Una fiaba grottesca, liturgicamente ricostruita tra buffonerie e sofferenze
Possono accadere cose inverosimili nel terreno della fiaba, può accadere che il buffo si fonda col grottesco in un miasma indistinguibile, o che un giorno un re si ritrovi una gallina nello stomaco, e che quest’ultima, per qualche bizzarra ragione, decida di non voler andar più via.
È fra le zolle dell’assurdo che si colloca Re Chicchinella di Emma Dante ospitato dal Teatro Argentina di Roma dal 28 ottobre al 9 novembre, nonché libero adattamento della fiaba Lo trattenimiento de peccerelle de Lo cunto de Li Cunti di Gianbattista Basile.
Andando a chiudere la trilogia iniziata con La scortecata e proseguita con Pupo di zucchero la regista siciliana recupera e declina ancora una volta la sgargianza della novella napoletana seicentesca, andando a costruire un organismo narrativo dove tutto volutamente collide, dove dalla collisione stessa sembra emergere la verità insopprimibile del racconto.
Il corpo crudo, il corpo divorante
Avvolto da un’oscurità densa, un gruppo serrato di figure antropomorfe dalla testa di gallina e dall’aria solenne, intona un leggero crocchiare, poi di colpo interrotta da un’eccentrica creatura balzante.
Non è altro che il re, Re Carlo III d’Angiò, re di Sicilia e di Napoli, principe di Giugliano, conte d’Orleans, visconte d’Avignon e di Forcalquier, principe di Portici Bellavista, re d’Albania, principe di Valenzia e re titolare di Costantinopoli. Non è altro che il sovrano, che in repentina metamorfosi emerge da quell’insolito involucro di stoffa per uscire allo scoperto.
Unicamente abbigliato da un’ampia gonna, tale da sembrare una crinolina, il re si lascia andare all’ininterrotto narrare delle sue sofferenze. Un male inenarrabile lo divora da dentro nutrendosi senza sosta delle sue viscere, un male vivo, in-estraibile, gallinomorfo.
È il dolore l’origine più profonda della sua indolenza, un’indolenza carnificata, vivente, scaturita dall’inesorabile osmosi con il parassita che ne è la causa e che invano, in innumerevoli modi, si è tentato di tirar via.
In quella che assume le sembianze di una danza grottesca, il re e i suoi servitori si dimenano ma il supplizio rimane, ben visibile nella pancia gonfia del sovrano, nel movimento convulso del suo torace, nella mimica deformata del suo volto. Così, emettendo un sonoro nun ce la faccio cchiù d’improvviso si spoglia, strappando via da se le vesti che lo costringono.
Calzamaglie, formosità, diademi e guardinfanti
La corte è in subbuglio, invasa da un tripudio di corpi che, abbandonatisi ad un dinamismo cangiante, saturano lo spazio di calzamaglie, formosità, diademi e guardinfanti.
Dapprima figuratasi come coreografia sregolata, la danza acquisisce in pochi istanti un ritmo sinergico e corale che trova il suo epicentro nel rito fastoso del banchetto: fra moine barocche e leziose risatine le damigelle divengono il simbolo più espressionistico dello sfarzo di corte, una magniloquenza che stride laddove affiancata all’irrequietezza del sovrano che, indolente, si aggira in quello stesso spazio.
finché nun muore a’ gallina, io nun magno! – risponde il re esasperato dalle ripetute sollecitazioni che, camuffate da premura, in realtà non ne sono che l’ombra vana. Tanto la regina, ossessionata dalla bellezzitudine, quanto la giovane figlia del re, per non citare l’intera corte del re Carlo III d’Angiò, non fanno che attendere in fibrillazione l’uovo d’oro che la gallina parassita deporrà, di lì a breve.
Il re per la gallina, la gallina per l’oro, nemmeno il più funesto fra i lutti potrebbe arrestare il climax della cupidigia, perché in fondo se non c’è altro all’infuori della ricchezza, tra re e gallina non v’è differenza.
Una liturgia scura, e il buio che torna ad amalgamare i corpi, una costruzione funebre, o forse un’aia: non v’è esito più calzante che la solitudine.
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Re Chicchinella libero adattamento da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile – scritto e diretto da Emma Dante, con Angelica Bifano, Viola Carinci, Davide Celona, Roberto Galbo, Enrico Lodovisi, Yannick Lomboto, Carmine Maringola, Davide Mazzella, Simone Mazzella, Annamaria Palomba, Samuel Salamone, Stephanie Taillandier, Marta Zollet – Elementi scenici e costumi di Emma Dante – luci: Cristian Zucaro – assistente ai costumi: Sabrina Vicari – coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Célestins Théâtre de Lyon, Châteauvallon-Liberté Scène Nationale, Cité du Théâtre – Domaine d’O – Montpellier / Printemps des Comédiens – Teatro Argentina 28 ottobre – 9 novembre 2025
foto di ©Masiar Pasquali





