The Voice: la voce dell’America

L’intervista impossibile a Frank Sinatra, il principe dei Crooner

A Brodway tempio del musical da anni pensano di dedicargli un musical. Frank Sinatra pseudonimo di Francis Albert Sinatra, la prima grande celebrità nella storia della musica popolare americana nonché fra i più popolari artisti del ‘900. Centocinquanta milioni di dischi venduti, 3 premi Oscar, il primo nel 1946, il secondo nel 1954 e il terzo nel 1971. Due Golden Globe, 11 Grammy Award, il Kennedy Center Honors nel 1983. Nel 1985 ricevette dal presidente Ronald Reagan la Medaglia presidenziale della libertà e nel 1997 gli Stati Uniti lo onorarono con la Medaglia d’oro del Congresso, la più alta onorificenza assegnata dagli USA.

Oltre 2.200 brani portati al successo, 60 album, Frank Sinatra è stato uno dei cantanti con la maggiore produzione discografica nella storia della musica e la sua immagine fotografata in bianco e nero a grandezza naturale campeggia a Hollywood all’ingresso dei leggendari studi della Capitol Records insieme a quella di Nat King Cole, dove ha inciso tanti dischi di successo.

Sinatra viene considerato uno dei più grandi cantanti del XX secolo come testimonia l’editoriale dello scrittore e critico Marco Molendini: «Frank Sinatra è stato il cantante perfetto e la perfezione si svela ascoltando uno qualsiasi delle sue centinaia di dischi: nessuna voce, nessun cantante è riuscito a toccare una tale completezza nella musica popolare e a venderla con così piena consapevolezza, tenendosi, con rarissime eccezioni, lontano da compromessi artistici. Difficile trovare pecche nella carriera di The Voice: solo qualche sbavatura con pezzi tipo Winchester Cathedral, che non cancellano la sua unicità per stile, durata e qualità, neppure la sua vita animata, le sue amicizie compromettenti, i suoi atteggiamenti arroganti hanno insidiato il carisma e il folklore sulla sua vita ha preso spesso il sopravvento come dimostrano le infinite biografie scandalistiche. lui stesso ha dato sostanza a sospetti e leggende coi suoi comportamenti, con le sue frequentazioni, con l’arroganza verso i nemici e gli amici. Ha raccontato Shirley MacLaine, il giorno in cui mi disse: «Se qualcuno ti da’ fastidio, fammelo sapere e me ne occuperò io», mi sentii percorrere da una scossa elettrica. Il fatto è che Frank ha sempre subito il fascino inesorabile del malavitoso. Una seduzione irresistibile cominciata quando era ragazzino nelle strade di Hoboken e alimentata da una professione che lo ha portato a frequentare ambienti torbidi.

Spesso le autorità hanno indagato su di lui e i giornali ci hanno inzuppato il pane. É successo ai tempi dell’inchiesta sul Sands, la casa da gioco di Las Vegas, e quando i giornali parlarono dei suoi rapporti con Lucky Luciano, dell’amicizia con il nipote di Al Capone, Joseph Rocco Fischietti o col boss Sam Giamcana.

Del resto, con John Kennedy aveva tirato fuori dalla manica l’asso delle sue entrate mafiose, assicurandogli una buona fetta dell’elettorato italo americano nelle elezioni che lo avrebbero portato alla Casa Bianca. Eppure, tutto questo diventa folklore rispetto alla monumentalità  della sua storia musicale, come folklore è il sospetto che la sua fortuna abbia avuto decisi sostegni da parte dei boss. Che bisogno poteva mai avere tra “aiuti e raccomandazioni”,  uno con quella voce così  maestosa e prepotente? Un dono naturale, fantastico, ma Frank per costruirla ci si è dedicato con un lavoro intenso, caparbio, e col tempo è riuscito perfino a migliorarla in potenza e flessibilità. Lo swing che aveva al massimo dello splendore nelle incisioni per la Capitol nei secondi anni ’50, piano piano sono stati sostituiti da un predominio per i timbri scuri e per le sfumature, mentre veniva esaltata la dizione perfetta, la capacità  di drammatizzare i temi lenti come testimoniano capolavori come One for my baby e Angel eyes. Perfino negli ultimi anni, quando ormai dava prova evidente di mancanza di fiato, riusciva a trovare l’antico smalto se si cimentata nelle sue ballad più intense. Tutto in confezioni di lusso con gli arrangiamenti leggendari e irrinunciabili dei suoi celebri collaboratori da Nelson Riddle a Gordon Jenkins a Don CostaBilly MayQuincy Jones. Quando non c’è la fece più, prese fiato, convocò una pattuglia di pop e rockstar, gente come Aretha Franklin, Barbra StreisandStevie WonderLuciano PavarottiBono degli U2, per una serie di duetti che restano l’ultimo ruggito del leone.

L’ultima testimonianza della sua arte vocale segnata dal tempo, dall’usura, dalla vita intensa, e dai tanti Jack Daniel’s, ma illuminata da un’impronta di ineguagliabile classe.

