“The Prom” di Ryan Murphy: la recensione

 di Miriam Bocchino

 

È disponibile dall’11 dicembre su Netflix la commedia musicale “The Prom” del regista Ryan Murphy.

Il lungometraggio è l’adattamento cinematografico del musical di Broadway ideato da Chad Beguelin, Bob Martin e Matthew Sklar e candidato ai Tony Award. Il film è prodotto da Ryan Murphy, Dori Berinstein, Bill Damaschke, Alexis Martin Woodall e Adam Anders.

The Prom ha per protagonisti una liceale (Jo Ellen Pellman) combattiva e innamorata, e un gruppo di attori sull’orlo del “collasso” (Meryl Streep, James Corden, Nicole Kidman e Andrew Ranells).

Dee Dee Allen (Meryl Streep) e Barry Glickaman (James Corden) hanno debuttato a Broadway con un nuovo spettacolo ma, a discapito delle tante aspettative, le recensioni della stampa non sono affatto positive: i media, piuttosto che l’opera, stroncano le personalità dei due interpreti, definiti narcisisti.

I due attori, quindi, insieme a Angie (Nicole Kidman) e Trent (Andrew Ranells), anch’essi artisti dalle sorti avverse, decidono che è necessario riabilitare la propria immagine diventando “celebrità attiviste” e cercando un’ingiustizia da risanare. Scoprono quindi su Twitter la storia dell’adolescente Emma Nolan: la liceale vorrebbe partecipare al ballo scolastico accompagnata dalla sua fidanzata ma a causa delle avversioni dei genitori sta vedendo il suo sogno sempre più sfumato.

L’intera storia è ambientata in una piccola città dell’Indiana, retrograda e annichilita nei suoi preconcetti: il capo dell’associazione genitori – insegnanti (Kerry Washington) ne rappresenta l’emblema perfetto. La donna, infatti, rifiuta in modo deciso la possibilità di far partecipare al ballo Emma con una donna, non rendendosi conto che la stessa figlia Alyssa (Ariana DeBose) ha un segreto non confessato. Solo il preside della scuola (Keegan-Michael Key), grande fan di Dee Dee, appoggia Emma, nonostante l’opposizione di chiunque altro.

The Prom racconta una storia adolescenziale ma, anche e soprattutto, di vita. Lo spettatore può osservare l’evoluzione dei personaggi, nello specifico dei quattro attori, che giunti in Indiana con l’intenzione di salvare la propria carriera scopriranno le fragilità che la fama e lo scintillio di Broadway offuscavano.

La fotografia di Matthew Libatique, colorata e abbagliante, veicola infatti una storia che ironizza anche sui valori del mondo dello spettacolo, spesso manifestazione del desiderio di fama.

Il lungometraggio è scandito da canti e balli ma la vicenda non corre il rischio di essere “emarginata”. La sceneggiatura (Bob Martin e Chad Beguelin), infatti, segue un ritmo ben preciso in cui la parte musicale è essa stessa sottotesto e narrazione.

Il film racconta, attraverso la figura di Emma, le difficoltà di un mondo che pur moderno non riesce a fuoriuscire dalle sue tradizioni e credenze.

Le storie dei quatto protagonisti di Broadway, al contrario, diventano l’occasione per osservare come l’apparenza spesso appanni la vista e non consenta lo svelamento della verità.

“La vita non è un ballo, è dura”: questo ripetono come un mantra i tanti personaggi della vicenda, invitando lo spettatore a ballare a discapito delle sofferenze e del dolore. Se non si può avere la vita che si desidera, infatti, si deve comunque provare a gioire, cercando di costruire la propria storia.

In The Prom, lentamente, lo sfavillio cede il posto alla realtà e l’illusione diviene verità.

Il lungometraggio racconta l’accettazione di sé stessi e degli altri e la possibilità di amare e amarsi per ciò che si è realmente.