The Real Hamlet: l’autenticità della menzogna teatrale

Patrizio Cigliano porta in scena la versione del 1603 dell’Amleto, in una trasposizione alla costante ricerca di nuovi stimoli e intenta a recuperare l’immediatezza dell’opera originale.

All‘OFF/OFF Theatre va in scena uno spettacolo che tenta l’impresa ambiziosa di riesumare le origini dell’Amleto. Il titolo non a caso è The Real Hamlet ed evoca un confronto sottinteso con le altre rappresentazioni dell’immortale classico shakespeariano. È infatti l’adattamento di quella che sembra essere la prima vera versione dell’Amleto, il Primo Amleto del 1603, denominato anche il Primo Quarto, di cui la voce narrante ci racconta a inizio spettacolo a scoperta nel 1823.

The Real Hamlet

The Real Hamlet presenta una duplice natura: è fedele per spirito al teatro elisabettiano, un teatro popolare di emozioni e storie, ma ha un assetto registico e scenico moderno e vicino al teatro d’avanguardia. 

L’intento è quello di restituire una versione più scarna e immediata di quelle più diffuse del 1604 e del 1623, più breve e fondata su un linguaggio più semplice e diretto. Un’essenzialità che rinuncia all’ornamento per mostrare quel qualcosa di viscerale e interiore che non necessita di abbellimenti o intellettualismi. Eppure la semplicità della messa in scena e dei costumi, moderni a cui si sovrappongono elementi visivi che rimandano al medioevo, ci riporta al teatro d’avanguardia e dunque paradossalmente a una corrente estremamente colta e cerebrale. Due file di sedie sono disposte ai lati del palcoscenico e dopo essersi esibiti gli attori anziché uscire di scena vi si siedono e attendono il proprio momento. Alla fine di ogni scena si rimescolano al buio tra di loro: sono attori che entrano ed escono dal personaggio, che ne condividono passioni e turbamenti, ma senza rinunciare a esplicitare e rendere palese la finzione scenica. La modernità omaggia la classicità con i propri mezzi, rinunciando tuttavia a parte di quella  sacralità che il teatro shakespeariano tradizionale evoca magistralmente. 

 Una prima edizione  quella del 1603 mai proposta nei teatri italiani, che qui si avvale della potenza delle voci registrate di Leo Gullotta, narratore che scena dopo scena lancia nuovi spunti di riflessione e suggestioni che si intersecano con altre opere di Shakespeare, e Gigi Proietti, nel ruolo dello spettro tormentato. A tenere la scena Patrizio Cigliano, che oltre a interpretare Amleto si è dedicato al lavoro di traduzione e adattamento, assumendo su di sé la regia stessa. Da subito è evidente il desiderio di accentuare il potenziale comico, seppur nella cornice più drammatica e lacerante possibile, dell’opera di Shakespeare ed emerge una poetica del grottesco e del tragicomico. Esaltate le dinamiche tra la Regina Gertrude (Giulia Ricciardi), il Re Claudio (Nicolò Scarparo) e Polonio (Nicola Marcucci), dove la prima con intelligenza e femminilità manipola come un burattino il secondo, mediocre e ridicolo sovrano indegno del proprio nuovo titolo. Anche Polonio con belle parole e saggezza lo circuisce e di fatto insieme a Gertrude porta avanti il Regno, fatto di persone a loro volta manovrate e inclini a soddisfare in tutto e per tutto i sovrani. Un Polonio dalla verve comica eccellente che padroneggia molto bene la scena.

Altri momenti comici irriverenti provengono da Rosencrantz (Gigi Palla) e Guildenstern (Cristiano Arsì), dalla loro freschezza pungente e coinvolgente.

Patrizio Cigliano varca il palcoscenico con la sua malinconia e soffocata disperazione. La perdita di un senso lo attanaglia, la rabbia ribolle, finché il comando dello spettro trasforma questa desolazione in uno scopo e Amleto rinuncia a ogni suo affetto per la sete di giustizia. Struggente il suo dire e non dire a Ofelia, il suo fingere e poi subito dopo confidare cripticamente con sguardo innamorato e voce dolce, senza che lei possa davvero capire il senso di quel dualismo di modi. Al netto di un’interpretazione intensa, delicata e sofferta, Patrizio Cigliano sceglie di smorzare il famoso monologo “Essere non essere” declamandolo con freddezza e distacco, appoggiandosi alla finta lettura di un libro e rovesciando le pedine degli scacchi con una valenza metaforica potente. E come scacchi i personaggi precipitano atto dopo atto nel baratro della morte. Certo è che l’approccio intellettuale qui si sente, a dispetto delle stesse intenzioni autoriali che dichiarano di fuggire da intellettualismi ed evidenziare le emozioni.

Un teatro che si palesa teatro e urla la verità attraverso la menzogna. Un artificio sincero, che collega passato e presente, come se solo nella cornice dell’illusione si potesse attingere alle acque della verità.

Un flusso narrativo che ovviamente non rinuncia alla bellezza e potenza della parola shakespeariana, sempre eccelsa, ma ne accentua la dinamicità e la capacità di creare azione. Un incontro tra classicità e contemporaneità con trovate sceniche molto interessanti, dove tuttavia manca qualcosa dell’aura degli adattamenti più tradizionali e anche il pathos a volte viene meno, come nel caso della pazzia di Ofelia, momento in questa messa in scena non sufficientemente incisivo ed emotivamente coinvolgente.

The Real Hamlet

Patrizio Cigliano comunque porta avanti un lavoro significativo e affascinante, che si serve dell’apporto della tecnologia e della modernità, che rilegge i personaggi sotto nuove ottiche, connotato da una freschezza seducente. Commedia e tragedia si fondono inesorabilmente in questo involucro di sentimenti e turbamenti e si dimostra che la grandiosità del testo shakespeariano rimane sempre intatta, anche quando sfugge alla dilatazione delle versioni successive (il Primo Quarto ha una durata di due ore anziché quattro) e alla loro enfasi filosofica.

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The Real Hamlet – Traduzione, adattamento e regia di Patrizio Cigliano – Con Patrizio Cigliano, Giulia Ricciardi, Nicolò Scarparo, Nicola Marcucci, Sebastian Gimelli Morosini, Gigi Palla, Cristiano Arsì, Laura Marcucci, Luca Giacomini – Voice Off: Leo Gullotta (Shakespeare), Gigi Proietti (Lo Spettro) – Musiche originali:  Giacomo Del Colle Lauri Volpi – Scene: Ambramà – Costumi: Paola Tosto – Contributi video: Giuliano Emanuele – Aiuti regia Letizia Cerenzia, Oronzo Salvàti, Luca Baeli, Mattia Molica – Off Off Theatre dal 24 al 27 aprile 2025

Foto di copertina: Giulia Ricciardi e Patrizio Cigliano

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