La ritroviamo nell’Enciclopedia Treccani ma è soprattutto tipica di un senso comune molto antico la definizione secondo cui è contronatura che i genitori sopravvivano ai figli. Come sappiamo la drammaturgia britannica, e in questo senso quella di più recente produzione non fa eccezione, risulta sovente orientata a enfatizzare le reazioni umane nelle situazioni più radicali. Tanto che una catastrofe naturale finisce addirittura per sovrapporsi a quella per eccellenza ‘contronatura’ della perdita di un figlio in “The Believers” portando all’esasperazione l’incontro casuale tra due famiglie: da una parte Joff (Giuseppe Tantillo) e Marianne (Valentina Carli), dall’altra Ollie (Gianluca Iumiento) e Maud (Maria Sand).
Cosa accade quando un incontro fatale irrompe nelle vite tutto sommato tranquille di persone più o meno comuni? Se ne evidenziano i vizi, le crepe, in una parola: la medietà. La raffinatezza di un lavoro drammaturgico come quello di Bryony Lavery non sta tanto quindi nell’aver ambientato “The Believers” in un contesto catastrofico o di aver scelto come protagonisti della vicenda persone ‘comuni’; ma di aver svelato agli occhi del pubblico quella strana commistione tra nuove credenze e antichissimi vizi che da sempre contraddistinguono l’essere umano.
Quello di “The Believers” è prima di tutto il dramma della crisi del senso che contraddistingue il nostro presente, in cui non sembra più possibile né lecito orientarsi verso un concetto, seppure astratto, di ‘natura’ o ‘normalità’. E in questo progressivo superamento del concetto di verità, in cui persino Dio che fino a qualche decennio fa abbiamo identificato – più o meno convintamente – con la Verità per eccellenza si è annidato definitivamente nel suo cantuccio. Al suo posto una coltre di ferventi fedeli new age hanno invaso dapprima il mondo anglosassone, giungendo poi anche nel vecchio continente.
Canti e preghiere non convenzionali animano – accanto allo scetticismo non soltanto del pubblico, ma anche della coppia Joff-Marianne – la regia di Gianluca Iumiento quasi a voler testimoniare come la cieca credenza nell’ultraterreno porti con sé nient’altro che forme residuali e incontrollate di violenza. Al centro della scena immaginata da Iumiento c’è però un’ingombrante struttura, decisamente fuori misura, che ospita al suo interno un musicista con tanto di percussioni e batteria: Paolo Leccisotto. Quasi a volerne fare un ingombrante deus ex machina quest’ultimo finisce piuttosto per risultare d’intralcio allo svolgersi delle azioni sul palco del Teatro Belli. La scena così sacrificata e illuminata a intermittenza da strisce led a vista finisce quindi per irretire il disegno registico, che non riesce a sfruttare a livello prossemico i temi e le controverse relazioni da cui è animato il testo, con il rischio non sempre scongiurato di condannare a una certa bidimensionalità l’interpretazione attoriale. Quest’ultima è incentrata, seppure con le dovute differenze, su una ricerca naturalistica nel suo complesso, in cui a spiccare è, in modo particolare, la performance di Valentina Carli.
THE BELIEVERS – TREND nuove frontiere della scena britannica – XXI edizione, Teatro Belli
regia Gianluca Iumiento
con Valentina Carli, Giuseppe Tantillo
Maria Sand, Gianluca Iumiento
e Paolo Leccisotto alle percussioni e batteria
scenografia Jessica Koba
tecnico luci e audio Valerio Bucci
aiuto regia Veronica Toscanelli
traduzione Margherita Mauro
Teatro del Loto – Teatri Molisani con PARA TEATER
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