“The large glass”, la sostanza che si fa incorporea al Maxxi

Una mostra per addentrarsi nelle particelle fisiche che compongono gli strati del visibile

Dal 13 dicembre 2024 al 25 ottobre 2026 la galleria 4 del Maxxi assume un’identità originale da cui si propaga un’avvolgente oscurità, che si insinua nella traiettoria da seguire per visitare il Museo. Delle luci soffuse propendono a rendere il percorso espositivo misterioso e attrattivo. Si tratta della nuova mostra allestita da Alessandro della Corte, The Large Glass, il quale ha realizzato la grande scritta al neon di colore azzurro che si riflette nei vetri delle porte, facendoci dubitare sulla concezione di realtà, immaginata o meno. Il materiale della Collezione è ambiguo e soltanto i più attenti potranno effettivamente assimilarne il valore. 

“Fire Tires”, Gal Weinstein, 2010

I protagonisti sono l’acqua, il vento, il fuoco e la terra. Si assiste ai processi naturali che convergono nel cambiamento da uno stato all’altro della materia. Mettendosi in moto nell’attraversare un paesaggio costituito da entità enigmatiche, che necessitano di essere indagate senza troppe spiegazioni. Ben presto si sente l’esigenza di dirigersi a capofitto verso le didascalie descrittive di quanto vediamo, per capirne i significati e la funzione che le ha portate a diventare opere d’arte. Ciò che è solido, liquido, fluido e gassoso prende forma dallo sguardo dei nostri occhi o sotto i nostri piedi. 

La natura, vista da fuori, è fatta di apparenza e automatismi privi di cause-effetto. Invece, dovremmo comprendere che l’azione degli esseri umani ha un peso nel deviare i meccanismi degli ecosistemi. Lo dimostrano abilmente delle altissime nuvole di fumo grigie in fibra sintetica, cera e polistirolo, “Fire tires”, costruite da Gal Weinstein, esse ci ricordano il petrolio trasformato in gomma dall’uomo. 

Per avere un rapporto sano con le alterità atmosferiche non si può prescindere dal sintonizzarsi su linee di pensiero bilanciate tra popolazioni culturalmente dissimili, eppure sappiamo di star invertendo anche gli equilibri di serena convivenza sociale. Per questo si viene sottoposti a un’illusione ottica nel presenziare davanti a delle sagome di due giovani schiave afroamericane che danzano con indosso una gonna voluminosa, l’ombra di ciascuno di noi rinnova il centro focale del punto di vista, ingigantendosi ricoprendo l’immagine firmata da Kara Walker, “For the Benefit of All the Races of Mankind”. Così si riflette sulla dinamica creativa che ci mette nei panni dell’oppressore costringendole a spaventarsi e fermarsi di colpo, infatti le ombre dei corpi raggiungono delle dimensioni enormi.

Qualche passo in avanti, il museo offre l’inusuale ma formativa possibilità di entrare a contatto con l’opera “Scultura di linfa” di Giuseppe Penone. Ci si deve togliere le scarpe per camminare su una lastra di marmo con dei scomodi solchi che affaticano la camminata per colpa delle venature ispide della superficie. Nel mezzo è presente un rivolo d’acqua che ha smussato i contorni, per farci notare come si stia andando in contro a fenomeni logoranti.

Per concludere in bellezza, in fondo alla sala è situato il mappamondo dell’Atelier Van Lieshout appeso sul soffitto, sembra vacillare. E se improvvisamente precipitasse e si frantumarsi in mille pezzi? La stessa cosa che succederà se continuiamo a non curarci del pianeta. Per ora rimane immobile in attesa che i visitatori lo scrutino da vicino, accorgendosi di quanto per cadere dall’orlo di un baratro basti veramente poco, ma l’arte vuole tenerci con i piedi piantati per terra. Soltanto nella sala finale si coglie la voglia di impegnarsi per raggiungere la consapevolezza di quello che accade intorno a noi.

“For the Benefit of All the Races of Mankind”, 2002, foto di Musacchio, Pasqualini & Fucilla

Gli strani oggetti di varie consistenze dialogano fra di loro parlando lingue diverse, ma trovando un legame in comune nell’architettura, nella fotografia e nel video. L’internazionalità degli artisti è fondamentale per cercare di emanciparci seguendo la filosofia del divenire, lo fanno Francis Alÿs, Atelier Van Lieshout, Massimo Bartolini, Alighiero Boetti, Domenico Gnoli, Wolf Kahlen, William Kentridge, Marisa Merz, Giuseppe Penone, Kara Walker, Gal Weinstein, AWP, DEMOGO, Stefano Cerio, Luigi Ghirri, Rachele Maistrello.

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The Large Glass a cura di Alex Da Corte – Maxxi – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo dal 13 dicembre 2024 al 25 ottobre 2026

Foto di copertina: ©Musacchio, Pasqualini e Lucilla – Collezione Maxxi

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