Una danza degli spettri in sette atti
Avidità, Accidia, Superbia, Gola, Lussuria, Ira, Invidia: sono i sette peccati capitali, The Seven Sins, spettri viziati dell’animo umano che da sempre ispirano l’indagine artistica di ogni genere.
Nella danza contemporanea è la Compagnia Gauthier del Theaterhouse di Stoccarda, guidata dal fondatore e ballerino canadese Eric Gauthier, a farne uno spettacolo di teatro danza in sette atti.
In scena nella programmazione della Fondazione Musica per Roma all’interno della diciassettesima edizione del Festival di danza contemporanea “Equilibrio”, The Seven Sins è un mosaico di sette coreografie di sette diversi coreografi internazionali che portano sul palco dell’Auditorium Parco della Musica, in 110 minuti, la propria personale lettura di una discesa all’inferno.
AVIDITÀ, di SIDI LARBI CHERKAOUI
Di origine belga-marocchina Sidi Larbi Cherkaoui, “il coreografo poliedrico”, apre le danze di The Seven Sins con “Corrupt” per rappresentare il peccato di avidità. Nove ballerini in abiti gessati e, nei corpi che si attorcigliano e si accumulano, l’espressione di una brama che si risolve nella catena del denaro. Avvolti da banconote che diventano sciarpe, guanti, copricapi e magliette, sono, alla fine, automi che spiegano al pubblico come il sistema della valuta sia un’invenzione dell’uomo a cui essi affidano il potere, oramai reso imprescindibile, di creare la realtà. Diventati un leviatano, un tutt’uno di voglie e materia, bruceranno al pavimento, com’è destino di ogni fibra di cellulosa.
ACCIDIA di ASZURE BARTON
Canadese di nascita, fondatrice della Aszure Barton & Artists – spazio di processo per la ricerca creativa, Aszure Barton per The Seven Sins coreografa il peccato di accidia. In “human undoing” ci sono due ballerini in scena e la loro lasciva negligenza. L’abulia dei movimenti trascinati, il ripiegamento sul proprio corpo, il rifiuto dell’azione aperta. Alla difficoltà di incontrarsi e di incontrare nell’altro la vita si oppone la solitudine del singolo danzatore. I passaggi di danza non sono sempre coordinati così da risultare in un doppio intento a ragione della differenza del gesto. La pigrizia dell’uno cerca di essere risolta nella spinta dell’altro, diverso per costituzione fisica e potenza del movimento, senza tuttavia riuscire. È l’uomo e la sua ombra. La vitalità e l’indolenza.
SUPERBIA di MARCOS MORAU
Orgoglio, distacco e fierezza: per portare in danza la superbia in The Seven Sins, lo spagnolo Marcos Morau, coreografo e fondatore della compagnia La Veronal, sceglie le donne, le abbiglia da Rosie the Riveter. Le cinque ballerine di “Hermana” sono la controparte perfetta del caricaturale macho latino. I movimenti accordati celebrano l’insorgere di una sorellanza femminista, nella condivisione dell’impegno a lottare. La lampada industriale che le illumina è il faretto operaio per la loro ribellione, l’orgoglio di una rivalsa. Più del lato peccaminoso, la coreografia di Morau sulla superbia ne fa risaltare il potenziale di riscatto. Sebbene forzata in passaggi volutamente meccanici e ripetitivi, la danza delle cinque donne è un inno all’autodeterminazione: we can do it.
GOLA di MARCO GOECKE
Coreografo dell’anno nel 2021, Marco Goecke, nato a Wuppertal, è, per The Seven Sins, il creatore di “Yesterday’s Scars”. Per il peccato di gola Goecke porta in scena la fisicità sottile di un Freddy Mercury della danza contemporanea. Il ballerino ha il torso nudo, le ossa della gabbia toracica in evidenza sono le sbarre di una gabbia per un’anima inappagata, il bacino avvolto in un gonnellino di catene.
I movimenti sono irrefrenabili, agitati, i piedi spingono verso l’alto, nel desiderio di alleggerirsi e volare, mentre il metallo degli anelli tintinna, ricordando il peso delle zavorre mentali. Quello di Goecke è il peccato di un corpo affamato per consunzione. Un lasciarsi morire per dimenticare.
LUSSURIA di HOFESH SHECHTER
Compositore e coreografo, l’israeliano Hofesh Shechter, fondatore e direttore artistico della Hofesh Shechter Company, è ormai noto a livello internazionale per le sue creazioni artistiche. Ipnotico e bianco, il suo “Luxury Guilt”, il peccato di lussuria rappresentato per The Seven Sins, è una danza collettiva dai toni rituali. I ballerini sono strumento sollecitato di un desiderio intenso e allucinato come le luci di una stroboscopica. Nella coreografia tutto pulsa affannato. È il battito sensuale e primitivo che porta alla libido, l’energia dell’istinto e dell’impulso sessuale. Il silenzio, alla fine, è quello che segue la morte di un totem. L’omicidio si è consumato, la fame collettiva è sedata.
IRA di SASHA WALTZ
Danzatrice, regista, coreografa, leader della compagnia di danza Sasha Waltz and Guests e direttrice artistica designata del Balletto di Stato di Berlino: la tedesca Sasha Waltz porta la sua “IRA” in The Seven Sins scegliendo il binomio uomo/donna. I due ballerini in scena sono nere figure in cerca di uno scontro. Si avvicinano per spingersi, nella ricerca rabbiosa di una reazione. Urlano e corrono, sbattendo ognuno contro la collera dell’altro. Le loro voci diventano una eco che rimbomba, riprodotte da casse di gommapiuma messe lì sul palco per rispondergli. Grida animali che, alla fine, si fanno motivo di una danza vorticosa, in cui ognuno è centro a sé stesso, roteando nella propria furia, con le casse appese al collo come piombo.
INVIDIA di SHARON EYAL
Nata a Gerusalemme, Sharon Eyal è stata danzatrice e direttore artistico associato per la Batsheva Dance Company di Tel Aviv. Dal 2009 coreografa pezzi di danza per numerose compagnie in tutto il mondo e con “Point” rappresenta il peccato di invidia per The Seven Sins. Quella di Sharon Eyal è l’invidia della perfezione del corpo e della bellezza del gesto, mostrata nelle vesti classiche del balletto. Le danzatrici in scena si guardano cercandosi difetti, attratte e respinte al contempo da sentimenti di stima e rivalità. Due di loro competono apertamente in una sorta di leziosa gara, mentre una terza ballerina le osserva, meno aggraziata e meno intraprendente delle altre. Tutte e tre sulle punte, in cerca di un posto per sentirsi all’altezza.