Più dell’attore, dell’uomo di potere, dell’insopportabile prepotente, del voltagabbana (dal liberalismo democratico al conservatorismo repubblicano), alla prova del tempo, dunque, sopravvive indelebile l’interprete dei classici di Cole Porter e George Gershwin, di canzoni come I’ve got you under my skinNight and day o di pezzi dal successo planetario come Strangers in the nightMy way e New York, New York.

Con la voce è diventato uno degli uomini più famosi del secolo, ha fatto sognare generazioni di donne e uomini; è stato il primo idolo dei teenager all’inizio degli anni ‘40: le ragazze gridavano e svenivano nei teatri dove si esibiva, come avrebbero fatto venticinque anni dopo per i Beatles. All’inizio degli anni cinquanta, cadde e nessuno volle più saperne di lui, per poi risorgere, diventando più potente di prima, inventandosi anche una carriera da divo del cinema capace di vincere gli Oscar.

É stato uno sciupafemmine a cui è capitato anche di essere sciupato a sua volta come accadde brutalmente da Ava Gardner, per la quale aveva perso totalmente la testa fino a tentare per due volte il suicidio. Frankie era disperato anche nel momento in cui, dopo la caduta, la sua carriera si stava riprendendo. La Gardner voleva lasciarlo e decise di abortire e lui tentò il suicido aprendo il rubinetto del gas. L’Oscar per Da qui all’eternità, lo consolò, assieme a un lungo e prestigioso catalogo di conquiste. La prima fu Marilyn Monroe, anche lei fresca di divorzio da Joe Di Maggio. Si confessavano i reciproci dolori e Frank preoccupato dalle condizioni di lei, la invitò a stare a casa sua, ma senza seconde intenzioni! Solo che Marilyn aveva l’abitudine di girare nuda per casa e una mattina, Sinatra appena sveglio e coperto solo da un paio di boxer, la trovò in cucina indecisa su cosa bere. Finirono dentro il frigorifero. «I did what i had to do», avrebbe cantato in My way: “Ho fatto quello che dovevo fare“…

E proprio negli studi della Capitol Records nacque l’amicizia musicale  tra Sinatra e i Beatles;  infatti “old blue eyes” come molti  lo soprannominavano  per i suoi profondi occhi blu ha interpretato alcuni tra i brani più noti dei Fab Four tra i quali Something, Yesterday e altri e fu  proprio dietro suggerimento dello steso Sinatra che il compositore Bert Kaempfert, autore fra l’altro di Stranger in the night e The world we knew,  ebbe un ruolo fondamentale nell’avvio della carriera del gruppo di Liverpool!

Fra gli oltre 70 film interpretati da Sinatra, Da qui all’eternità di Fred Zinnemann nel 1952, nel 1955 Bulli e pupe di Joseph L. Mankiewicz e poi sempre nel 1955 L’uomo dal braccio d’oro di Otto Preminger, Orgoglio e passione di Stanley Kramer (1957). E ancora I quattro del Texas di Robert AldrichUn giorno a New York di Gene Kelly e Stanley Donan«Qualunque cosa si dica di me – disse in una delle sue ultime interviste – non ha importanza. Quando canto, credo di essere sincero… Il pubblico è come una donna: se sei indifferente, è la fine!»

L’ultima volta che ho intervistato brevemente Sinatra per la Rai è stato al Palazzo dello Sport di Roma in uno dei suoi ultimi concerti in Italia. E grazie alla mia amicizia con Bill Conti (3 Oscar in carriera), per anni anche direttore d’orchestra al Gala degli Academy Awards,  sono riuscito ad accedere nei grandi studi della Capitol Records, dove ho immaginato su consiglio dell’ amico Molendini, di realizzare con The Voice la mia intervista impossibile proprio nella sala grande dove Sinatra incideva i suoi dischi, durante una pausa caffè fra accordi e disaccordi degli orchestrali.

Di lei, la sua ex moglie Ava Gardneril grande amore della sua vitaha detto che a letto non avete mai avuto problemi ma che cominciavano subito appena fuori, gia sulla strada del bidet.

Molti mi suggerivano di lasciarla, ma quando sei innamorato come fai? Facile a parole!  Ava ti mangia e poi ti sputa. Secondo molti, sono stato un grande esperto di donne, ma in realtà ho avuto molto meno successo di quanto si possa pensare. Ho sempre adorato le donne, le ammiro profondamente, ma, come molti uomini, non riesco a capirle.”

A pochi è nota la sua passione per la cucina italiana, credo che lei abbia pubblicato anche un libro di ricette.  Quando veniva in Italia non mancava mai di andare a cena da Zefferino a Genova.

Si, per gustare le trenette al pesto, le linguine al pomodoro o i fusilli con aglio e acciughe.

Le sue abitudini sul bere sono diventate leggenda, ma è vero che faceva fuori una bottiglia di Jack Daniel’s al giorno?

Mi fa pena la gente che non beve. Quando ci si alza la mattina, quello è il momento del giorno in cui ci si sente meglio. Personalmente non mi sono mai considerato un percettivo. Se avessi fatto tutto quello che mi attribuiscono ora starei parlando da una provetta in un laboratorio di Haward.

