Un’opera tragicomica che esplora il conflitto tra individualità e collettività, lasciando il pubblico sospeso tra ironia e inquietudine
Al Teatro Spazio Diamante di Roma, fino a domenica 26 gennaio, si potrà assistere alla pièce L’Estinzione della razza umana, scritto e diretto da Emanuele Aldrovandi, che vede sul palco la vibrante e forte presenza scenica di Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia e Riccardo Vicardi. Un’opera brillante e originale che mescola ironia, grottesco e profondità per raccontare una storia incredibilmente umana.
Selezionato da Eurodram 2022 e presentato in anteprima su Rai Radio 3 all’interno di PRESENTE/FUTURO Nuove scritture per la scena italiana, il testo ha debuttato nel 2022 al Teatro Gobetti di Torino. Da allora, dopo quasi una settantina repliche in giro per l’Italia, continua a conquistare il pubblico grazie alla sua capacità di trasformare il surreale in uno specchio delle contraddizioni del nostro tempo.
La premessa narrativa, introdotta dalla voce fuori campo di Elio De Capitani, è a dir poco bizzarra: una pandemia causata da un virus che trasforma gli esseri umani in tacchini. Le due coppie protagoniste, costrette a rifugiarsi nell’androne di un palazzo, affrontano un’escalation di paure, domande e scontri. Tuttavia, lo spettacolo non è una semplice metafora del COVID, né si limita a rievocare il lockdown. Pur richiamando dettagli a noi familiari – decreti, regole infrante, il canto sui balconi – il testo si spinge oltre, toccando temi universali e attualissimi come l’inquinamento, la maternità con i dilemmi legati alla procreazione, i gruppi di acquisto eco-sostenibili, il marketing, gli acquisti compulsivi dovuti alla segregazione in casa e lo sfruttamento ambientale da parte delle grandi aziende petrolifere.
La grande forza di Aldrovandi sta nel mantenere un equilibrio sottile tra realtà e surrealismo senza cadere nel grottesco. La scenografia stessa richiama visivamente l’idea di una gabbia, metafora potente dell’isolamento fisico e mentale, che amplifica i conflitti interiori ed esteriori dei protagonisti. In questo contesto, i personaggi, grazie alla bravura recitativa di tutta la compagnia, non risultano assolutamente stereotipati, ma incarnano posizioni valide e contraddittorie; la forza recitativa trasmette un credo reale nei dialoghi scritti da Aldovrandi, tanto da costringere lo spettatore ad avere dubbi se schierarsi con l’uno o con l’altro, a riflettere piuttosto che giudicare.
Tra loro spicca Andrea, il cinico colui che si impone sin dall’inizio come il fulcro della tensione drammatica. Con la sua logica implacabile e il suo atteggiamento provocatorio, sfida apertamente le regole, affermando il primato dell’individualità sulla collettività. La sua argomentazione risulta tanto persuasiva quanto destabilizzante, portando Marco – inizialmente il baluardo dell’ordine e dell’obbedienza – sull’orlo della resa.
L’equilibrio cambia radicalmente con l’entrata in scena del Medico, figura che introduce un’autorità nuova e irremovibile. Non è solo un personaggio, ma la manifestazione del potere istituzionale e scientifico, che contrasta l’individualismo di Andrea con la forza delle regole collettive. Andrea e il Medico si configurano come due figure forti e antitetiche, incarnazioni di due visioni del mondo inconciliabili. Marco, intrappolato tra queste forze opposte, subisce una trasformazione drammatica, diventando il simbolo della frustrazione umana: incapace di mediare tra individualità e collettività, si ritrova costretto a un gesto estremo.
L’atto violento con cui Marco zittisce Andrea rappresenta una resa emotiva totale. È un’esplosione di rabbia e disperazione che elimina la voce dissenziente, ma al prezzo di un conflitto irrisolvibile. Marco diventa, in quel momento, vittima e carnefice, costringendo il pubblico a interrogarsi sul confine tra sopravvivenza e sopraffazione.
La regia di Aldrovandi mantiene un ritmo incalzante, grazie a dialoghi affilati che alternano momenti di comicità irresistibile a sprazzi di inquietudine profonda. Se nelle prime rappresentazioni del 2022 lo spettacolo suscitava perplessità per la vicinanza temporale al periodo pandemico, oggi è accolto come una commedia raffinata. Le risate genuine del pubblico, persino nei momenti più tesi, diventano un elemento liberatorio. Questo è merito anche degli straordinari attori in scena, che interpretano i loro ruoli con intensità e credibilità, trasmettendo la gamma emotiva complessa richiesta dalla pièce.
L’Estinzione della razza umana non si limita a rappresentare, ma invita a interrogarsi. Aldrovandi riesce a mettere in scena la fragilità e la forza dell’essere umano, esplorando con intelligenza le tensioni tra individualità e collettività, tra paura e speranza. Ogni spettatore può ritrovare in scena frammenti delle proprie esperienze recenti, dalle ansie ai conflitti, alle ribellioni vissute durante la pandemia. Lo spettacolo, nella sua tragicomicità, è una riflessione catartica sul nostro presente, capace di coinvolgere e divertire, lasciando al pubblico la libertà di scegliere come interpretare ciò che ha visto.
Un’esperienza teatrale assolutamente consigliata, che conferma il talento di Aldrovandi come autore e regista. Ciò che il pubblico si porterà a casa, a sipario chiuso, sarà il tentativo che Aldovrandi fa – riuscendoci ampiamente – di suggerire l’ascolto degli altri per abbassare i livelli di competitività, l’empatia, tutti elementi che aiutano a creare un clima più collaborativo, riducendo il bisogno di competere.
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L’estinzione della razza umana – regia e testo Emanuele Aldrovandi – con Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia, Riccardo Vicardi – con la partecipazione vocale di Elio De Capitani – scene Francesco Fassone – luci Luca Serafini – costumi Costanza Maramotti – aiuto regia Giorgio Franchi – produzione Associazione Teatrale Autori Vivi, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale in collaborazione con La Corte Ospitale, Centro di Residenza Emilia-Romagna – Teatro Spazio Diamante dal 23 al 26 gennaio 2025
Foto di ©Grazia Menna