tiziano stesso alla veneranda età di 88 anni.

Il docufilm inizia dunque il suo viaggio all’interno della vita e delle opere di Tiziano, concentrandosi molto sull’uomo dietro l’artista, sul carattere e la personalità di uno degli esponenti di spicco del Rinascimento.

Come saggiamente descritto nel film, la vita di Tiziano è caratterizzata dalla più classica delle evoluzioni, ossia la fase di apprendimento, quella della lavorazione e quella dell’insegnamento.Nella prima fase ci viene mostrato un Tiziano che, trasferitosi in tenera età dalla natia Piave di Cadore – punto fermo di una vita di viaggi – alla Serenissima Venezia, impara il mestiere in bottega come da consuetudine. Nonostante il carattere di certi pittori non emerga così chiaramente da suscitare letture evidenti (vedi i casi bohemien di Caravaggio e Michelangelo, od ancora esempi nella cultura contemporanea possono esser Van Gogh o Warhol), si può notare tra le righe una seria e controllata ambizione arrivista che anima il pittore veneziano.

Già da giovanissimo infatti scrisse una lettera piuttosto sfacciata all’allora Consiglio dei Dieci – organo centrale nell’assetto politico della Repubblica della Serenissima – chiedendo una specie di “vitalizio” economico in cambio di una grande tela commissionata dal Doge. Dal canto suo però, Tiziano aveva già raggiunto una discreta fama con il celeberrimo dipinto “Amor Sacro e Amor Profano”, in cui la stessa donna (forse) viene rappresentata nella più classica delle iconografie matrimoniali, in veste spirituale e in quella sensuale, all’interno di un paesaggio bucolico.

Il documentario vira quindi sull’interesse del pittore verso l’universo femminile, grande protagonista di tutta la sua produzione, ed identificativo di una sensibilità moderna. La forma quasi ossessiva di dipingere soggetti femminili estremamente simili nelle fattezze, nella carnagione e nel biondo-rossastro dei capelli hanno portato la critica d’arte verso la sola direzione possibile: il suo modello per la vita è la sua amata Cecilia che, soprattutto dopo la sua morte, continuerà a vivere in eterno nelle sue tele.È il caso della Venere di Urbino, in cui si cela il volto pudico dell’amata, concedendo però allo spettatore il voyeurismo all’interno della stanza.

Il film dunque passa all’analisi dei lavori di quello che in quel momento è il più ricercato ritrattista del mondo (possedere un ritratto di Tiziano significa, a metà ‘500, avere circa mezzo milione di followers su Instagram) Questa fama da ormai pittore di stato gli fa accumulare lavori pluridecennali, ma al contempo sente il bisogno di far nuove esperienze e dunque vaga per le corti di Ferrara e Mantova fino ad arrivare alla corte dell’imperatore Carlo V.

Dal punto di vista stilistico la pittura di Tiziano sottolinea il valore dell’unicità del singolo gesto pittorico come suggerito da uno dei più accreditati artisti contemporanei, Jeff Koons.

Tiziano opera sulla superficie creata dai suoi collaboratori come nella pala d’altare di 7 metri per “Assunzione” per la Chiesa dei Frari a Venezia. È il suo exploit pubblico; la posizione teatrale invita i fedeli ad entrare e poter partecipare all’assunzione di Maria in cielo. L’espressività ed il dinamismo eccessivi folgorarono tanto i suoi contemporanei tanto Wagner, dopo la quale compose la sua unica commedia “i maestri cantori di Norimberga”.

Le variazioni di colore dettate dal tonalismo mischiato di colori saturi e colori puri, ne fanno il maestro dei maestri del colore, Tintoretto, Veronese ed i contemporanei Velazquez, Monet e Gaugin.

Cinema & TV
Elena Salvati

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