Sulle vicende del suo rapporto con Ava Gardner i cronisti dell’epoca mentre lei divorziata ci andavano “a nozze”.

I giornalisti di Hollywood a quell’epoca vivevano anche di scandali e pettegolezzi, oggi le chiamano fake news. In ogni caso la migliore vendetta è lavorare e avere successo.

Che consigli darebbe oggi a un’artista?

Che devi amare la vita perché la morte prima o poi arriva per tutti.  É una grande scocciatura e il meglio come ho chiesto di scrivere sulla mia tomba “deve ancora venire”.

Cosa significa “fede” per Frank Sinatra

Non ignoro il bisogno di fede dell’uomo. Qualunque cosa mi permetta di passare bene la notte: che siano preghiere, tranquillanti o magari una bottiglia di Jack Daniel’s.

Peter Lawford, uno dei suoi amici più stretti insieme a Dean Martin e Sammy Davis Jr. disse ricordando la sua amicizia con il presidente Kennedy che amando come tutti i Kennedy le arti vivono. Lei Frank è la più viva delle arti.

Si è sempre sostenuto da certa stampa che la mafia voleva usarmi per poter ricattare i Kennedy.  Hanno perfino scritto senza mai provarlo che muovevo le comunità italo americane per votare Kennedy contro Nixon per le presidenziali.  Tutte chiacchiere che neanche l’FBI  è  mai riuscita confermare.

Chi faceva parte del così detto club o clan Sinatra?

Beh miei amici sono stati su tutti Dean Martin (Dino Crocetta), anche lui figlio di italiani come me e poi Peter Lawford, Sammy Davis j, Joe Bishop e anche unica donna del clan, l’insuperabile Shirley Mac Laine. Eravamo un gruppo di amici famosi e di talento ci chiamavano i Rat Pack dopo il successo del film Colpo grosso nel 1960.  Con loro abbiamo anche lottato contro la segregazione razziale negli alberghi e nei casinò del Nevada come fece poi a Los Angeles la mia amica Marilyn Monroe presentandosi tutte le sere in prima fila al Mocambo, il maggior club di lusso di Hollywood per vedere lo show di Ella Fitzgerald che non voleva scritturarla per il colore della sua pelle.

I bene informati dicono che lei è stata la fortuna della Capitol Records.

Scrissero anche che indicando a un amico la famosa torre della Capitol io abbia detto, «La vedi? Io li ho aiutati a costruirla», ma non era vero, la torre già c’era quando venni ingaggiato. Il vero artefice della fortuna è stato il grande Nat King Cole.

Si dice che il potente capo dell’FBI Edgar Hoover sospettasse nei suoi confronti relazioni pericolose con la mafia.

Finì tutto in una bolla di sapone. Fra le prove c’era solo una foto che mi ritraeva sorridente dopo un concerto a New York con Carlo Gambino, considerato allora il numero uno della mafia italoamericana e dimostrava solo che quella foto fu scattata alla fine dello spettacolo con la gente che veniva a salutarmi in camerino, come si fa con tutti gli artisti.

Donne, film, concerti, soldi e successo. I momenti più belli?

Tanti! Quelli dei periodi più  difficili, quelli indelebili,  i figli, le donne della mia vita, le mie canzoni, le orchestre, il primo Grammy Award nel 1965, il primo Oscar, gli show televisivi con mia figlia Nancy, con Ella Fiztgerald, con il grande compositore e cantante brasiliano Antonio Carlos Jobim  con “La ragazza di Ipanema”, la mia esibizione a Montecarlo nel 1971 alla presenza della principessa Grace Kelly, mia partner nel film “Alta società” e  infine il successo planetario di “Strangers in the night” nel 1966.

É vero che le è sempre piaciuta la voce di Mina?

Con Liza Minnelli, ascoltavamo le sue canzoni, la volevamo a Los Angeles, ma lei odiava l’aereo. So che ultimamente mi ha dedicato un album “L’Allieva. Sinatra song book”, dove canta le mie canzoni. Mina è senza ombra di dubbio una delle più grandi cantanti del mondo.

E così, mentre gli orchestrali, finita la pausa caffè, iniziavano ad accordare gli strumenti per la registrazione di turno, ci siamo lasciati con un saluto rapido, sfiorando appena la sua mano. Un gesto che porterò sempre nei miei ricordi, così com’era accaduto a Roma e come faceva con tutti: le dita chiuse, quasi a proteggersi, prima di scomparire dietro un enorme microfono. Io, intanto, percorsi a ritroso quel corridoio verso l’uscita, dove, sulla parete di destra, troneggia la sua fotografia accanto a quella di Nat King Cole.

 «Il colore blu dei suoi occhi – scrisse Vittorio Zucconi alla sua morte – era il colore blu dell’America old blue eyes, azzurro come l’epoca e il sogno nel quale tutto il mondo si è specchiato per 60 anni». Si narra che quando le palpebre di Frank Sinatra, si chiusero sui suoi occhi azzurri è come se fosse calato il sipario su uno sguardo che aveva illuminato in questo secolo il mito americano.