“The specials”, film coraggioso sull’autismo presentato in anteprima al Festival di Cannes e poi alla Festa del Cinema di Roma (nella sezione Alice), ha ottenuto già un grande successo vincendo il premio come miglior film al San Sebastian International Film.
Si tratta dell’ultimo lavoro dei due inseparabili registi e sceneggiatori francesi Olivier Nakache e Eric Toledano (Quasi amici, C’est la vie, prendila come viene). Nel cast un intenso e convincente Vincent Cassel, insieme a Reda Kateb, Héléne Vincent, Benjamin Lesieur, Lyna Khoudri.
La storia si ispira al vero lavoro dell’Associazione Le silence des justes, al suo fondatore Stéfane Benhamou, al direttore di un’altra associazione Le relais IDF , Daoud Tatou, e alla loro vicenda fatta di tenacia e amore.
È Vincent Cassel che presta il suo volto al caparbio e dolce protagonista della vicenda, disponibile ad occuparsi e preoccuparsi di giovani autistici gravi nelle periferie parigine, malati rifiutati da tutte le strutture o semplicemente ricoverati e sedati.
La pellicola è un viaggio in una realtà fatta di diritti negati, di possibilità non date e di famiglie disperate, alle prese con problemi quotidiani e con un futuro talmente incerto da fare paura. Il “dopo di noi” è un pensiero che diventa ossessione e che angoscia la mamma di uno dei giovani protagonisti proiettandoci in un mondo fatto di precarietà e di assenza di qualunque tipo di aiuto.
Un tema quindi molto complesso ma trattato con una leggerezza che non è mai superficialità e con un’ironia che cela l’ostinazione di tutti i protagonisti, uno stile ben preciso che in un’intervista Cassel definisce dramady.
Come conciliare gli infiniti problemi che sorgono minuto dopo minuto? Nel modo più semplice possibile: vivendo il momento, trovando una soluzione pur sapendo che durerà, appunto, fino al problema successivo e soprattutto mettendoci il cuore, l’empatia, quel sentimento che ci fa vedere l’altro.
Si tratta proprio di questo, di vedere l’altro, con le sue difficoltà e caratteristiche, con la malattia e tutti i suoi limiti. Qui parliamo di autismo ma potremmo parlare di disagio mentale, handicap o semplicemente di emarginazione.
Una sfida difficile per uno sceneggiatore, una sfida che può cadere nel melenso, nello scontato o nel facilmente lacrimevole.
Invece in questo caso la sfida è vinta, Vincent Cassel è perfetto nell’arginare il caos, nell’entrare in contatto con questi ragazzi senza mai stupirsi di nulla ed infine è bravo anche nella tenerezza che lascia trasparire dal suo volto, o nei pochi misurati gesti di affetto.
Reda Kateb è altrettanto calato nella parte, brusco ma accudente, diretto ed essenziale ma attento a dare un’opportunità a chi non ne ha mai avuta una. In questa periferia parigina si incontrano emarginati, immigrati, malati e famiglie, e miracolosamente tutto questo mondo sta in piedi, si regge e, anzi di più, comincia a girare, offrendo soluzioni, sghembe, certo, ma pur sempre delle soluzioni.
Ce ne accorgiamo nella dignità del dolore di una madre o negli occhi di quel bambino chiuso nel suo mondo, arrabbiato e violento, costretto a portare un casco per non procurarsi delle ferite durante i suoi attacchi, ecco, la camera da presa ci porta per mano nel cambiamento.
Si tratta di un cambiamento anche fisico. Si passa dal vedere tutto sfocato, senza un senso, un mondo angosciante ed estraneo, alla messa a fuoco, ai contorni che finalmente acquistano nitore e a cui si può dare un senso, un’empatia.
Il piccolo Valentin ha stabilito un contatto con il mondo esterno, la strada è ancora tutta in salita ma il casco si può togliere a mostrarci per la prima volta il vero volto di questo bambino.
Ecco anche noi adesso lo riconosciamo come essere umano, come persona, ed è un risultato che arriva direttamente allo stomaco e all’animo dello spettatore, dolcemente ma in modo deflagrante, mostrandoci il risultato di tanti affanni, soluzioni e inquietudini.